Interventi

COLOMBIA REFETTORIO PER BAMBINI DI STRADA A BOGOTA’


Colombia. In questa pagina web viene riportato il progetto per la realizzazione di un refettorio per bambini di strada ad Esmeralda, un quartiere periferico di Bogotá

 

CRONACA DELLA INAUGURAZIONE DEL REFETTORIO AD ESMERALDA, UN QUARTIERE POVERO DI BOGOTA’
Questa mattina mi sono svegliato alle 6 senza voce: mai capitato in tutti questi anni ed alla messa delle 7 in cui vi erano 60 persone ( che diversità dall’Italia) la gente si meravigliava… finita la messa uno stuolo di simpatiche “pie donne” in sacrestia hanno tenuto un consulto medico sulla mia tosse e la cura è stata la seguente: gargarismi con acqua calda, sale e limone orribile! E poi miele caldo con limone da bere lentamente. Mi sono sottoposto con grande allegria a questa medicina alternativa attendendo le tre pastiglie dalla farmacia che padre Giorgio era andato a prendere. Meno male che per scrivere non si deve parlare, ed ora iniziamo! Nel Barrio di Bogotà chiamato Esmeralda ieri abbiamo inaugurato il refettorio per bambini di strada. In diversi paesi dell’America Latina le periferie delle città sono caratterizzate da zone dove vivono gli “invasori”. Gente povera e spesso senza molti scrupoli che cerca dalle campagne un lavoro in città e quando lo trova si “insedia”, diciamo meglio invade il terreno pubblico e ci costruiscono baracche dove abitano. In Perù, ad esempio, conosco molto bene Villa San Roman, un quartiere povero dove vive Olinda alla periferia di Juliaca sulle Ande, dove la maggioranza della popolazione vive li illegalmente.

 

Da questo fatto di illegalità ne proviene che questi quartieri poveri non hanno sistemi fognari, elettricità, strade asfaltate e l’igiene  è pessima. Esmeralda è il nome di questa realtà povera che è costituita da invasori. La chiesa cattolica cerca di essere presente con un diacono ed un sacerdote, che abita in una parrocchia non distante, per celebrare i sacramenti e la catechesi. Con questo pensiero la diocesi ha comperato un piccolo pezzo di terreno per una presenza “concreta” più tangibile. Su quel pezzo di terra in mezzo alla miseria si è costruito un piccolo edificio di due piani. Al piano superiore si è costruita la cappella per la messa domenicale ed i gruppi di catechesi, mentre al piano inferiore è stato chiesto a noi di realizzare un refettorio per i ragazzi.

La situazione dei ragazzi in questi quartieri spesso è tragica perché mancano di tutto e soprattutto di una alimentazione basica. Per le strade di Esmeralda i piccolini giocano in mezzo a pericolosi, sporchi, ammalati cani randagi, e a mezzogiorno non hanno nulla da mangiare. La Caritas di Bogotà ha così iniziato a servire dei pasti caldi, ma occorreva un luogo in cui riscaldare il cibo e servire i pasti caldi. E così lo scorso anno a maggio 2023 la nostra Fondazione ha accolto con entusiasmo la richiesta scritta del Cardinale di Bogotà ed ha finanziato i lavori! Ne è risultato un bellissimo refettorio pieno di bambini e di mamme; oltre ad essere un refettorio diviene così anche luogo di socializzazione.

Ed ecco il racconto di ieri.

La cerimonia è fissata per le 14,30 orario in cui i bambini terminano la scuola. Padre Jorge guida la macchina con noi anche Adriana, la sorella di don Giorgio. Lasciamo la metropoli di circa  due milioni di abitanti e iniziamo a salire. Bogotà è alta 2600 metri ed il verde comincia a farsi vedere, prima in maniera modesta poi sempre più prepotente ed il suo incanto ti prende il cuore. Zone completamente verdi di prati ed alberi si alternano a speroni di roccia grigia bellissima. La strada da asfaltata diventa sterrata e la baraccopoli appare ai nostri occhi: sono tutte abitazioni in lamiera, qualche edificio in mattoni riscattato alla legalità. Il fuoristrada di Jorge si inerpica per le viuzze e piano piano giungiamo ad uno spiazzo che ben conosco. Vi è gente del luogo, alcuni sacerdoti tra i quali il rappresentante del Cardinale che incontreremo lunedì… vi sono i catechisti ed il diacono e con molta sorpresa anche una rete televisiva conosciuta a livello nazionale. Appena giunto la giornalista mi pone alcune domande sulla nostra Fondazione e sull’ opera che abbiamo costruito. Poi mi salutano i catechisti, i preti ed i ragazzi.

Per l’occasione è stato approntato un programma che prevede la benedizione dei locali ed alcuni discorsi. In questi viaggi mi sembra di  essere ormai preparato a queste inaugurazioni: solo in questo anno infatti abbiamo inaugurato una grande infermeria in un pessimo carcere messicano ed un grande impianto di irrigazione in Kenya… ma invece sembra sempre la prima volta: come il 3 maggio 2014 a Salvador de Baja dove inaugurammo una cucina. Dopo dieci anni, come dicevo in un precedente report, siamo passati dalla cucina… al refettorio: abbiamo cucinato molto, penso con soddisfazione! Padre Giorgio mi sta vicino e mi indica le diverse parti della cerimonia religiosa della benedizione e di quella laica dei diversi discorsi.

Mi emoziono e nel cuore formulo una preghiera di ringraziamento a Dio: “Signore, in questi anni mi concedi una singolare fortuna di girare per il mondo incontrando i posti peggiori dove la Fondazione realizza opere di speranza, ti chiedo Gesù di aiutarmi a leggere bene tutte queste situazioni, di meditarle nel mio cuore e se è secondo la tua volontà che possiamo ancora continuare a fare del bene nel mondo della miseria ed aiutami a trasformare per me e per tutti quella miseria in luoghi di calvario dove la tua presenza è più forte ed appassionata di quella  in splendide e vuote case piene di ricchezza e vuote di Dio. Papa Francesco ci dice che i poveri sono la carne di Gesù: oggi dunque sono qui con te!” una grande gioia mi prende il cuore”. Entro nel “nostro refettorio”: è bellissimo mura fresche di pittura, grandi tavoli in metallo con panche sulle quali sono seduti i bambini ed i loro genitori, e poi il luogo della cucina, dei bagni e nascosta da un grande panno bianco immagino ci sia la nostra targa da scoprire… la bella sala da pranzo si accende di sorrisi e di ieri pomeriggio sono tre i momenti di cui vi voglio raccontare: la benedizione, lo scoprimento della lapide ed infine il taglio del nastro. Normalmente non faccio io questi tre gesti, ma don Giorgio è categorico e non posso disobbedire. Ha inizio la preghiera: i ragazzi ed i catechisti con il diacono leggono i brani della liturgia della parola e dopo una mia breve preghiera benedico con l’acqua santa il locale. Mentre faccio questo gesto di “consacrazione” a Dio di questi ambienti mi venite in mente tutti voi ed i vostri sforzi per giungere alla cifra da inviare. Qualcuno di voi ha rinunciato ad un bel vestito che si voleva comperare… da Vigolo il nostro Faustino ci ha regalato una mensilità della sua magra pensione,

Lucia ha avuto un aumento di stipendio e ci ha dato una generosa offerta per festeggiare! Vi è tra di noi chi ha rinunciato ad una cena, ad una breve vacanza per il ponte a Natale, ad una importante partita dell’ Atalanta, poi vi sono i ragazzi del catechismo di una parrocchia di Bergamo, chi ci ha regalato una piccola vincita all’ enalotto…  Non so se la mia commozione è più grande nel pensare ai poveri che verranno sfamati in questo locale o alla vostra splendida generosità Amici di Santina fatta di sacrifici e rinuncia. Mentre passo tra i tavoli del refettorio penso a tutti voi e mi sembra così di benedire il vostro sacrificio e le vostre rinunce. Ora vi faccio una promessa: per caso ti sei identificato, identificata in una delle situazioni che ho descritto prima: hai dato alla nostra Fondazione qualche cosa che costa fatica e rinuncia? Bene allora sappi che mentre stai leggendo queste righe, se ti fermi un momento,  ti accorgerai che Dio ti ha ricompensato sai come Lucia? Se hai avuto la sospirata promozione sul lavoro è perché Dio sapeva già cosa ne avresti fatto di quel guadagno più grande! Oppure se in questi giorni hai avuto qualcosa di piacevole… non staccare quella bella notizia dalla tua generosa offerta ma, come spesso amava dire Steve Jobs unisci i puntini! Grazie dunque e grazie a tutti voi: io ci provo in tutti i modi a rendervi presenti con video, questo report, videochiamate, ma quando si giunge qui tutto è infinitamente più bello e sempre ti sorpassa…


Si conclude così il momento sacro di preghiera e benedizione ed inizia una cerimonia laica. Padre Jorge mi dice che devo scoprire la lapide. Mi avvicino al lenzuolo bianco e lentamente lo scopro ed appare una bellissima targa in pietra, una pietra dalle bellissime sfumature e colori. La prima parola che mi colpisce è il nome di mia mamma Santina come appare nel nostro logo. È una firma tremula di una donna mangiata dalla sofferenza ma che sta firmando tanti capolavori nei più disparati luoghi del mondo e poi… mi appaiono i nomi di Josefina ed Humberto la mamma ed il papà di Blanca. Erano due persone semplici che lavoravano nei campi e la figlia Blanca è una donna che lavora duramente ed in silenzio. Vedo premiati in questa targa tanti emigranti che dall’ America Latina giungono in Italia per lavori che noi non vogliamo più svolgere o che disdegnamo.

Non posso dimenticare qui Olinda e il lungo servizio di sette anni in casa mia: dopo di lei è giunta Blanca e sono fiero ed orgoglioso di aver avuto in casa Olinda ed oggi Blanca! Padre Giorgio con visibile emozione ci legge la lettera di Blanca che per voi avevo tradotto l’ altro giorno in aereo. La televisione colombiana riprende tutto ed alla fine della lettura vi è un grande applauso! Il tempo passa, ma nessuno di noi sembra rendersi conto. È arrivato il momento di tagliare il nastro dell’ingresso e rendere così ufficialmente in attività il nostro meraviglioso refettorio.

Cerco tra i ragazzi non voglio tagliare solo il nastro. Un ragazzetto magro viene verso di me. E se durante la benedizione dei locali avevo pensato a tutti voi che state leggendo e mentre scoprivo la bella lapide pensavo a Santina, Josefina, Humberto, Olinda e Blanca ora tutta la mia attenzione è per loro quei bambini, ragazzetti che riceveranno sui quei tavoli di metallo un buon pasto giornaliero. Forse questa è la parte che mi commuove di più: la convinzione che grazie a Santina ed al suo dolore e grazie a tutti voi oggi questi piccoli possono vivere una vita più degna!

Un cane ferito e sporco fuori passa davanti alla porta e passa oltre. Avviene in alcuni istanti e il mio cuore ritorna sulle Ande del Perù dove un branco di schifosi cani aveva aggredito a morte un piccolo della scuola materna! Guardo ai bambini presenti e sorrido con loro: da oggi Esmeralda avrà un piccolo luogo sicuro in più dove i piccoli potranno al riparo mangiare cibo che i cani randagi non potranno loro togliere. Lentamente con il ragazzo taglio il nastro  e poi lo abbraccio forte ed a lungo, nei miei occhi l’ incanto di quella piccola scena  di paradiso in un luogo di miseria come quello. La brava giornalista commenta la scena alla televisione e con lei ci lasciamo con l’ impegno che mi farà avere la puntata della trasmissione a noi dedicata… La festa si conclude con una merenda offerta a tutti e noi sei sacerdoti fraternamente ci mangiamo un ottimo panino e una buona aranciata!

 

GLI INIZI DEL PROGETTO NEL 2023
In occasione del viaggio di solidarietà in Colombia dello scorso anno avevamo inaugurato il 3 maggio 2023 un dormitorio per ragazzi drogati. Per il prossimo 3 maggio 2024 saremo nuovamente in Colombia per inaugurare un refettorio per bambini in un quartiere povero di Bogotá chiamato Esmeralda. Ecco la lettera con la quale l’Arcivescovo ha chiesto il nostro aiuto e dalla quale si muove il progetto.

Nella lettera del Cardinale, in data 9 maggio 2023, ci viene richiesto un aiuto per Euro 5.000 per aiutare l’Istituzione educativa Santa Rita da Cascia nel terminare i lavori e quindi iniziare la sua opera. Allegata alla lettera del Porporato vi sono i progetti della casa ed anche le finalità educative di tale istituzione, qui di seguito riportiamo i documenti

Ecco il progetto della costruzione per la quale è stato chiesto il nostro aiuto e qui di seguito le finalità educative del nuovo centro

In data 11 aprile  2024, il nostro Tesoriere Luigi Pacini provvede a bonificare l’importo di euro 5.000 ed i lavori possono continuare, come abbiamo detto il refettorio sarà inaugurato in data 3 maggio 2024.


L’Arcivescovado di Bogotà ci invia una lettera di conferma di quanto da noi elargito attraverso l’invio a Fundacion Domus Colombia che di seguito riportiamo

Ed ecco la lettera di Domus Colombia


Riportiamo qui di seguito, per collocare l’opera che si sta compiendo fotografie e video che ci inviano da Bogotá, partendo dal video da noi realizzato lo scorso anno

LA VITA DEI POVERI CHE ABITANO LA STRADA IN COLOMBIA
Domenica sera – negli ultimi giorni della mia permanenza in Colombia – volo con padre Jorge a Cartagena; il volo dura circa un’ora e 15 minuti. Atterriamo e Javier, un amico di padre Jorge, ci viene a prendere con l’anziana madre, Sara. Il programma è fittissimo: oltre all’incontro con il Vescovo, sono previsti incontri con gli “abitanti di strada”, come ho fatto a Bogotá, la visita alla periferia dove la gente vive dividendo la spazzatura; l’incontro con una grande realtà scolastica per ragazzi in estrema povertà, una casa per anziani e una struttura per la prevenzione del fenomeno della tratta e della prostituzione, rivolta soprattutto alle ragazze. Non c’è un millesimo di secondo libero in questo programma meraviglioso! La stanchezza inizia a farsi sentire, ma la forza di questi incontri anima le giornate e alla fine si conferma sempre che a conclusione della giornata è meglio essere stanchi che depressi! Arrivati al nostro alloggio sprofondo in un profondo sonno ristoratore. Le giornate di Cartagena sono bellissime e anche con alcune tinte di folclore, come dei Raperos che si improvvisano Los amigos de Santina. Ma qui a Cartagena voglio parlarvi di un incontro speciale, ed è quello con gli abitanti di strada.


LA TARGA DELLA NOSTRA FONDAZIONE SANTINA E’ GIA’ PRONTA PER L’INAUGURAZIONE DEL 3 MAGGIO 2024
Arrivo al centro che accoglie questi derelitti verso le 11.00: il centro offre loro una doccia e un pasto caldo. Mi salutano festanti e inizia così con loro una piacevole chiacchierata – argomento, Zapata, il calciatore colombiano che gioca nell’Atalanta, i tatuaggi di cui hanno cosparso il corpo e nel tentativo di arrivare al loro cuore che nasconde gradi storie di dolore.

ECCO COME SI MOSTRA IL REFETTORIO PRIMA DEI LAVORI
Sono tutti uomini e sono tutti giovani, vivono in strada: buttati nelle strade, sfracellati dal macinio di una vita insopportabile e straziante. Ognuno racchiude nel cuore una storia di dolore che lo investe con la forza di un ciclone e che lo “sbanda” e la povertà fa il resto! E così, intanto inizi a fumare piccole pipe di marijuana, poi passi a sniffare coca e così il cervello ti va in fumo. Mi accolgono sorpresi mentre passo tra i tavoli dove sono seduti in attesa del pranzo. Li saluto uno per uno, guardandoli negli occhi e mi accorgo che molti di loro hanno tatuaggi. Un ragazzo con una canottiera gialla – fanno 40 gradi di caldo tropicale – mi si avvicina zoppicando, vedo che l’occhio destro è perso: è cieco da un occhio. “Ciao, don Gigi, mi chiamo Gregorio, sento che vieni dall’Italia?”. “Ciao, Gregorio, sì, vengo da Bergamo, dove c’è una squadra di calcio che si chiama Atalanta e in quella squadra gioca Zapata”.

FERVONO I LAVORI, VEDETE LA DIFFERENZA?
So che i colombiani sono pazzi per il calcio e mi rendo conto di aver colpito nel segno perché Gregorio ne sa più di me sui giocatori colombiani della squadra della mia città! Il suo occhio si accende di sorriso e luce; anche se vivono in strada, il pallone è sempre nel cuore dei colombiani. “Gigi, lo so: Duván Zapata gioca nella squadra della tua città. E la storia d’amore fra la Colombia e l’Atalanta è davvero fresca, almeno in termini di prestazioni positive ed esaltanti, come dimostrano la quasi coppia del goal formata dal rapido e scattante Luis Muriel, e la punta di peso che risponde al nome di Duván Zapata. Per me – dice il ragazzo – sono loro due i fenomeni che hanno trascinato, oltre al resto della squadra, i bergamaschi fino a un passo dalle semifinali di Champions, quando a un minuto dal termine dei tempi regolamentari conducevano per 1-0 contro i futuri vicecampioni del PSG (Paris Saint-Germain). Ti ricordi, vero, negli scorsi anni questa incredibile prestazione?”.


Rispondo con un grande sorriso, prendo il telefonino e mostro a Gregorio un video su YouTube dove con la maglia dell’Atalanta mi alleno vicino a Zapata! Naturalmente è un fotomontaggio, ma tutti i miei disperati fanno ressa per vedere il mio allenamento. I ragazzi scoppiano a ridere quando poi ascoltano la canzone di Roby Facchinetti “Dea magica Dea!”, riferito all’Atalanta. Fermo il video, dico le parole in italiano, loro le ripetono, imparano una strofa… e dopo 5 minuti tutti insieme cantiamo “Dea Dea, magica Dea, fai sognare questa tua città. Tu ci prendi, ci sorprendi, magica Dea Dea, magica Dea, senti il cuore nerazzurro e noi, la tua gente che ti canta. Atalanta, Atalanta, cuore di tutti noi. Atalanta, stella che incanta, tu non tramonti mai”. Peccato non abbia potuto registrare il canto dei miei barboni

IL CARDINALE DI BOGOTA’ RINGRAZIA IL VESCOVO DI BERGAMO PER L’OPERA CHE STIAMO REALIZZANDO
Mi commuovo per come il pallone o una canzone riescano a unire questa comunità di abitanti di strada e regalare ai loro occhi un po’ di gioia. Io non so se i tifosi dell’Atalanta e i giocatori stessi possano capire quanto quei poveri barboni fossero felici nel vedere dei colombiani giocare nella nostra squadra e portarle il successo sportivo! Ma Gregorio è proprio un grande tifoso del calcio e mi ricorda: “Padre, ma non ci sono solo Zapata e Muriel; negli anni scorsi, Iván Valenciano, Mario Yepes e Johan Mojica, tutti colombiani che hanno giocato nell’Atalanta!”. Sciolto il ghiaccio, parliamo della loro vita in strada; propongo di dormire in strada con loro e di passare una notte tra i loro accampamenti, come avevo fatto anche a Bogotá. I giovani rispondono felici: “Sìììì, padre! Ti proteggiamo noi, non ti accadrà nulla di male”.

Ciascuno di loro ha una vita tatuata sulla pelle e vedo che Gregorio ne ha diversi, di tatuaggi; quello che più mi incuriosisce è un rosario tatuato attorno al collo che scende sulle spalle e davanti finisce con la croce. “Gregorio, perché ti sei tatuato una corona del rosario?”. La risposta è simpatica: “Gigi, io non sopporto le catenelle al collo e neppure i rosari e così me lo sono tatuato!”. “Ma ti ricordi almeno di recitarlo, il rosario?”. Sorride e non risponde, cambia discorso e mi mostra i suoi altri tatuaggi dai quali vengo a conoscere la sua vicenda di enorme sofferenza.

Ci sediamo e Gregorio inizia a raccontare la sua tragedia. “Padre, io vivevo con la mia famiglia in un barrio pericoloso di Cartagena. Mio fratello Luis spacciava droga e talvolta mi regalava marijuana o coca… iniziai anche io a drogarmi, anche se non ho mai spacciato!”. Gregorio continua e il racconto si fa inquietante: “Una sera stavamo rincasando, quando due ragazzi della nostra età vengono verso di noi e con fare minaccioso intimano a mio fratello di non spacciare più nel loro rione porquè ve matamos todos los dos!”. Entrambi estraggono una pistola, noi scappiamo, scappiamo, ma… Gigi, sento un dolore formidabile alla gamba sinistra: un proiettile mi ha centrato! Stramazzo in terra dal dolore. Il sicario mi è sopra: con freddezza mi spara un colpo alla testa e se ne va!”. Gregorio dice questo con profondo dolore e questo racconto mi colpisce come un pugno nello stomaco. Gregorio alza il pantalone e appare sulla gamba sinistra una lunga, orribile cicatrice dovuta a un complesso intervento chirurgico che gli ha restituito parziale mobilità: ecco perché è zoppo. Poi indica l’altra cicatrice, quella sopra l’occhio spento e mi spiega: “Grazie a Dio, la pallottola non ha toccato il cervello, ma vivo con una pallottola in testa e questo mi provoca spesso dolori pazzeschi che non riesco a calmare. Allora mi butto a terra e passo ore pregando la Madonna che mi liberi da quel dolore”.

Mentre Gregorio parla immagino in senso di solitudine, di abbandono, il disorientamento amplificato dal terribile dolore: ecco la stupenda preghiera di un barbone che dal santuario della strada invoca Dio! Penso spesso che siano i monasteri di clausura i luoghi dove si prega; non avrei mai pensato con quale intensità possa pregare un barbone nel suo dolore, né che quel dolore e quella solitudine lo rendano santo. Gregorio mi ha polverizzato, annientato, mi ha fatto capire che in alcune circostanze io vivo una vita da idiota … “Gregorio, ora so che ho fatto tanti, ma tanti chilometri per arrivare da te e imparare che anche un abitante di strada prega e che la sua preghiera, arricchita dal dolore e dalla solitudine, è tanto preziosa per l’intera umanità! Tu sei un parafulmine per tutta l’umanità, la tua preghiera, la tua invocazione quando sei a terra in strada, mentre urli per il dolore, tenendoti le tempie con le mani chiedendo aiuto a Dio e alla Madonna, fa sì che Dio allontani flagelli e cataclismi per la tua intercessione. Mi hai detto che invochi Maria e che ti sei tatuato la corona del rosario sulla pelle. Ti voglio fare un regalo; ti ho portato una immaginetta su cartoncino della Madonna Calpestata, viene dall’Iraq e sono sicuro che ti farà buona compagnia”.

Dalla tasca prendo l’immaginetta e gliela mostro… Il ragazzo si fa attento. “Vedi, questa immagine viene dall’Iraq, dove essere cristiani è molto pericoloso. Era il 4 maggio 2017 e infuriava la guerra tra l’esercito iracheno e la soldataglia dell’Isis, fanatici musulmani che odiano i cristiani. Loro erano entrati in una chiesa e avevano preso a calci e calpestato questa immagine sacra, l’avevano resa irriconoscibile! L’ho portata via da là e una volta tornato in Italia l’ho ripulita ed ecco la nuova immagine: piena di tagli ma bellissima proprio per i tagli che ha sul volto!”. Gregorio guarda con grande emozione e subito dà un bacio all’immaginetta; ma guardate cosa fa questo stupendo ragazzo! L’immagine si compone di due lati: da una parte c’è la Vergine irriconoscibile e dall’altra la Vergine dopo il restauro. In Italia, quando regalo questa immaginetta, tutti baciano la parte in cui la sacra immagine è restaurata; invece Gregorio guarda le due parti dell’immagine e poi con profonda consapevolezza bacia l’immagine deturpata e irriconoscibile!!! Cavolo che ceffone m’arriva, con quella scelta! Scoppio a piangere, lui non capisce e mi chiede sorpreso: “Padre, perché piangi? Ho sbagliato?”. Accarezzo affettuosamente la guancia di questo ragazzo, tutto sporco dalla sua vita in strada, e gli dico:  “Tu per me sei un gigante e io di fronte a te sono un nano! Perché hai baciato la sacra immagine dalla parte che il mondo ritiene sbagliata?”. Lui mi guarda e sorride: “Gigi, ho baciato quella parte perché è la fotografia della mia vita: io sono ogni giorno calpestato dai passanti che mi ignorano, che mi disprezzano e talvolta mi maledicono. Se non mi sposto dal luogo dove sto dormendo, mi prendono pure a calci, calci veri; nella mia testa c’è poi quel proiettile e la mia faccia è ferita e calpestata: tutti, tutti mi calpestano fuori di qui”.

Lo guardo con intensità e dopo alcuni secondi gli rispondo così: “Gregorio, ti devo raccontare una cosa che ti potrà davvero far piacere. Nel 2017, rientrato a Roma con questa sacra immagine, la porto nella Basilica di San Pietro per la festa della nostra Associazione, il 4 dicembre, la data della morte di mia mamma Santina. Celebra la Messa il mio direttore spirituale, un cardinale che si chiama Angelo Comastri, molto devoto alla Madonna. Vedi, Gregorio, io non mi confesso da lui non perché è un cardinale, ma perché è un santo, un santo prete: lui è un santo come te”. Gregorio ride, un po’ imbarazzato. “Bene, il cardinale si sofferma alcuni istanti in preghiera davanti alla Vergine Calpestata. Anche a Lui regalo la stessa immagine che ho dato a te, Lui la riceve con devozione e che fa? Le dà un bacio! Ma ecco la mia sorpresa ed emozione: il cardinale Comastri bacia la sacra immagine dalla stessa lato che hai scelto anche tu … io lo guardo allibito, lui sorride e mi dice con espressione seria: ‘Don Gigi, è troppo facile baciare questa Madonnina dal lato dove la si vede sorridente, è molto più difficile baciare il suo volto sfigurato!. Ricordalo sempre, sempre questo: la sacra immagine non può rimanere nella tua stanza, non è proprietà tua, ma della gente calpestata che a Lei si rivolge e che veramente capisce il valore del quadro, che è nelle sue ferite’. Da allora ho visto solo una persona baciare il quadro dalla parte in cui il volto è sfigurato, e quella persona sei tu!”.

Ci abbracciamo forte forte. Gregorio mi porge l’immagine e mi dice: “Baciala anche tu da questa parte, coraggio!”. Faccio con molta devozione il gesto, poi bacio la ferita sulla fronte del ragazzo e lui mi dice: “Gigi, questa immaginetta sarà sempre con me e quando proverò dolori lancinanti dolori alla testa, non avendo soldi per comperare un analgesico, Lei, la Madonna Calpestata, sarà il mio calmante; la stringerò forte forte al mio cuore mentre le lacrime scenderanno sul mio volto nella notte buia di Cartagena, e poi riempirò di baci l’immaginetta dal lato in cui c’è la fotografia della mia vita, una vita resa irriconoscibile dalla miseria, dal vizio e da un proiettile nella testa!”. Lo abbraccio forte; lui mi regala un braccialetto: “Quando guarderai questo braccialetto ricordati di me!”. Lo abbraccio ancora: “Sai cosa faccio? Lo porto in Italia e quando vado a Roma lo porto alla sacra immagine e lo regalo a Lei! Lo lascio lì e chiedo alla Madonna che ti possa essere vicino quando il dolore ti spacca la testa e la vita!”. Gregorio si riempie di gioia: “Che bella idea, mi rende orgoglioso!”. Si toglie il braccialetto e me lo mette al polso… il prossimo 26-27 maggio vado a Roma e depongo il bracciale davanti alla sacra immagine!