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MARITZA – 15 IL LIBRO GRATUITAMENTE


Ecco in formato elettronico l’Instant Book dal titolo Maritza con la introduzione scritta da Luis Badilla Morales Direttore editoriale dell’aggregatore internet “Il sismografo”.

RACCONTO, NARRAZIONE, CONDIVISIONE
Il dolore, la vulnerabilità e le circostanze
Luis Badilla Morales
Non è facile leggere questa narrazione di P. Luigi Ginami; si tratta di un resoconto in presa diretta, lacerante, sconvolgente e in diversi momenti anche straziante, del “30esimo viaggio della solidarietà” di questo sacerdote singolare, anima della “Fondazione Santina”, piccola ma molto efficace Onlus che insegna un esercizio quotidiano dell’anima: la condivisione.

Il Sismografo ha postato il nostro libro per primo, oggi 30 luglio 2018 alle ore 11,43. Vuoi conoscere il noto sito web? Clicca qui: Il Sismografo

Questo racconto di don Gigi, come viene affettuosamente chiamato da chi lo conosce bene, illustra la sua esperienza di condivisione con persone di una delle regioni più misere, violente e disastrate dell’America Latina: il Perú a ridosso della regione amazzonica, crocevia di popoli ed etnie, dove uomini, donne, bambini e anziani sono alla ricerca disperata della sopravvivenza quotidiana. È un libro che non nasconde o camuffa la malvagità del nostro mondo: povertà endemica, sfruttamenti e traffici, degrado morale e violenze, discese negli inferi della scelleratezza e della perfidia dell’uomo. I protagonisti di queste narrazioni, Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro, hanno attraversato le terre di questi inferni e da là sono tornati vivi e combattivi, un vero miracolo del riscatto e della rinascita, che raccontano poi con semplicità. Si potrebbe scrivere a lungo su questi protagonisti ma sarebbe inutile anticipare in questa introduzione la loro testimonianza. Nemmeno lo scrittore più bravo sarebbe capace di trasmettere ai lettori la metà di quanto questi giovani peruviani siano riusciti a fare, depositando la loro esperienza direttamente nel cuore e nell’anima di chi legge. 


Leggi il libro cliccando sulla copertina

Questa storia raccolta da P. Gigi mi ha fatto venire in mente quella grande esperienza, di gioia e soddisfazione, gratitudine e riconoscenza, che intere generazioni dell’America Latina hanno vissuto e sperimentato in questi oltre cinque secoli dalla scoperta nel Nuovo Mondo ad oggi, e cioè l’opera dei missionari della prima evangelizzazione. È una sensazione che io stesso ho provato vivissima, essendo latinoamericano, nato e cresciuto in Cile.La storia degli abitanti delle Americhe è arrivata a noi unicamente ed esclusivamente perché, secoli fa, uomini umili e generosi ascoltarono i nostri antenati e hanno poi raccontato le loro storie agli altri, salvando la narrazione dei vinti e facendo sì che i posteri la conoscessero.

Guarda il Promo per capire il contesto del viaggio e la meravigliosa natura dell’Amazzonia

Grazie a questo, e solo a questo, oggi i popoli, le culture e le civiltà latinoamericane, possono confrontare la loro storia a quella che viene spesso, se non da sempre, proposta come l’unica, ovvero quella dei “vincitori”. I popoli delle periferie sono anche narrazioni della periferia, racconti di un altro punto di vista, di altra verità storica ed esistenziale, e la loro verità vale quanto la verità delle civiltà vincitrici e dominanti. E’ solo dall’insieme di queste due prospettive che può costruirsi una storia consensuale, senza la quale si sarà sempre divisi, diversi e separati. Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro, hanno raccontato a P. Gigino momenti e passaggi delle loro vite e lui ha saputo trasformare questi “racconti” personali e privati, per certi versi intimi quanto la stessa coscienza di ciascuno, in una narrazione, cioè uno strumento indispensabile per raggiungere la condivisione.

Ti ricordi Juana? Vuoi vedere come sta? Guarda il video… ha in mano una cosa che tu ben conosci: ti commuoverà

Ci tengo a sottolineare questa considerazione poiché spesso, nella mia lunga vita, mi sono sentito dire: “ma, come si fa o come si raggiunge questa condivisione”? Si tende spesso a dare per scontata la chiarezza della condivisione, la si considera un’esperienza che affratella e che comunica emozioni in maniera diretta, immediata. Per arrivare a questo traguardo occorre invece seguire un percorso lento e graduale, che parte dalla generosità e disponibilità di chi vuole “raccontare” momenti della propria vita. Si tratta di un’operazione non semplice perché chi lo fa vuole che il suo interlocutore  sia una persona che ispiri fiducia, che meriti di essere autorizzato a conoscere, custodire e, appunto, condividere ciò che di più intimo si annida nel proprio cuore, in particolare le ferite, la sofferenza, la devastazione, il buio.

Questo video forse ti farà arrabbiare. Perché? Guarda il video e poniti la domanda importante: in che rapporto stanno Giustizia e Carità quando si è poveri?

In quest’ultimo libro di P. Gigi voi tutti, cari amici lettori che avete ora fra le mani queste pagine, troverete per primo e al di sopra di ogni cosa il racconto, la “confessione”, davanti alla quale non resta che il silenzio, doveroso, tenero, amichevole. Mi viene da pensare, forse esagerando, che il nostro atteggiamento, di fronte al dolore umano altrui, dovrebbe essere il medesimo  di un grande filosofo francese che aveva una figlia in uno stato neurovegetativo, e per chiedere a tutti una condotta unica fece esporre nella camera della malata il Santissimo Sacramento. Il passo successivo da compiere, senza il quale il primo avrebbe un senso piuttosto limitato seppure ugualmente nobile e altissimo è, appunto, il sapere accogliere la narrazione, lo snodarsi discreto, rispettoso e amorevole di tutto ciò che è stato raccontato e che deve raggiungere il cuore, la mente e la coscienza altrui. Se tutto andrà bene il lettore vivrà un’esperienza unica, vale a dire, sentirà dentro di sé la “presenza altra”: questo sarà allora l’istante della pienezza della condivisione.

A proposito, vuoi vedere come stanno i bambini dell’Asilo di Villa San Roman a Juliaca? Entra nella scuolina e leggi il libro a pagina 115

Perché, cari lettori, mi soffermo su queste considerazioni?
Semplicemente perché ho la sensazione, suffragata da molte esperienze personali, che oggi leggiamo molto, almeno le persone abituate a leggere. Delle tante nostre letture, però, a distanza di poco tempo, non resta nulla in noi oppure ciò che resta è effimero o inconsistente. Leggiamo romanzi, saggi, biografie, thriller; leggiamo giornali e siti web, notizie, resoconti, cronache ma a volte il tutto si risolve nel consumare parole, frasi, metafore, eventi, fatti, che non ci toccano oltre l’emozione dell’istante, e che dentro di noi lasciano poco. In questi casi sperimentiamo la condivisione e ciò può essere legittimo nel senso che si tratta di una nostra scelta, o di una finalità diversa del nostro leggere. Non è detto che tutto ciò che leggiamo debba necessariamente far vivere un’esperienza di condivisione. Va anche detto però che certi testi, dal titolo, dall’editore che lo propone, dall’autore, sono stati concepiti per essere letti ma soprattutto per condividere qualcosa. Il loro scopo è quello di lasciare nelle nostre anime una traccia, un pensiero, un insegnamento, un’angoscia, una prospettiva.

Guardate che bello questo agnellino! In verità io volevo prendere un alpaca, ma scappavano… alla fine cosa succede? Guarda il video di un minuto e mezzo

Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro si somigliano moltissimo tra loro e somigliano altrettanto ai loro popoli. Ci sembra opportuno osservare che questa loro somiglianza ha le medesime radici: il dolore, la vulnerabilità e le vite che, tra l’altro, condividono con milioni e milioni di latinoamericani.
I nostri quattro protagonisti sono persone povere, umili, sono gli “scartati”, come direbbe Papa Francesco. Le circostanze delle loro vite, la nascita, il ceto sociale, la geografia, le risorse, la famiglia – nel groviglio di ciò che è imponderabile e casuale nella vita di ognuno di noi – hanno dato a questi quattro peruviani una collocazione precisa: tra i poveri più poveri. Essere tali in un contesto già difficile, come buona parte dell’America Latina, determina pesantemente la vita di ciascuna di queste persone poiché esclude in partenza dall’educazione, dalla salute, da un minimo di benessere. La povertà genera esclusione e questa condizione si rovescia come una condanna su generazioni e generazioni. La povertà toglie tutto, per chi è disposto a lottare per difenderla, la dignità. 

Vuoi sapere di più su chi sia Luis Badilla Morales? Guarda il video di un suo intervento alla presentazione di un nostro libro. Leggi sua introduzione al libro pagine 1 a 5

Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro riescono a salvare un minimo rilevante della dignità umana che in non poche esperienze simili viene invece viene annientata dalla miseria. La loro povertà ha reso questi nostri amici persone vulnerabili, e cioè indifese, senza risorse e garanzie, scoperte. Questa loro vulnerabilità ha fatto di loro persone facile da ferire e da queste è sgorgata una sorta di emorragia di linfa vitale, che li ha resi sempre più deboli. In questa loro debolezza si sono inseriti, come capita spesso, altre fragilità e ciò ha cronicizzato il loro stato di vulnerabilità. Da questa condizione difficilmente si esce da soli. Non vi sono le forze. Occorre una mano tesa, un cuore amico vicino, ma prima di tutto è necessario chiedere aiuto. Allora, cari lettori, nel racconto di Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro potrete udire un grido disperato di aiuto e chi legge questo libro deve essere in grado di cogliere subito e fino in fondo. Il primo passo del faticoso esercizio della condivisione è l’ascolto, vero e sincero, di chi chiede aiuto.

Vuoi vedere il momento del bacio dei piedi a Ramiro, il ragazzo di 19 anni che con la sua compagna ha assassinato orrendamente il suo bambino di 10 mesi filmando tutto in youtube? Fai partire il video! TI porteremo nel carcere di Yanamayo e leggi il libro a pagina 99. Ti verranno i brividi

Infine, ciascuno di noi nell’esperienza di leggere questo libro non può tralasciare neanche un istante il baricentro della sua stesura, che non altro che un’esperienza di solidarietà che si è voluto vivere “toccando le  piaghe di Cristo”: il dolore, quello corporeo e quello dell’anima. Per affrontare il dolore altrui, così come per fare i conti con i propri dolori, occorre grande mitezza dello spirito, per essere sempre vicini senza commettere passi errati. Il dolore fa parte del sacro santuario della coscienza e tutti sappiamo che alle soglie di questo “luogo-non luogo”, così unico e speciale, ci dobbiamo fermare. Non è permesso a nessuno oltrepassare questo confine dell’anima.
Caro amico lettore,
Ora ti lascio alle soglie di questi santuario. Siediti fuori, senza entrare, ascolta nel cuore ciò che leggerai con gli occhi e non tremare. Alla fine, Maritza, Francisco, Mariela e Ramiro, ti dimostreranno che la speranza può tacere ma, prima o dopo, vince.