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volta di tornare migliore, ma ogni volta torno
               e mi sento peggiore, vedo quanto, ma quanto
               lavoro devo compiere per ritornare al vangelo.
               Sì in questi viaggi il vangelo mi accompagna, mi
               fa da cuscino quando dormo nei container dei
               profughi, oppure lo medito seduto nella pol-
               trona dell’aereo... È un viaggio duro, difficile e
               pericoloso, ma proprio per questo credo che
               potrà purificare la mia vita. Trovare un piccolo
               bambino che ha visto in faccia gli orrori della
               guerra, un bimbo che vive una sindrome post
               traumatica da stress, raccontare la sua vita, come
               quella del piccolo Santiago, è uno stimolo forte
               a scrivere e a capire la vita. “Se non diventerete
               come bambini non entrerete nel regno dei cieli”.
               Da quelle parti i bambini soffrono molto. Vorrei
               capire dai loro occhi la strada per il paradiso. E
               poi c’è lei: la paura che in questo viaggio sento
               e avverto, che non nascondo e che vorrei tra-
               sformare in una provocazione.
                  Il Signore, la Madonna e la Santina mi aiu-
               tino. Sono le 18.15. Ci dicono di allacciare le
               cinture. Atterriamo a Istanbul. Questa sera un
               altro volo mi porterà ad Ankara e poi nella notte
               a Erbil dove atterrerò all’una e quarantacinque.
                  Seminare speranza per raccogliere futuro!


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