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DOVE I CRISTIANI MUOIONO il Libro all’università di Bergamo


“Dove i cristiani muoiono” è il titolo del libro edito da San Paolo lo scorso marzo 2018 e che è presentato all’Università di Bergamo il 14 maggio 2018 alle ore 17,30 Con Barbara Serra di Al Jazeera English, Lorenzo Cremonesi di Corriere della Sera e con Riccardo Nisoli del Corriere della Sera di Bergamo.

La verifica ha dato ottimi risultati, l’ambiente universitario rappresenta un terreno che insieme con gli altri produce buon frutto quando è raggiunto da semi di speranza e di attenzione agli ultimi. Grazie a te per tutto, è stata un’esperienza molto piena ed intensa.  A presto!
MARCO PELLEGRINI
PROFESSORE ORDINARIO
DIPARTIMENTO DI LETTERE, FILOSOFIA, COMUNICAZIONE

Cristiani martiri: “non crediamo in una guerra di religione, ma molti innocenti uccisi da invasati”  – Agenzia SIR
“La riflessione non è quella di una guerra di religione, noi non parliamo e non crediamo in una guerra di religione. Solo che molte volte l’opinione pubblica di una certa estrazione vuole instaurare una nuova crociata. Questo Papa Francesco non lo vuole e la Chiesa non lo può tollerare, perché nessun dio dice di uccidere”. Lo ha detto don Luigi Ginami, autore di “Dove i cristiani muoiono” (Ed. San Paolo), testo in libreria dal 2 aprile, che racconta storie di persecuzioni nel Medioriente e in Africa. “Anzitutto, ancora oggi i cristiani muoiono.

Edizione Corriere della Sera di Bergamo 10-5-18 pagina 14

Il libro parla di cristiani che muoiono a Garissa, il 2 aprile 2015, dove 158 ragazzi sono stati uccisi dagli estremisti islamici di Al Shabab perché cristiani; in Iraq, a Mosul, dove ci sono tombe divelte dei cristiani e cadaveri decapitati in un furore contro il cristianesimo incredibile. Nella Striscia di Gaza i cristiani sono la minoranza e vivono in condizioni incredibili”. Il sacerdote, che ha rilasciato la sua testimonianza in un format, andato in onda su Tele Padre Pio, ha raccontato come “la prima grossa persecuzione in Iraq non è nei confronti dei cristiani o degli yazidi ma è soprattutto verso i musulmani che sono sciiti, più liberali. Sono perseguitati da un islam che è più integralista – ha spiegato -. Noi non vogliamo dire che sono solo i cristiani a morire ma che purtroppo molti innocenti, spesso e più dei cristiani, i musulmani, muoiono a causa di qualche persona invasata che in nome di Dio uccide. E questa è la più grande bestemmia”.

Il libro sarà presentato nell’aula magna della ex chiesa di Sant’Agostino dell’Università di Bergamo lunedì 14 maggio, alle 17. Interverrà anche Barbara Serra, giornalista di Al Jazeera English, che ha curato la prefazione del testo: “La guerra ha decimato le antiche comunità cristiane in due paesi: l’Iraq e la Siria – si legge -. L’Iraq nel 2003, prima della invasione americana, aveva all’incirca un milione e mezzo di cristiani, che vivevano relativamente liberi da discriminazione. Ora si pensa che i cristiani in Iraq non siano più di 258.000. Quando la Siria fu creata nel 1920, un terzo della popolazione era cristiana. Ora si pensa ci siano meno di 900.000 cristiani per una popolazione di 18 milioni di persone”.

“Dove i cristiani muoiono”: una narrazione per i veri pessimisti, e cioè ottimisti ben informati – Il Sismografo
“Dove i cristiani muoiono” è il titolo del libro, edizioni San Paolo, di don Luigi Ginami in libreria da pochi giorni. Nulla di enciclopedico su un argomento sempre all’ordine del giorno, delicato e doloroso. Ciò che attira subito di questa nuova fatica editoriale di don Ginami, autore di numerosi altri libri, sono le “storie di vita”, il racconto, la narrazione; ciò che emerge con forza da questa lettura sono le voci dei protagonisti di questi racconti, potersi quasi immaginare i loro occhi, il gesticolare delle mani di chi ti parla, il sospiro di dolore che si fanno sfuggire nel rievocare le loro testimonianze di sangue versato.  Ecco questo libro è lineare e onesto e tratta con delicatezza e commozione un argomento che spesso si presta per la propaganda e lo spargimento di rancore, odio e antagonismo.

L’Eco di Bergamo 11 maggio 2018 pagina 49

Si suddivide in quattro storie – che l’autore chiama “missioni” – che si offrono come delle “istantanee” utili per capire l’oggi ma anche il domani. Due di queste vicende raccontate da don Luigi Ginami si collocano in Kenya e le altre in Iraq e Palestina. “Periferie del mondo”, direbbe Papa Francesco. Periferie non solo perché lontane dai grandi centri del potere odierno ma anche perché sono luoghi dove si dissangua la nostra umanità, luoghi ove la morte e il suo impero rendono tutto inerte e anonimo, sterile e disperato. 

Si devono leggere queste quattro storie di vita, di persone, comunità e popoli, per capire la misura delle sofferenze del mondo. In questo senso la narrazione di don Ginami è ciò che serve, un pugno nello stomaco. Ha ragione dunque Barbara Serra (Al Jazeera, english) quando nella sua puntuale prefazione al libro scrive: “Vivere in un Paese dove la maggioranza condivide la propria religione è un lusso, spesso dato così per scontato che è difficile da percepire. Esprimere la propria fede apertamente con tutta la comunità, senza dover spiegare le proprie credenze e usanze, rende sicuramente la vita più facile. E spesso, più sicura. Non temere che la religione possa fare di noi un bersaglio è veramente un privilegio. Ma come tutti i privilegi può renderci pigri, più propensi a ignorare che in molte parti del mondo dichiarare la propria religiose è un atto di coraggio, che può portare alla morte”.Don Luigi oltre ad essere un ottimo giornalista è soprattutto un “attento samaritano” e le sue cronache squarciano il velo di molte ipocrisie e buonismi, portando a guardare un pezzo importante della realtà del nostro mondo con una prospettiva che al lettore sembrerà pessimista. Infatti l’autore e il suo libro sono “pessimisti”, ma qui il suddetto pessimismo, inquadrato nell’ottica evangelica, si ribella nel suo opposto: l’ottimismo del cristiano ben informato. Luis Badilla

IL PROGRAMMA DELLA SERATA
Scheda per una riflessione sullo svolgimento della serata. Cliccando sul link si può vedere video. Tale scheda prego stampare come scaletta degli eventi di Bergamo in libreria il 12 Maggio, alla cattolica di Brescia ed infine per l’incontro del 14 maggio. La scheda è stata rivista da me e dalla Dottoressa Serra, poi è stata sottoposta all’approvazione del Professor Brunelli che mi ha chiesto di sostituire il video di Gaza. Quindi prego notare di rivedere tale video. 

 SALUTO E PRESENTAZIONE CONTESTO SERATA
Professor Michele Brunelli Riportiamo qui di seguito l’intervento del Professore che ha costituito una sorta di relazione fondante tutte le altre relazioni.

C’è, nel mondo, chi desidera speculare sulla dimensione religiosa, cancellando il messaggio di amore, di comunione e di fratellanza, ed esasperando le differenze, attraverso una mistificazione del messaggio escatologico e salvifico, tipico di tutte le grandi religioni monoteistiche. La scissione tra dimensione politica e religiosa, che in Occidente prende l’abbrivio proprio da un pontefice, Gelasio I (494) con la dottrina delle due spade, trova una rinnovata sua applicazione nei paesi arabo-islamici nelle cosiddette primavere arabe, che primavere in realtà non sono. Certo, storicamente la storia contemporanea del Maghreb e del Mashreq, così come quella del Vicino Oriente e di taluni paesi del Golfo Persico avevano già sperimentato la prevalenza del laicismo sulla componente religiosa. Ma si trattava sempre di  processi top-down, messi in atto dalle élites, e che calavano sul popolo. A partire dal 2010 in una piccola parte del mondo arabo si verificò importante una inversione di tendenza, producendo un rovesciamento dei canoni che erano stati tipici dell’area sino ad allora, portando il moto da top-down a bottom-up. È il popolo tunisino che quando scende in piazza per protestare contro il regime di Ben ‘Ali, non lancia slogan religiosi, non urla Allahu Akhbar, ma chiede, a gran voce, “pane”, “lavoro” e “dignità”. Nelle manifestazioni non vengono bruciate bandiere americane, né israeliane, così come eravamo stati abituati a vedere – ormai distrattamente – nei reportage ed ai telegiornali. Ma in Tunisia si chiede maggiore libertà, si chiede lavoro. Perché è con il lavoro che si può avere la dignità. L’aveva già compreso Michel ‘Aflaq, arabo libanese, ma di credo greco-ortodosso nel 1947, con la sua opera Fi Sabil al Baath (Sulla via della resurrezione). Un titolo appositamente provocatorio, poiché mette il laicismo ed il panarabismo al centro di tutto, tralasciando completamente il discorso religioso e quindi della sua commistione con la politica. Un titolo anche molto significativo, soprattutto se letto in perfetta asimmetria e quindi contrapposizione al concetto fondante del fi sabil ‘Allah, (sulla via, sul sentiero di Dio), sul quale, imperativamente e categoricamente deve fondarsi la “religiosità” di ogni conflitto, anch’essa in logica associazione con la teocraticità dello stato islamico. Se il sentiero di Dio qui impone che vi può essere un conflitto esclusivamente per cause e con obiettivi religiosi, il sentiero della Resurrezione, nonostante il termine impiegato non ha connotazioni escatologiche, impone agli Arabi di ritrovare la loro unità su basi non confessionali, bensì etniche, alla ricerca delle radici della loro identità nazionale in un valore amalgamante, radici che risiedono nell’arabismo: lingua, civiltà, eredità culturali – artistiche e speculative al tempo stesso – che erano state il grandioso passato degli Arabi, popolo libero, che secondo ‘Aflaq va costruito sul trinomio: unità, arabismo, socialismo. I contenuti del discorso politico del pensatore siriano che, nel 1936, sottolineava di come per l’uomo, il mangiare non fosse un fine, ma solo un mezzo per emanciparsi dalle necessità animali e per volgersi all’espletamento del suo compito di Uomo, ritornava preponderante nelle strade tunisine nel dicembre 2010, e riecheggiava con termini nuovi per le manifestazioni arabe, ma quantomai antichi: pane, lavoro e quindi dignità.. È un discorso pericoloso per taluni, ieri come allora. Sul piano ideologico il primo sconfitto non sarà il politico o il dittatore di turno, Ben Ali, nell’esempio utilizzato prima (oggi in esilio dorato non a caso a Gedda). Il primo vinto è il discorso politico-religioso di ‘Al-Qaeda. Uno degli spin-off del gruppo di Osama bin Laden, il sedicente Stato Islamico, comprende perfettamente quale sia lì importanza della destrutturazione di queste nuove idee e si pone quale elemento risolutore dello scempio che i regimi “laici” hanno prodotto: disoccupazione, sudditanza all’Occidente, violazione delle forme tradizionali (ed arcaiche) della religione, ovvero della sua re-intepretazione.  Per uscire dallo stallo indica la via. Quella del ritorno al periodo degli al-Salaf, degli antenati dei puri. Qual è il collante tra i reportage che cercano di descrivere la fredda realtà del Vicino e del Medio Oriente e della violenza sulla popolazione e soprattutto sul minoranze religiose oggi per lo più ignorata – perché alla guerra da lontano ci si fa l’abitudine – e vita vissuta quotidianamente, la “vera realtà, gli spaccati di vita umana che escono dalle dinamiche dei massimi sistemi della geopolitica, dal gruppo, dalla massa? Il pellegrinaggio in quei luoghi, compiuti da Don Luigi, la raccolta delle testimonianze di chi ha vissuto in prima persona quei drammi e di chi, nonostante la sconfitta tattico-militare di DAESH, vive tuttora. La ricomposizione di frammenti di vita vissuta, frammenti ma non perché riprendono solo parte di una vita, sono frammenti perché sono vite che hanno rischiato di essere spezzate per sempre. Vedrete simboli: una mano spezzata da una statua, un vangelo, una pallottola, un disegno … Vedremo che in certe arti del mondo essere cristiani significa essere scomodi, non solo in quanti cristiano, ma quanto minoranza, poiché non ci si allinea al pensiero comune. Blaise Pascal affermava: “Perché seguiamo la maggioranza? Forse perché ha più ragione? No, solo più forza”. In realtà questa è la forza dei deboli. La vera forza è quella di testimoniare le proprie idee, con fermezza, ma con rispetto dell’opinione altrui. Non di imporle con la forza, soprattutto se questa è la forza delle armi. Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero han dichiarato illecito, e coloro, fra quelli cui fu data la Scrittura, che non s’attengono alla Religione della Verità».[1] Sono i versetti della spada, che venivano citati in maniera accuratamente selettiva per fornire legittimità a uno stato di guerra incondizionata nei confronti degli infedeli ed erano utilizzati dai giuristi per giustificare la grande espansione araba post-profetica. Oggi ripresi tali e quali da quei gruppi che vogliono riportare indietro l’orologio della Storia. A farne le spese sono come drammaticamente indica il titolo del libro, i Cristiani. Ed è anche grazie al racconto ed alle testimonianze raccolte da Luigi Ginami che possiamo avere in parte il polso della situazione sul campo. Monsignor Ginami è un uomo di cultura, a prescindere dalla fede personale. Come studioso inquadra il fatto con coraggio e lucidità e mai asservito al politically correct, ma semmai alla realtà contingente che incontra o si scontra sul campo. E’ stato definito “custode del mistero”, ma in questo caso mistero no deve essere. Bisogna avere il coraggio della parola, anche quando è sferzante come il titolo di questo libro.
Michele Brunelli,Università degli Studi di Bergamo
[1] Cor. IX, 29; si vedano anche nella stessa sura i versetti 5, 12, 14, 36, 111, 123.

UN LIBRO CON INTENTO DI COSTRUIRE PACE
PRIMO VIDEO: PROMO DOVE I CRISTIANI MUOIONO

 Idee fondamentali sul libro: dialogo tra Serra e Ginami
INTERVENTO SERRA-GINAMI

MOSUL E GAZA
SECONDO VIDEO: NASREN SEMINARE SPERANZA PER RACCOGLIERE FUTURO MOSUL

Primo intervento Lorenzo Cremonesi sull’Iraq
INTERVENTO CREMONESI SU MOSUL E IRAQ

TERZO VIDEO: RESTORING HOPE IN GAZA 2014-15

 Secondo intervento Lorenzo Cremonesi sul Gaza
INTERVENTO CREMONESI SU GAZA

GARISSA E DADAAB REFUGEE CAMP
QUARTO VIDEO: GARISSA. DOVE I CRISTIANI MUOIONO PAGINA 79 GARISSA: L’INCONTRO CON LA FEDE DEI 148 GIOVANI MARTIRI

Primo intervento Nisoli su Garissa
INTERVENTO DI NISOLI SU GARISSA

QUINTO VIDEO: DADAAB REFUGEE CAMP JOE IL DONO DI UNA PALLOTTOLA

Secondo intervento Nisoli su Dadaab Refugee Camp
INTERVENTO DI NISOLI SU DADAAB REFUGEE CAMP

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
UN SEME DI SPERANZA
Come apporto ricco e conclusivo riportiamo il bell’articolo di recensione al libro apparso sul quotidiano L’Eco di Bergamo l’11 maggio 2018. Il Pdf lo si può leggere cloccando sull’immagine posta all’inizio di questa pagina.

DOVE I CRISTIANI MUOIONO. VOLTI E STORIE NEL LIBRO DI GINAMI. L’ECO DI BERGAMO 11 MAGGIO 2018
Non un saggio, ma visi, corpi, “storie” raccolte nei tormentati luoghi dove sono si sono consumate. Quelli da cui arrivano, alle nostre televisioni, notizie di eccidi con numeri spesso da guerra, ma a cui quasi non badiamo più, proprio a causa della loro provenienza. “Dove i cristiani muoiono” (Edizioni San Paolo, marzo 2018), è un libro in cui monsignor Luigi Ginami, bergamasco, presidente della Fondazione Santina onlus, racconta quattro missioni in paesi dove i cristiani, e certo non solo loro, sono perseguitati dal fondamentalismo fanatico. Mosul, Gaza, e due diversissimi inferni kenioti, accomunati in una sorta di “ecumenismo del sangue”. Lo presenta, sabato 12 maggio, ore 16,30, alla libreria “Qualcosa in più. Buona Stampa”, con Roberto Losa ed Emanuele Berbenni; lunedì 14 maggio, al mattino (ore 11,00), alla Cattolica di Brescia; al pomeriggio (ore 17,30), con ampio corredo di video, all’Aula Magna dell’Università di Bergamo. Intervengono Barbara Serra, di Al Jazeera English, che firma la prefazione; Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera; Riccardo Nisoli del Corriere della Sera Bergamo. “Non è una lettura politico-sociale della situazione di difficoltà dei cristiani nel mondo”, tiene a specificare Ginami. “E’ ed offre un reportage su storie concrete”. Per esempio, dalla tormentata Mosul, quella di Nasren, bambina yazida, “caduta in sindrome post traumatica da stress perché l’Isis la voleva convertire a forza”. O di Hazar, giovane mamma yazida “fatta schiava dall’Isis, venduta a Mosul e portata a Racca”. Riuscita a fuggire con i tre figli, “mi racconta le terribili vicissitudini di quella schiavitù. Quaranta donne ammassate in una prigione, private dei loro bambini, violentate, stuprate, picchiate, nutrite con poco pane, riso, acqua sporca, una sola latrina per tutte, mai cambiate, trasportate “proprio come le capre”. Io stesso ho visto cose orrende. Cimiteri cristiani con i cadaveri esumati, decapitati solo per sfregio”. A Gaza “entriamo durante la guerra del 2014. E qui stiamo per tre anni, anche per ricostruire l’oratorio che era stato bombardato. Raccolgo la storia di Rami, un cristiano protestante che decide di aprire un negozio di libri religiosi”. Gli islamisti di Hamas gli intimano di chiudere, lo insultano, gli bruciano il negozio; alla fine, in tre, lo torturano e lo uccidono con un colpo ciascuno alla testa; poi, orinano addosso al cadavere. La parte del leone, nel libro, la fa l’Islam da noi meno conosciuto: il Kenia. Il 2 aprile  2015 un commando islamista legato ad Al Shabaab entra nel campus universitario di Garissa. E’ il Giovedì santo. “Massacrano 148 ragazzi solo perché non sapevano le sure del Corano a memoria, prova del loro essere cristiani. Le loro teste vengono spappolate perché hanno usato proiettili esplosivi. Non c’era solo l’idea di uccidere ma anche di cancellare l’identità. Sono andato a Garissa pochi mesi dopo la strage, tra agosto e settembre: il primo cristiano a entrarci. Ho raccolto un pezzo di linoleum ancora intriso di sangue”. Infine, sempre in Kenia, l’inferno a cielo aperto del campo profughi Onu più grande del mondo. Un posto chiamato Dadaab, dove si ammassano circa 360.000 persone, tre volte i cittadini di Bergamo. Una Babele in cui, assicura monsignor Ginami, “essere e vivere da cristiani è davvero difficile, e può essere molto pericoloso”.
Vincenzo Guercio

Intervento di sintesi conclusiva di Serra e Ginami
Tempo 10 minuti

RECENSIONE:  LE STRAGI DEI CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE. DI GISELLA LATERZA (CORRIERE DELLA SERA EDIZIONE DI BERGAMO 27 febbraio 2018)
Un libro per raccontare il dramma delle persecuzioni dei cristiani del mondo, attraverso storie raccolte a Mosul, in Iraq, a Dadab e Garissa, in Kenia e sulla Striscia di Gaza. Uscirà a marzo «Dove i cristiani muoiono» (edizioni San Paolo), scritto da monsignor Luigi Ginami, fondatore della Fondazione Santina, intitolata alla madre Santina Zucchinelli. 
Il libro riunisce quattro instant book, quattro libretti della collana «Volti di speranza» pubblicati negli anni scorsi per Velar Marna, ognuno dedicato a luoghi, persone incontrate da don Ginami nelle sue missioni per il mondo. Il nuovo volume vanta la prefazione di Barbara Serra, giornalista della redazione di Londra di Al Jazeera English. «Non temere che la nostra religione possa fare di noi un bersaglio è veramente un lusso. Ma come tutti i lussi, può renderci pigri, più propensi a ignorare che in molte parti del mondo dichiarare la propria religione è un atto di coraggio che può portare alla morte». E continua citando alcuni dati sul Medio Oriente: «All’inizio del secolo scorso, i cristiani rappresentavano quasi il 20% della popolazione. Nel 2010 contavano meno del 4% e i numeri continuano a calare. Il rischio che i cristiani spariscano dalla Terra Santa non è mai stato così reale». Molte le storie raccontate. Il 2 aprile è l’anniversario della strage di Garissa, in Kenia, dove 148 studenti universitari, nel 2015, vennero uccisi dai fanatici islamisti. «Parlare delle persecuzioni contro i cristiani nel mondo di oggi è argomento complesso quanto urgente — scrive monsignor Ginami nel prologo —. Io ne posso e ne voglio parlare come di un’esperienza personale: ho visitato quei luoghi e incontrato le persone che portano su di sé i segni di una violenza “giustificata” in nome di Dio (…). Mi sembra giusto cominciare ogni analisi e cercare soluzioni partendo dall’ascolto della loro voce». 

CONCLUSIONI PER LA RIFLESSIONE. DOVE I CRISTIANI MUOIONO: LA PRESENTAZIONE ALL’UNIVERSITÀ’ DI BERGAMO CON BARBARA SERRA, LORENZO CREMONESI E RICCARDO NISOLI 14 MAGGIO 2018
Normalmente scrivo in Iraq, Vietnam, Kenya, Perù, Messico o Brasile, infine in Turchia, a Gaza o a Gerusalemme; raramente scrivo rendiconti della vita della nostra associazione in Italia. Franca Scordo scrive molto bene a nome mio le newsletter mensili ed una certa forma di disagio mi coglie nel voler scrivere di questa presentazione prestigiosa e di alto livello, uno degli ultimi doni di Santina alla nostra vita associativa.  Negli anni della vita della nostra associazione molto ci siamo impegnati nella solidarietà realizzando dal 2013 ad oggi ben 16 opere di muratura nei paesi sopra descritti, oltre all’impegno per il morbo di Chagas a Bergamo e le adozioni a distanza di bambini, e sono ormai più di 100 i bambini che seguiamo e circa 200 le donne latinoamericane curate dal morbo di Chagas. Accompagniamo questa nostra solidarietà con ritiri mensili di preghiera, certi di non essere una ONLUS laica, ma ben caratterizzata da identità cristiana. Infine, oltre all’operare e al pregare, riteniamo sia importante anche riflettere su quanto noi compiamo e così nascono alcune pubblicazioni. La prima di esse è un libro dal titolo Opere di Luce scritto da Luigi Ginami e Vania De Luca: la prima edizione è del dicembre 2015, si esaurisce presto e così esce una seconda edizione nel marzo 2016. Il libro aveva al suo centro l’operare: le prime opere realizzate dall’associazione, con intento di mostrare ai nostri sponsor dove finivano i denari ed invogliarli a… dare ancora offerte in carità. Tale linea si evolve e, nelle riunioni del direttivo, matura l’idea di non centrare la nostra attività su progetti da realizzare, ma sulle persone incontrate. Esce così nel dicembre 2016 il primo libretto della fortunata collana #VoltiDiSperanza curata da Roberto Losa, editor di Velar Marna, con il volto di Hazar, una giovane yazida fatta schiava a Mosul dall’ISIS, il libro porta l’introduzione di Lorenzo Cremonesi.

Tale collana con grande celerità si arricchisce di altri 13 profili, giungendo in data odierna a 14 volumetti che si leggono in 2 ore e che costano solo 5 euro. E’ la strada giusta: le storie sono brevi, forti… il ritmo è incalzante, le pagine lasciano senza respiro, gli instant book si leggono in un fiato e i libretti si vendono e si diffondono, arricchendo così la nostra vita associativa di quello che è uno sforzo di riflessione e di divulgazione. Dunque solidarietà, preghiera, riflessione su quanto svolto, sulle persone incontrate e divulgazione! I libretti portano oltre che la firma di Luigi Ginami, quella di un medico come Berbenni Emanuele, del vescovo di Garissa Joseph Alessandro, di una giornalista musulmana Fatma Nadib o di un sacerdote messicano Hugo Hernandez.  La prestigiosa casa editrice San Paolo mi contatta: sono interessati ad un libro. Mi propongono Dove i cristiani muoiono che raccoglie e seleziona alcuni dei volti di speranza presenti nella nostra fortunata collanina. L’idea mi piace: mi metto al lavoro con Luca Crippa Editor di San Paolo. Vogliamo fare un libro diverso dai soliti che raccontano guerra con analisi politiche o sociali, vogliamo proporre storie di vita incontrate nei miei viaggi… Il libro cresce “Vado laggiù in quel l’inferno a leggere la vita, a cercare di capire meglio chi è il Cristiano e come si deve testimoniare Gesù “ pagina 95 . Questa è una delle idee forti presenti nelle pagine di questo libro. Nel corso della scrittura faccio una scommessa con me stesso: questo testo non si deve vendere perché supportato dall’introduzione di un importante personaggio di chiesa, un vescovo, un cardinale o un capo dicastero in Vaticano: no! Il libro si deve reggere sulle sue gambe e deve raccontare ad un pubblico laico il dramma dei cristiani che muoiono per il nome di Gesù. Quando tutto è pronto, contatto la giornalista Barbara Serra per il fatto che oltre ad essere brava rappresenta a Londra la voce di Al Jazeera la potente emittente televisiva con base a Doha. La signora accetta volentieri e inizia così con lei un confronto franco e onesto sul tema dei cristiani perseguitati. Studiamo il fenomeno e notiamo che la persecuzione colpisce prima di tutto i musulmani sciiti, poi riguarda anche gli yazidi ed altri ancora. Scopriamo con meraviglia che nel mondo fa più vittime di cristiani il Messico infestato dal narcotraffico che l’Iraq. Tutto è pronto, il libro esce alla fine di marzo con l’idea di celebrare il 2 aprile 2018, terzo anniversario della strage di Garissa in Kenya, dove 148 studenti cristiani furono massacrati.

Resta da stabilire il luogo più pertinente per presentare al pubblico tale libro. Non voglio un luogo ecclesiale o religioso, spesso ristagnante in gruppi che lottizzano le presenze; non voglio i soliti stanchi ambienti di parrocchia, dove i soliti quattro gatti partecipano a tutto. Sono i nostri buoni anziani, o catechisti, o parrocchiani impegnati. Il luogo non deve poi essere certamente Roma. Nessun profeta è bene accetto in patria: forse è meglio scartare Bergamo… oppure andarci proprio per questo! Mi sfido: chiamo il Professor Pellegrini a Bergamo che mi aveva invitato a parlare in università ad un seminario della sua cattedra in un corso sulla cooperazione internazionale, se non sbaglio… o qualcosa del genere. Ho in testa un numero piccolo ma motivato 30-40 persone: pochi ma buoni. Gliene parlo e la sua risposta è entusiastica: “Don Gigi possiamo organizzare una cosa per tutta l’università, nel bellissimo complesso monastico di sant’Agostino in città alta, il tema è molto di attualità; se poi Serra venisse da Londra e tu trovassi un altro buon relatore sono sicuro si potrebbe fare una cosa di alto livello.” Il nome del relatore l’ho pronto: “Marco che ne dici di Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera?” Il Professore acconsente lusingato dal nome del giornalista di guerra di punta del Quotidiano nazionale. L’iniziativa è avvincente, come per la presentazione al pubblico del libro Opere di Luce nell’aula magna del grande ospedale Papa Giovanni – a motivo del nostro impegno a favore del morbo di Chagas di cui parlava il libro – questa volta l’iniziativa doveva assumere un livello ancora più alto. Contattai Barbara a Londra e pescai Lorenzo in Siria nel mezzo della guerra: tutti e due volentieri mi dissero di sì. Come altro relatore, ne parlai all’amico Riccardo Nisoli, direttore del Corriere della Sera di Bergamo, anch’egli fu entusiasta di aderire alla nostra iniziativa in ambito universitario; lui aveva scritto per noi l’introduzione al libretto di Janet. Non stavamo per parlare dal pulpito di una chiesa e di certo Barbara non è una suora e Lorenzo non è un prete, ma volevamo suscitare un dibattito in un luogo autonomo, quanto qualificato come quello dell’UNIBG, e università di Bergamo, mi affascinava!


 Marco prese una decisione geniale, quella di condividere la preparazione dell’evento con un altro cattedratico, il professor Michele Brunelli qualificato per i suoi corsi su Politiche educative e storia dei Paesi arabo-islamici; Storia e istituzioni delle civiltà musulmane e asiatiche ed anche su Sviluppo sociale e storia dei Paesi islamici. Iniziammo a frequentarci e con Michele iniziò una buona amicizia, al punto tale che il Professore mise insieme anche alla Cattolica di Brescia una riuscitissima presentazione del libro la mattina stessa dell’evento all’università di Bergamo. Devo dire che nei preparativi dell’evento unitamente all’emozione di poter parlare in un ambiente raffinato come quello dell’università della mia Città, vi era il timore delle scarse presenze, a questo ci pensò Brunelli disseminando l’università di manifesti; da parte mia con l’aiuto di Emanuele Berbenni e Bruna Torti iniziammo a dar vita ad un gruppo teso ad organizzare inviti ed a sensibilizzare le presenze. Morale della favola: la sala numero 5 l’ex refettorio del convento, quella serata era zeppa di presenze: circa 150 persone tra studenti, professori, giornalisti, imprenditori, soci della nostra Associazione, o semplici amici. Credo che forse sia stato tra i più riusciti eventi tra le molte presentazioni dei miei libri. Marco Pellegrini seppe sintetizzare bene l’esito della serata, rispondendo ad un mio messaggio whatsapp di ringraziamento per la splendida serata, con queste parole: “La verifica ha dato ottimi risultati, l’ambiente universitario rappresenta un terreno che insieme agli altri produce buon frutto quando è raggiunto da semi di speranza e di attenzione agli ultimi. Grazie a te per tutto, è stata un’esperienza molto piena e intensa. Ricambio il forte abbraccio. A presto! Marco Pellegrini”. 

Sicuramente per me tale presentazione del libro era una scadenza e verifica importante nella ricerca di una conferma di essere su una strada dura ma giusta, di non essere su una bella strada, ma su di una buona strada… accanto agli ultimi pur elaborando intellettualmente percorsi di riflessione e di studio seri e documentati. La vicinanza agli ultimi, agli esclusi, ai diversi inferni scoperti in questi luoghi di dolore, deve infatti irrobustirsi e fortificarsi attraverso percorsi rigorosi di rendicontazione delle esperienze vissute, di una loro valutazione critica e di una trasmissione agli altri del loro alto valore spirituale. La serata si sviluppò in un ritmo incalzante: dopo una dotta introduzione alla tematica del libro trattata da Michele Brunelli, in una successione di sei brevi video tesi a contestualizzare le relazioni Barbara ha guidato con abilità la serata intercalando domande ai diversi relatori: prima con me sui motivi fondanti del libro, poi con Lorenzo in merito a Mosul e Gaza ed infine con Riccardo per parlare di Garissa e di Dadaab Refugee Camp. Personalmente vedevo davanti a me la sala dell’antico monastero carica di gente venuta con passione ad ascoltare e parlai liberamente di quello che avevo nel cuore: parlai di Hazar e Nasren a Mosul; di Amal, Rami e padre Jorge a Gaza; di Janet a Garissa e di Joe a Dadaab Refugee Camp. Tutti attenti, tutti concentrati e tutti presenti fino alla fine, per due lunghe ma affascinanti ore.


Chiudendo queste pagine di bilancio di questa esperienza cosa dire? Penso che per tutti noi che apparteniamo a Fondazione Santina, la serata sia stata un premio al nostro impegno di solidarietà intelligente, sia stata uno stimolo a continuare a studiare e a riflettere su quanto facciamo. Certo siamo molto lontani da un dibattito squisitamente accademico: esso potrebbe essere fatto magari togliendo i video e dando spazio a corpose e robuste relazioni comprovate da note a piè di pagina, non presentando un libro, ma parlando di un tema, ma questa è una cosa diversa, probabilmente con molte meno persone e senza nomi illustri. Noi non abbiamo nessuna pretesa di fare ciò, ma neppure scartiamo l’idea di aderire a queste proposte convinti che la sfida culturale e del pensare in modo libero ed autentico su ciò che si fa è parte integrante dell’esperienza stessa.

Per il momento ci gustiamo il sapore di questo piccolo successo, sapendo che non è il successo la chiave di lettura della nostra esperienza di solidarietà, ma la speranza e la speranza non è ottimismo, la speranza non è convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo, la speranza e certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato, che abbia successo o meno. E tale speranza proprio quella sera del 14 maggio 2018 nell’antico e affascinante monastero di Sant’Agostino per noi è divenuta realtà.
Luigi Ginami
18 maggio 2018