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di costruirsi una bella stanza con l’aria condizio-
               nata e tutte le comodità vicino al Calvario!”.
                  Quanto sento vera per me questa profonda
               riflessione! Parliamo, sì, del Calvario e di Gesù,
               ma nel frattempo ci costruiamo una bella stanza
               piena di cose che ci rendono la vita comoda.
               Guardo la mia vita e vedo quante belle comodi-
               tà possiede, studio ben riscaldato, caffè a metà
               mattina, pranzo e cena assicurati e buoni, doccia
               con acqua calda e acqua fredda...
                  Questi viaggi di solidarietà mi fanno aprire
               la porta e uscire fuori. E fuori ti accorgi che
               la gente vive il Calvario. Dormirò in un campo
               profughi con le famiglie di cui abbiamo adotta-
               to a distanza i bambini, mangerò il loro cibo e
               probabilmente prenderò la dissenteria come la
               scorsa volta. Sentirò parlare di Daesh, entrerò a
               Mosul e vedrò in faccia la guerra. Entrerò a Qa-
               raqosh e vedrò i disastri, le lacrime e la povertà
               dei cristiani.
                  Che fai don Gigi? Perché? Perché il cristiano
               non può vivere in una comoda stanza con tutte
               le comodità vicino al Calvario, ma deve aprire la
               porta della stanza che con tante fatiche si è co-
               struito e capire quanto è ridicolo. Loro, i cristiani
               dell’Iraq, saranno i miei maestri. Io spero ogni


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