Viaggi di Solidarietà

PERU’ 28 GIUGNO – 17 LUGLIO 2023 57MO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’


FONDAZIONE SANTINA ONLUS ASSOCIAZIONE AMICI DI SANTINA ZUCCHINELLI
57MO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’
Che il tuo Sogno sia più grande della tua paura
Perù 28 giugno – 17 luglio 2023
In questa pagina viene riportato il programma del 57mo Viaggio di Solidarietà in Perù, dove Fondazione Santina inaugura una Cappella nel carcere di Yanamaio a Puno.
Ecco il video

FONDAZIONE SANTINA ONLUS ASSOCIAZIONE AMICI DI SANTINA ZUCCHINELLI
57MO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’
Che il tuo Sogno sia più grande della tua paura
Perù 28 giugno – 17 luglio 2023

Programma
PROVVISORIO

GIORNO MATTINO POMERIGGIO  – SERA
Martedì
27 giugno
INIZIO 57MO VIAGGIO
DI SOLIDARIETA’
Stezzano, Santuario Madonna dei Campi. Ore 17,30 Messa inizio viaggio di solidarietà
Mercoledì
28 giugno
VOLO
INTERCONT
STATI UNITI
PERU’
– ore 5 Santa Messa
– Ore 6 partenza per Malpensa, accompagnato da Blanca
– Ore 11,45 Volo DL175 Milano Malpensa – Atlanta (Stati Uniti)
– arrivo ad Atlanta ore 16,15
– ore 23,55 Volo DL151 Atlanta – Lima (Perù) arrivo ore 5,25
Giovedì
29 giugno
– Lima (Perù) arrivo ore 5,25
– ore 11,30 volo Latam Lima – Juliaca arrivo a Juliaca ore 13,05
Trasferimento a Villa San Roman, celebrazione S. Messa, cena e riposo
Venerdì
30 luglio
– ore 8 celebrazione della santa messa e visita all’Asilo di Villa S. Roman – ore 15 visita al SOS ed incontro con Alicia, Noemi, Brandon, Marcio e Genoveva
pizza con i 5 bambini
Sabato
1 luglio
– ore 8 celebrazione S. Messa ed acquisti a Juliaca – ore 16 incontro con gli abitanti del Barrio di Villa San Roman
Domenica
2 luglio
– ore 7, celebrazione s. Messa a Villa San roman
– ore 8 partenza per Mazuko
– ore 13 pranzo a Mazuko
– ore 15 partenza per Puerto Maldonado
– ore 19,00 arrivo al seminario di Puerto Maldonado
Lunedì
3 luglio
– ore 7,00 santa Messa
– ore 10 incontro alla Caritas con le 10 famiglie in adozione a distanza
– ore 12,00 pranzo
– ore 15Visita alle famiglie di Satomi e Azre
rientro al Seminario, cena e pernottamento
Martedì
4 luglio
– ore 8 partenza per Laberinto
– ore 10,00 celebrazione della Santa Messa
– Incontro con la famiglia di Adriana
– ore 15,00 visita a Laberinto
– ore 17,00 rientro al Seminario di Puerto Maldonado
Cena e pernottamento
Mercoledì
5 luglio
– Ore 7,00 Celebrazione della santa messa
– ore 9,00 incontro con il Vescovo David
– visita alla famiglia di Rut
pranzo
– ore 16 visita a Sol ed a sua figlia Angela, ed alla famiglia di Lian
– rientro al seminario per la cena e pernottamento
Giovedì
6 luglio
– ore 6 celebrazione s. messa e partenza per Delta uno

– visita alle miniere illegali

Piantagioni di coca e prostituzione

-ore 15 rientro a Puerto Maldonado

Venerdì
7 luglio
– Ore 7 celebrazione S. Messa
– Ore 8 visita alle famiglie di Galeb ed Angel
– ore 16 visita alle famiglia di Gilmer e Kengy, figli di Maritza
– saluti ai seminaristi prima della partenza
Sabato
8 luglio
– ore 7 S. Messa a Puerto Maldonado
– ore 8,00 partenza per Mazuko
– ore 12,00 pranzo a Mazuko
– ore 14 partenza per Juliaca
Ore 19 arrivo a Villa San Roman cena e riposo
Domenica
9 luglio
Riposo e celebrazione santa messa, acquisti – Ore 16 visita a Ivan el bordador
Lunedì
10 luglio
– ore 8 partenza per Conima
– ore 10 arrivo a Conima e celebrazione della Santa Messa nella chiesa da noi ristrutturata
– ore 12, 00 pranzo
– ore 14 partenza per Moho  visita al piccolo centro rurale
– ore 17,00 rientro a Juliaca
Martedì
11 luglio
– ore 10,00 Santa Messa all’Asilo di Villa San Roman ed incontro con i genitori
– ore 12 pranzo di festa
– ore 14,00 partenza per Rio Coata e visita all’Asilo di Nelia Jana Mamani
– ore 17,00 rientro a Juliaca
Mercoledì
12 luglio
– ore 5,00 partenza per il carcere castigo di Challapalca posto a 5100 metri
– ore 10 ceòebrazione santa Messa ed incontro con i prigionieri
– ore 12 pranzo
– ora 13 incontro con guardie dell’INPE, bagno termale
– ore 16 saluto all’accampamento dell’esercito e rientro a Juliaca
– ore 20 arrivo a Juliaca cena e pernottamento
Giovedì
13 luglio
Riposo e celebrazione Santa Messa – visita suore Carmelitane di clausura di Juliaca
Venerdì
14  luglio
– Ore 10,00: Puno CARCERE DI YANAMAIO INAUGURAZIONE CAPPELLA PER LA PREGHIERA

– S. Messa presieduta dal Vescovo Carron
– festa con i prigionieri

– visita ai prigionieri
– rientro a Juliaca per la cena
Sabato
15 luglio
– ore 8 santa Messa e partenza per Puno visita alle isole flottanti
– pranzo
– Juliaca Visita ad Ivan il Bordador
– cena con la famiglia di Olinda e saluti
Domenica
16 luglio
– ore 8 Celebrazione Messa a Villa San Roman
– ore 10 partenza per aeroporto di Juliaca
– ore 13,40 Volo LA2208 Juliaca – Lima
– arrivo a Lima ore 15,15
– ore 18,00 volo Air France 483 Lima – Parigi
Lunedì
17  luglio
– Ore 13,20 arrivo a Parigi

 

– ore 16,55 Volo AZ 313 Parigi – Milano Linate
– ore 18,25 arrivo a Milano Linate. Con Blanca rientro a Bergamo e pernottamento
Martedì
18 luglio
TERMINE 57MO
VIAGGIO SOLIDARIETÀ
Stezzano Santuario Madonna dei Campi. Ore 17,30 Messa di
Ringraziamento


IL CARCERE DI YANAMAIO
Viene riportato qui di seguito un brano tolto dal libretto MAURICIO dove viene descritto il carcere di Yanamaio dove il 14 luglio inaugureremo la Cappella alla presenza del vescovo di Puno, Mons. Carron.
Dopo l’incontro con Carolina nel bordello del villaggio di Laberinto nell’Amazzonia del Perù, in un viaggio estenuante e allucinante ma ricco di incontri, sono stanchissimo e soffro un po’ il passaggio dal caldo tropicale dell’Amazzonia con +37 gradi ai -4 di oggi, qui, sulle Ande, a 4.100 metri; mi pesa anche la mancanza di igiene (devo lavare la poca biancheria che ho comprato perché sempre mi manca la valigia che non è mai arrivata), la qualità del cibo che lascia a desiderare e poi la prova dell’incontro con storie forti come quella vissuta nel bordello… Però, nonostante tutto questo, sono davvero felice, vivo in un mondo altro, dove il sorriso di un bimbo o di un anziano riescono a riempirmi di gioia… Anche se sono stremato da questa esperienza, sarà dura ripartire per l’Italia. Sono anni che vengo in Perù e che mastico coca – qui è normale – ma in questo viaggio ho voluto cercare di capire un po’ di più il fenomeno della coca trasformata in cocaina. Da anni conosco la situazione del Messico come Paese che possiamo definire un narco-Stato; poi c’è la Colombia, dove in questo viaggio mi sono fermato per tre giorni e dalla quale viene il nostro volto di speranza Mauricio, vittima della droga. Ma voglio capire meglio cosa succede in Perù. Nel lungo viaggio che mi porta dall’Amazzonia alle Ande, chiedo al nostro autista se sa dove si trovano piantagioni di coca e se me le può mostrare. È un tipo strano, il nostro autista Giraldo: parla un pessimo spagnolo ed è un tipo molto asciutto, poche parole e un volto inquietante. Mi risponde subito di no. Poi, dopo mezz’ora di silenzio mi dice: “Gigi, salendo verso Juliaca, quando saremo più o meno a 700 metri d’altezza in quella regione di vegetazione ricchissima, se vuoi e te la senti ti mostro una piantagione di coca”. Olinda ed Hernan non sono molto convinti, anzi, in realtà sono un po’ spaventati e mi dicono: “Meglio di no, monsignore, può essere pericoloso”. Io sinceramente una piccola preoccupazione c’è l’ho, non per la mezz’ora da fare a piedi nella foresta, ma perché penso al mio autista e mi chiedo come può essere che lui sappia dove si trova una piantagione di coca…
Naturalmente so che coltivare coca in Perù non è illegale: illegale è solo il narcotraffico; una coltivazione di coca di per sé non è illegale, ma quando è estesa come quella che sto per vedere, sicuramente non è solo per tutta per la popolazione andina che mastica coca per reggere meglio la fatica, la fame e l’altezza! Purtroppo, molti contadini coltivano coca perché è più conveniente e non c’è il problema della vendita perché i narcotrafficanti ci pensano loro a ritirarla. E normalmente, una piantagione di coca grande viene collegata direttamente con una raffineria, uno schifo di impianto ben nascosto nella foresta in cui la coca diventa pasta e poi cocaina… Dico di sì a Giraldo con qualche protesta di Olinda e Hernan. L’uomo continua a guidare in silenzio e dopo circa un’ora accosta la macchina: “Siamo arrivati, scendiamo qui, dobbiamo prendere il sentiero!”. Scendiamo dalla macchina, saluto Olinda ed Hernan e per un sentiero ripido entriamo nella foresta. Giraldo non parla molto, cammina svelto. La natura è bellissima, il sentiero è ripido e non indosso gli scarponi che sono rimasti nella valigia che mi hanno perso. Faccio silenzio e cerco di mantenere il passo, sono sudato e stanco ma continuo con determinazione. Lasciamo il sentiero – come mai Giraldo conosce così bene questo posto? Percorriamo ancora una cinquantina di metri tra le felci e gli alberi verdi, finché appare una grande estensione di coca: vorrei fare un video e alcune foto, ma Giraldo me lo impedisce con sguardo severo.
Non avevo mai visto una pianta di coca con le sue bacche rosse e le sue foglie; l’estensione è grande e sono impressionato da come sia ben nascosta dalla natura. Lui, Giraldo, sembra essere più nervoso, sceglie un posto ben preciso e mi dice: “Prete, da qui possiamo fare il tuo video”. Meglio che niente, penso io, ed effettivamente si vede una parte della distesa che in realtà è molto più ampia, ma per me va bene. L’uomo si presta a riprendere il video, io stacco un ramoscello della pianta di coca. E poi lo guardo dritto in faccia e secco chiedo: “Dove fanno la pasta?”. Mi risponde: “In cima a questa tenuta, lo vedi il fumo? È la! E non chiedermi nulla di più; solo seguimi svelto e in silenzio”. Il suo ordine non ammette repliche, non incontriamo nessuno e dopo mezz’ora siamo di ritorno alla macchina, dove Hernan e Olinda ci aspettano. Mostro loro il ramoscello della pianta di coca ed Hernan esclama: “Non lo avevo mai visto, monsignore!”. Dico a Giraldo: “Presto, andiamo via!”. L’ uomo si mette in bocca alcune foglie di coca e riprende la lunga strada verso le Ande. Mi lancia una frase inquietante: “Sai, padre, ti ho visto a Puerto Maldonado domenica: tenevi in mano un grosso serpente boa. La droga può essere come un grande serpente boa che ti avvinghia e ti soffoca con una forza incredibile!”. Mi guardo bene dal chiedere perché mi aveva visto… ci pensa Olinda a chiederlo: “Ma dove lo hai visto?”, e lui risponde: “Tranquilla, era domenica e libero dal lavoro facevo una passeggiata”. Lungo la strada recitiamo il rosario, parliamo di Puerto Maldonado, della prossima settimana a Juliaca, le lunghe ore passano e verso le nove della sera arriviamo a Villa San Roman, io con il mio ramoscello di coca tra le mani. Morto di stanchezza, crollo nel letto caldo nel freddo delle Ande, negli occhi la piantagione di coca e nella mente l’incontro del giorno dopo con il grosso narcotrafficante peruviano Geraldo Oropeza, conosciuto anche come Tony Montana peruano, un “vecchio amico” che ho conosciuto alcuni anni fa a Challapalca, il carcere di massima sicurezza.
La mattina dopo, accompagnato dal direttore regionale dell’Inpe (Instituto Nacional Penitenciario), entro a Yanamayo; oltre al direttore è con me Wilber, che avevo conosciuto come direttore al penale di Challapalca, il carcere di massima sicurezza a 5.100 metri di altitudine. Insieme parliamo del boss dei narcos peruviani, tra cui Gerald Oropeza, in carcere appunto con l’accusa di narcotraffico. Chiedo all’amico di spiegarmi bene chi sia quel personaggio che avevo incontrato per la prima volta il 17 dicembre 2015. E Wilber inizia il racconto: “Vedi, don Gigi, il 1° aprile 2015, nel 7° isolato di Av. Insurgentes, San Miguel a Lima, i passeggeri di una Porsche D7Q-298 sono stati attaccati con proiettili da una banda di sicari. A bordo c’era un giovane, conosciuto all’ippodromo ‘La Chutana’ per il suo amore per le macchine di lusso, identificato come Gerald Oropeza Lopez, alias ‘Tony Montana’ o ‘Caracorta’, e quattro compagni con cui era tornato da un viaggio a Cancún, in Messico. Erano Carlos Sulca Cruz, Luis Berríos Navarro, Luis Acuña Pomar e Ruth Cuba Veramatos. Il principale sospettato di aver diretto il brutale attacco è uno dei ‘partner’ con cui Gerald Oropeza lavorava da anni per spedire la droga dal porto di Callao all’Europa: Gerson Gálvez Calle “Caracol”. Per alcuni miei colleghi, il motivo principale di questo attacco che cambiò radicalmente la vita di Oropeza è il fatto che, dopo aver effettuato un carico di droga, Gerald Oropeza non abbia corrisposto i 5 milioni di dollari pattuiti a “Caracol” e Christian Valle Ibáñez, alias “Drácula”, un altro membro del clan criminale che ha tenuto sotto controllo il porto del Callao. Secondo altri, don Gigi, “Tony Montana” ha ricevuto una grossa somma per inviare cocaina, ma non l’ha mai ammesso. Da allora sulla sua testa c’è stata una taglia e “Caracol” ha cercato di eliminarlo. A quel tempo, però, Gerald Oropeza si era già reso indipendente e trafficava con Renzo Espinoza Brissolesi, un criminale del Callao, il cui padre, Luis Espinoza Oroche, era caposquadra al terminal marittimo e, a quanto pare, sapeva bene come gestire il contrabbando. Infine, don Gigi, per non annoiarti troppo, una terza congettura parla della rivalità all’ultimo sangue tra Junior Tarazona Acher, alias ‘Jota’, anch’egli dedito al traffico di droga dal terminal marittimo, e Gerald Oropeza, per una donna. ‘Jota’ avrebbe chiesto a ‘Caracol’ di farsi carico dell’eliminazione di Oropeza per vendicarsi. Quando “Tony Montana” è stato catturato in Ecuador, si è scoperto che stava anche cercando di uccidere “Jota”. L’attacco alla Porsche sarebbe stato compiuto da una banda di sicari vicina a “Caracol” e composta dai fratelli Nick e Magnun Romaní Tuanama nonché dallo spietato Jhairol Torres Cáceres “Chato Jhairol”. Due settimane dopo l’attacco di San Miguel, la stessa banda uccise Patrick Zapata Colleti, un amico di Gerald Oropeza: anche lui era stato a Cancún ma non sulla Porsche di Gerald. L’escalation di sangue e morte è continuata per i sei giorni successivi e ha avuto luogo nel blocco 1 di via Santa Luisa, a San Borja. Lì Antonio Amadeo Saucedo Mendoza, ‘Chino Saucedo’, personaggio legato all’ambiente di ‘Caracol’, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco all’interno di un taxi. Con lui c’erano le ballerine Nadeska Widausky e Carla Salas. Questa sarebbe stata la risposta di Gerald Oropeza alla morte di Zapata Colleti”.
“Come ti dicevo – continua Wilber – Gerald Oropeza è stato catturato in Ecuador cinque mesi dopo la sparatoria a San Miguel. In quel momento, Brian Camps Gutiérrez, il suo uomo di fiducia, quello che controllava se le spedizioni arrivavano a destinazione, fu prima catturato e poi rilasciato in Italia. A Lima è caduto Jhairol Torres, il giovane sicario che ha guidato la sparatoria di Patrick Zapata. Don Gigi, il caso è nelle mani di Lucio Sal y Rosas, un procuratore che si occupa di criminalità organizzata, il quale sostiene che Oropeza López guidasse una mafia dedita all’invio di droga all’estero dal porto di Callao”.
“Per raccogliere ulteriori prove a sostegno della sua denuncia – prosegue il suo racconto Wilber – Sal y Rosas in passato si era recato in Italia per intervistare Salvatore Zazo ‘Zazá’, il più grande capo del Paese che, secondo alcune registrazioni audio, avrebbe avuto contatti con Oropeza. Questa in definitiva è la situazione di Gerald oggi, quel Gerald che stai per incontrare. In effetti, Oropeza è il capo di uno dei grandi cartelli peruviani della droga”. Ora, dalla piantagione di coca del giorno prima a un grande narcotrafficante il giorno dopo non è un passaggio facile, ma i diversi elementi raccolti mi aiutano a meglio capire quanto la droga sia un elemento importante in questo Paese. Non è la prima volta che incontro grandi delinquenti e Gerald Oropeza è tra questi. Lo incontro nel patio insieme agli altri detenuti, mi riconosce: ho con me la Bibbia sulla quale aveva scritto. Sono anni che frequento il mondo del narcotraffico in Messico, in Perù e, con questo viaggio, Colombia. Se vi sono vittime come Mauricio lo si deve a questi ricchi e potenti uomini, signori della droga, che senza scrupoli gestiscono tonnellate di droga per profitti da capogiro. Se tutto in questo Paese parte dalle piantagioni di coca come quella che ho visto ieri, tutto finisce nelle mani potenti di pochi uomini che vivono la vita secondo altri criteri e altri parametri. Oropeza è in carcere e non mi viene facile vedere in lui quella carne di Gesù che vedevo più facilmente in Carolina… ma in questo viaggio lunghissimo che sto compiendo voglio incontrarmi con lui e misurarmi con lui sulla logica del Vangelo. Gerald è nella parte del carcere di massima sicurezza, lascia il patio e ci dirigiamo verso una sala che il direttore del penale ha destinato al nostro incontro. Mi abbraccia e rimango con lui e una guardia carceraria che sorveglia il nostro incontro.
“Come stai Gerald?”, inizio io. “Padre, sto meglio: da quando mi hanno fatto scendere da quel carcere duro a questo carcere le cose stanno andando meglio. Penso che ci siano due luoghi al mondo che ti spingano a pensare a Dio: l’ospedale e il carcere! Non mi sento di dire che sono cambiato, ma di sicuro ho pensato molto di più a Dio e alla mia vita. Come sai, sono cattolico. E tu come stai, don Gigi? Come sta il Papa? Ti ricordi la statua di Gesù che ci hai regalato da parte sua a Challapalca?”. No, non ricordavo il regalo… “Gerald, ho cambiato vita, non lavoro più con il Papa, sono tornato a Bergamo nella mia diocesi e nella mia casa…  anche io ho avuto più tempo di pensare a Dio e alla mia vita nella solitudine della mia casa”. “E allora cosa fai? Non sei più prete?” ‒ “Scherzi? Lo sono ancora di più! Ho lasciato Roma per vivere più profondamente il mio essere prete e in accordo con il mio vescovo lo sto facendo con la mia Fondazione”. “Aaaah, la Fondazione Santina, don Gigi, quella per la quale ti avevo incontrato a Challapalca dove hai costruito il campo da pallone, vero?”. “Sì, Gerald, proprio quella. Lo scorso anno mi ci sono dedicato a tempo pieno, ho viaggiato molto, abbiamo fatto diverse inaugurazioni, e incontri come questi, oggi con te, mi riempiono la vita! Vedi, domani inaugurerò l’illuminazione elettrica in un asilo nel mio Barrío dove vivo a Villa San Roman, a Juliaca!”. Il giovane boss dei narcos peruviani ha due orecchini, veste in modo sportivo e mi guarda intensamente. E poi mi dice: “Meglio così, io ti vedo meglio di alcuni anni fa, più sereno, più concentrato, forse più maturo. Davvero una grande scelta che ti ha fatto bene!”. Il detenuto non si rende neppure conto di quanto bene mi facciano le sue parole. Il lunghissimo viaggio di 23 giorni si sta facendo sentire, ma le sue parole hanno il potere di rinfrancarmi. Lo guardo e dico: “Mi stai facendo la predica meglio di un prete!”. Scoppia a ridere divertito. “Ti ho portato un regalo. L’anno scorso, avendo appena lasciato il Vaticano, sono volato qui sulle Ande e nel santuario della Candelaria a Puño ho comprato un rosario che mi ha accompagnato tutto l’anno: lo voglio regalare a te e se vuoi recita una preghiera per me!”. Prendo dalle tasche la corona e gliela metto al collo, la riceve volentieri e con un sorriso mi dice: “Un’Ave Maria da un narcos? Ma non lo trovi fuori posto? Quella la recitano i preti e le suore…” – “Beh, in questa settimana ho recitato un’Ave Maria con una prostituta in un bordello dell’Amazzonia!” – “Padre, mi prendi in giro?” – “No: si chiama Carolina. E mi ha regalato questo bracciale che porto al polso!”. Mi guarda e in silenzio mi abbraccia forte e mi dice: “Mai conosciuto un tipo così, che passa da una prostituta a un narcos e recita Ave Maria! Qualche rotella non ti funziona proprio! Certo, con questi incontri, che cosa ci facevi a Roma? Meglio ora che sei più libero”. Il tempo passa veloce … apro la mia Bibbia e gli chiedo: “Senti, Gerald, vorrei chiederti di lasciarmi in regalo una tua frase, un augurio per questa mia nuova vita, l’augurio di un narcos: te la senti di scrivermi un bell’augurio?”. Oropeza è orgoglioso di questo invito e mi risponde: “Certo, padre, con grande piacere!”. Scrive lentamente, il boss del narcotraffico, è intensamente concentrato e il suo augurio è tra gli stimoli più potenti e incoraggianti di questo viaggio. Lo trascrivo dallo spagnolo mentre scrivo a Villa San Roman in questa sera ghiacciata, dove per scaldarmi i piedi ho chiesto a Olinda di mettere dell’acqua calda in una bottiglia di plastica… Ecco la frase del re dei narcos peruviani: “Amico Luigi, grazie per interessarti sempre a noi; se tu prosegui nel tuo cammino e non cadi, anche noi non cadremo, abbiamo bisogno della tua forza, non lasciarci e noi così non cadremo nel male, sei assolutamente forte. Grazie per essere come sei! Dal tuo amico e fratello Gerald Oropeza Lopez (Yanamayo 6/7/2022 ore 1 pm)”. Ascolto con commozione la sua dedica e la videoregistriamo anche per te e potrai ascoltarla nell’allegato che trovi nel nostro canale YouTube.
Dopo avere scritto la dedica, mi abbraccia forte e scherzando gli dico: “Certo, ricevere da te che sei un narcotrafficante questo complimento è meglio che riceverlo dal Papa!”. Lo dico convinto e lui mi sorride… Chiudo la Bibbia; ci salutiamo e accompagnato da Wilber sto attraversando il patio; un prigioniero si avvicina e mi saluta: “Ciao, padre, mi chiamo Ammon e sono in carcere per aver trasportato droga: mi hanno sorpreso con 100 chili di droga in macchina. Non sono Oropeza, ma il traffico di droga mi ha rovinato. Grazie per essere stato con noi, volevo farti un regalo: un maglione che facciamo noi qui in carcere”. Lo seguo al laboratorio e con mia grande emozione mi regala un bellissimo maglione. Mi tolgo la felpa che lascio a lui in ricordo. Mi inginocchio e gli bacio i piedi, mi rialza con la mano e mi dice: “Padre, raccomanda ai tuoi giovani e a tutti i tuoi amici di non commettere mai il mio errore, perché questi errori lasciano un segno profondo nel cuore!”. Lo abbraccio forte e invito anche lui a registrare un semplice messaggio che trovate anch’esso su YouTube. Recitiamo un’Ave Maria e lascio il carcere con la pace nel cuore.