Eventi, Gerusalemme, Viaggi di Solidarietà

TERRA SANTA 11-19 AGOSTO 2017


Pellegrinaggio in Terra Santa e Giordania dall’ 11 al 19 Agosto 2017. Trovi tutte le notizie, programma e moduli di iscrizione. E troverai presto anche le nostre riflessioni tornando dalla Terra Santa. Sono racchiuse in alcuni video che puoi vedere.

 

 
 
 

PREPARAZIONE REMOTA AL VIAGGIO IN TERRA SANTA
Carissimi Amici: ci siamo! Inizia oggi,  Domenica 30 luglio 2017, il conto alla rovescia che ci porterà alla partenza Venerdì 11 Agosto per il Viaggio più bello della vostra vita. Affinché, come dice sant’Ignazio di Loyola, il Viaggio produca i frutti sperati, dobbiamo concentraci, come fanno prima di una gara gli atleti: dobbiamo toglierci dalla vita dissipata di ogni giorno per riflettere, studiare e pregare. Attenzione, non sottovalutate questo tempo di preparazione: non state per svolgere un viaggio di piacere e so che ne siete profondamente consapevoli. Se volete sfruttare al meglio i giorni del pellegrinaggio è importante sfruttare bene ogni millesimo di secondo di queste 13 giornate che ci porteranno al viaggio. Cosa concretamente dovete fare? Le dispense sono online e domenica prossima 6 agosto le avrete probabilmente in mano. Fondamentalmente vi chiedo due cose:

PREGHIERA TRE VOLTE AL GIORNO
E’ una preghiera breve, ma è necessaria: mattino, mezzogiorno e sera. Come una pastiglia da prendere…

PREGHIERA DEL MATTINO APPENA SVEGLI ANCORA IN PIGIAMA:
Segno della Croce e lettura lenta di pagina 46:
Ogni giorno viviamo alla luce della Risurrezione: Giovanni 10,1-10
Preghiera del Gloria al Padre
Segno di croce

PREGHIERA A MEZZOGIORNO: ORE 12
Fermare ogni attività, rigorosamente
Segno di Croce e lettura lenta di pagina 19-21
Salmo 73
Preghiera del Gloria al Padre
Segno di croce

PREGHIERA DELLA SERA IN PIGIAMA SUBITO PRIMA DI DORMIRE
Nessun altra lettura ed attività: dopo la preghiera spegnere la luce
Segno di Croce ed esame di coscienza
Lettura lenta di pagina 250-252
Preghiera per la buona morte a Nostro Signore Gesù Cristo
Preghiera del Gloria al Padre
Segno di croce

Se vi è più comodo stampare queste preghiere e tenerle in tasca. Sappiate che queste tre preghiere le reciteremo ogni giorno del viaggio

 

STUDIO, MEDITAZIONE E RIFLESSIONE
Vi affido la lettura di 118 pagine della dispensa si tratta della parte quarta: La morte premessa di Risurrezione pp. 249- 366.
Non preoccupatevi, ogni giorno alla mattina troverete nella Chat un link, basta cliccarlo e vi troverete alla pagina della dispensa indicata, come abbiamo fatto per tutto il tempo di Quaresima con la lettura di La Speranza non delude.Vi prego ancora una volta di non sottovalutare questa preparazione e lettura. Coltivare la testa e predisporla all’incontro con Gesù, ci porta lontano da essere turisti per caso inseriti in un Pellegrinaggio duro ma esaltante! Ecco il quadro della materia che vorrei girare anche al gruppo di 100 persone degli Amici di Santina che ci seguiranno con la preghiera

GIORNO CONTENUTO  PAGINE
30 luglio
Domenica
La morte premessa di Risurrezione
L’incontro con un amico, S. Alfonso Maria de Liguori e la preparazione alla morte
pp.249 – 260
31 luglio
Lunedì
Giudizio finale pp. 261 – 269
1 agosto
Martedì
Giudizio finale pp. 270 – 280
2 agosto
Mercoledì
Apparecchio alla buona morte pp. 281 – 290
3 agosto
Giovedì
Colla morte finisce tutto pp.291 – 299
4 agosto
Venerdì
Incertezza dell’ora della morte pp. 300 – 308
5 agosto
Sabato
Sentimenti d’un moribondo, che poco ha pensato alla morte pp.309 – 317
6 agosto
Domenica
Mezzi per prepararsi alla morte pp. 318 – 326
7 agosto
Lunedì
Fahmi, vittima innocente a Gerusalemme pp. 327 – 335
8 agosto
Martedì
Incontro con Fahmi pp. 336 – 344
9 agosto
Mercoledì
– Uri Grossman e la morte di un soldato israeliano in Libano
– Rami, il prezzo di una Bibbia nella Striscia di Gaza
pp. 345 – 353
10 agosto
Giovedì
Padre Paolo Dall’Oglio: “Sognate la Siria libera” pp. 354 – 362
11 agosto
Venerdì
Il martirio di Padre Jacques Hamel pp. 363 – 366

 

 
 

 

QUI POTETE SCARICARE LA CIRCOLARE DI PARTENZA DATATA 26 LUGLIO 2017

È con grande piacere che apriamo questa pagina web dedicata al pellegrinaggio della nostra Associazione in Terra Santa e Giordania. In onore alla nostra cara Santina abbiamo deciso di intitolare questa iniziativa “Roccia del mio cuore è Dio”. Il pellegrinaggio è aperto a tutti, quindi invitate amici e conoscenti! Le date sono dall’11 al 19 Agosto 2017. Nel seguente video troverete delle immagini bellissime. Sono state donate a noi gentilmente dal National Geographic e sono girate con droni e a 3D. Vi consiglio di prendere un’ora tranquilla e di seguirlo con molta attenzione. Attenzione degli occhi. Le spiegazioni in inglese potrebbero essere anche ignorate, ma le immagini no. Se non conoscete la lingua inglese, abbassate audio, mettete una buona musica e godetevi le spettacolari immagini. Poi continuate nella lettura del programma. Buona visione! Mentre attendiamo le dispense definitive chi volesse dare un’occhiata può vedere qua

Cristina e Pierandrea

 

 

PROGRAMMA GIORDANIA E TERRA SANTA
AMICI DI SANTINA ZUCCHINELLI ONLUS
11-19 AGOSTO 2017
in data 24 luglio 2017

צוּר-לְבָבִי וְחֶלְקִי-אֱלֹהִים לְעוֹלָם.
(Salmo 72/73)

GIORNO MATTINO POMERIGGIO FRASE GUIDA
SALMO 72-73
IN EBRAICO
GIOVEDI’
10 agosto     VENERDÌ
11 agosto 
Ore 19,00 Santa Messa inizio pellegrinaggio Villa Maria Assunta, Via Aurelia Antica 284 Roma
Cena insieme
Ore 11,00 Ritrovo in aeroporto di Roma Fiumicino
Volo Royal Jordanian
ROMA-AMMAN
Ore 14.10-18.40
Ore 21.00 cena e pernottamento in albergo ad AMMAN
BREVE INTRODUZIONE VIAGGIO 
PRIMO INCONTRO COMUNITARIO 
 

Tu mi
hai preso
per la mano destra 

  אָחַזְתָּ, בְּיַד-יְמִינִי.
SABATO
12 agosto
Ore 5.30 Sveglia
Ore 6.00 Colazione
Ore 6.30 partenza per Madaba e Monte Nebo
Ore 9.30 Partenza per Wadi Rum
Ore 12.30 Pranzo a Wadi Rum
Ore 14,00 Visita di Wadi Rum: la valle della luna e celebrazione eucaristica e ORA DI SILENZIO tempo per Confessioni
Ore 19,00 Arrivo a Petra cena e pernottamento in albergo a PETRA
Fuori di Te nulla bramo sulla terra

GIOSUE’

יגאַךְ-רִיק, זִכִּיתִי לְבָבִי;  וָאֶרְחַץ בְּנִקָּיוֹן
כַּפָּי
ידוָאֱהִי נָגוּעַ, כָּל-הַיּוֹם;  וְתוֹכַחְתִּי, לַבְּקָרִים..
DOMENICA
13 agosto
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Visita del sito archeologico di Petra
Ore 13.00 Pranzo
– Ore 14.30 Partenza per Amman
– Ore 17.30 VISITA AL AMMAN REFUGEE NEW CAMP. Celebrazione eucaristica pernottamento nel campo per alcuni volontari. 
– Ore 20.30 Cena in albergo e pernottamento ad AMMAN
Quanto è buono
Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!     MOSE’ 
אַךְ טוֹב, לְיִשְׂרָאֵל אֱלֹהִים–  לְבָרֵי לֵבָב
LUNEDÌ
14 agosto
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Partenza per Jerash
Ore 9.00 Visita di Jerash, pranzo
Passaggio della frontiera ingresso in Israele
Ore 15.00 Cafarnao. Celebrazione Eucaristica Visita del sito archeologico (Prima lezione: la casa Pietro 60 minuti)
Ore 17.30 Visita Tabga, Monte Beatitudini e Domus Galilaeae .
Ore 20.30 Cena a NAZARETH
SECONDO INCONTRO COMUNITARIO
Roccia del mio cuore è Dio

 

PIETRO

 צוּר-לְבָבִי וְחֶלְקִי–אֱלֹהִים לְעוֹלָם.
MARTEDÌ
15 agosto
SOLENNITA’ ASSUNTA
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Partenza per Monte Tabor visita Santuario Trasfigurazione. Sosta a Cana e rinnovo promesse matrimoniali
Pranzo
– Ore 14.00 Visita Santuario Annunciazione, casa di San Giuseppe, Museo giudeo-cristiano (seconda Lezione Kairè Maria e il culto giudeocristiano)
Ore 16.00 santa Messa della Solennità dell’Assunta
– Ore 18.00 Ora di silenzio e preghiera personale
– Ore 21.00 Cena e pernottamento a NAZARETH
Ma io sono con te sempre

 

MARIA

כגוַאֲנִי תָמִיד עִמָּךְ
MERCOLEDÌ
16 agosto
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Partenza per la Giudea attraversando la Samaria, valle del Giordano, Mar Morto
Ore 10.00 Qasr el Yahud: il luogo del rinnovo delle promesse battesimali
Ore 12.30 Kibbuz di Kalia BAGNO NEL MAR MORTO e pranzo
– Ore 15.00 Visita di Qumran e rovine del Monastero degli Esseni (Terza lezione: il rotolo di Isaia)
Ore 17.00 si prosegue per Gerico Messa nella parrocchia del Buon Pastore e Tel el Sultan
– Ore 18.30 Partenza per Gerusalemme
– Cena e pernottamento al CHRISTMAS HOTEL DI GERUSALEMME
Per narrare tutte le tue opere presso le porte della città di Sion

 

GIOVANNI BATTISTA

 לְסַפֵּר, כָּל-מַלְאֲכוֹתֶיךָ.
GIOVEDÌ
17 agosto
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Partenza per Monte degli Ulivi: Cappella Ascensione, visita panoramica, Dominus Flevit, Basilica dell’Agonia
Ore 12.30: Pranzo Notre Dame
Ore 14.00 Visita alla Quarta Stazione tomba di Santina
Ore 15.00 Via Crucis  e ingresso al Santo Sepolcro
Ore 18,00 celebrazione eucaristica (Quarta lezione: l’edicola dell’Anastasis)
Ore 20,30 CENA SULLA TERRAZZA DELLA CASA DI DON GIGI MOMENTO DI FESTA INCONTRO CON FAHMIPernottamento al CHRISTMAS HOTEL DI GERUSALEMME
Riflettevo per
comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
finché non entrai nel santuario di Dio     MARIA MADDALENA
טזוָאֲחַשְּׁבָה, לָדַעַת זֹאת;  עָמָל היא (הוּא) בְעֵינָי.
יזעַד-אָבוֹא, אֶל-מִקְדְּשֵׁי-אֵל;  אָבִינָה, לְאַחֲרִיתָם.
VENERDÌ
18 agosto
Ore 6.30 Sveglia
Ore 7.00 Colazione
Ore 7.30 Partenza Betlemme:
Ore 8.30: Visita al Santuario della natività (Quinta lezione: la Basilica Costantiniana)
Ore 10.00 celebrazione eucaristica e proseguimento Campo dei Pastori
Ore 12.30 Pranzo a Betlemme e rientro a Gerusalemme
Ore 15.00 Gerusalemme: Monte Sion, il Cenacolo, chiesa della Dormizione, san Pietro in Gallicantu,  visita quartiere ebraico e Muro del Pianto
– 18.30 Vespro alla Quarta Stazione
Ore 20,00 Cena in albergo e pernottamento al CHRISTMAS HOTEL DI GERUSALEMME
TERZO INCONTRO COMUNITARIO
CONCLUSIONE I FRUTTI DEL VIAGGIO
Il mio bene
è stare
vicino a Dio     I PASTORI
כחוַאֲנִי, קִרְבַת אֱלֹהִים–  לִי-טוֹב:
SABATO
19 Sabato
Volo Volo Royal Jordanian
TEL AVIV-AMMAN
Ore 08.30-09.15
Volo Volo Royal Jordanian
AMMAN-ROMA
Ore 10.50-13.40.
Trasferimento in pullman a Roma in Via di Torre Rossa n. 80 Suore Francescane della Trasfigurazione
Ore 17,00 Celebrazione Eucaristica e conclusione del pellegrinaggio  alla Tomba di Pietro
Nel Signore Dio ho posto il mio rifugio

 

PIETRO

שַׁתִּי, בַּאדֹנָי יְהוִה מַחְסִי

PROGRAMMA ELABORATO DOPO IL SOPRALLUOGO DEL 21-23 LUGLIO 2017

 

 
 

IL TESTO ORIGINALE DEL SALMO 73

אמִזְמוֹר, לְאָסָף:
אַךְ טוֹב, לְיִשְׂרָאֵל אֱלֹהִים–  לְבָרֵי לֵבָב.
1 A Psalm of Asaph. {N}
Surely God is good to Israel, even to such as are pure in heart.
בוַאֲנִי–כִּמְעַט, נטוי (נָטָיוּ) רַגְלָי;  כְּאַיִן, שפכה (שֻׁפְּכוּ) אֲשֻׁרָי. 2 But as for me, my feet were almost gone; my steps had well nigh slipped.
גכִּי-קִנֵּאתִי, בַּהוֹלְלִים;  שְׁלוֹם רְשָׁעִים אֶרְאֶה. 3 For I was envious at the arrogant, when I saw the prosperity of the wicked.
דכִּי אֵין חַרְצֻבּוֹת לְמוֹתָם;  וּבָרִיא אוּלָם. 4 For there are no pangs at their death, and their body is sound.
הבַּעֲמַל אֱנוֹשׁ אֵינֵמוֹ;  וְעִם-אָדָם, לֹא יְנֻגָּעוּ. 5 In the trouble of man they are not; neither are they plagued like men.
ולָכֵן, עֲנָקַתְמוֹ גַאֲוָה;  יַעֲטָף-שִׁית, חָמָס לָמוֹ. 6 Therefore pride is as a chain about their neck; violence covereth them as a garment.
זיָצָא, מֵחֵלֶב עֵינֵמוֹ;  עָבְרוּ, מַשְׂכִּיּוֹת לֵבָב. 7 Their eyes stand forth from fatness; they are gone beyond the imaginations of their heart.
חיָמִיקוּ, וִידַבְּרוּ בְרָע עֹשֶׁק;  מִמָּרוֹם יְדַבֵּרוּ. 8 They scoff, and in wickedness utter oppression; they speak as if there were none on high.
טשַׁתּוּ בַשָּׁמַיִם פִּיהֶם;  וּלְשׁוֹנָם, תִּהֲלַךְ בָּאָרֶץ. 9 They have set their mouth against the heavens, and their tongue walketh through the earth.
ילָכֵן, ישיב (יָשׁוּב) עַמּוֹ הֲלֹם;  וּמֵי מָלֵא, יִמָּצוּ לָמוֹ. 10 Therefore His people return hither; and waters of fullness are drained out by them.
יאוְאָמְרוּ, אֵיכָה יָדַע-אֵל;  וְיֵשׁ דֵּעָה בְעֶלְיוֹן. 11 And they say: ‘How doth God know? And is there knowledge in the Most High?’
יבהִנֵּה-אֵלֶּה רְשָׁעִים;  וְשַׁלְוֵי עוֹלָם, הִשְׂגּוּ-חָיִל. 12 Behold, such are the wicked; and they that are always at ease increase riches.
יגאַךְ-רִיק, זִכִּיתִי לְבָבִי;  וָאֶרְחַץ בְּנִקָּיוֹן כַּפָּי. 13 Surely in vain have I cleansed my heart, and washed my hands in innocency;
ידוָאֱהִי נָגוּעַ, כָּל-הַיּוֹם;  וְתוֹכַחְתִּי, לַבְּקָרִים. 14 For all the day have I been plagued, and my chastisement came every morning.
טואִם-אָמַרְתִּי, אֲסַפְּרָה כְמוֹ;  הִנֵּה דוֹר בָּנֶיךָ בָגָדְתִּי. 15 If I had said: ‘I will speak thus’, behold, I had been faithless to the generation of Thy children.
טזוָאֲחַשְּׁבָה, לָדַעַת זֹאת;  עָמָל היא (הוּא) בְעֵינָי. 16 And when I pondered how I might know this, it was wearisome in mine eyes;
יזעַד-אָבוֹא, אֶל-מִקְדְּשֵׁי-אֵל;  אָבִינָה, לְאַחֲרִיתָם. 17 Until I entered into the sanctuary of God, and considered their end.
יחאַךְ בַּחֲלָקוֹת, תָּשִׁית לָמוֹ;  הִפַּלְתָּם, לְמַשּׁוּאוֹת. 18 Surely Thou settest them in slippery places; Thou hurlest them down to utter ruin.
יטאֵיךְ הָיוּ לְשַׁמָּה כְרָגַע;  סָפוּ תַמּוּ, מִן-בַּלָּהוֹת. 19 How are they become a desolation in a moment! They are wholly consumed by terrors.
ככַּחֲלוֹם מֵהָקִיץ–  אֲדֹנָי, בָּעִיר צַלְמָם תִּבְזֶה. 20 As a dream when one awaketh, so, O Lord, when Thou arousest Thyself, Thou wilt despise their semblance.
כאכִּי, יִתְחַמֵּץ לְבָבִי;  וְכִלְיוֹתַי, אֶשְׁתּוֹנָן. 21 For my heart was in a ferment, and I was pricked in my reins.
כבוַאֲנִי-בַעַר, וְלֹא אֵדָע;  בְּהֵמוֹת, הָיִיתִי עִמָּךְ. 22 But I was brutish, and ignorant; I was as a beast before Thee.
כגוַאֲנִי תָמִיד עִמָּךְ;  אָחַזְתָּ, בְּיַד-יְמִינִי. 23 Nevertheless I am continually with Thee; Thou holdest my right hand.
כדבַּעֲצָתְךָ תַנְחֵנִי;  וְאַחַר, כָּבוֹד תִּקָּחֵנִי. 24 Thou wilt guide me with Thy counsel, and afterward receive me with glory.
כהמִי-לִי בַשָּׁמָיִם;  וְעִמְּךָ, לֹא-חָפַצְתִּי בָאָרֶץ. 25 Whom have I in heaven but Thee? And beside Thee I desire none upon earth.
כוכָּלָה שְׁאֵרִי, וּלְבָבִי:  צוּר-לְבָבִי וְחֶלְקִי–אֱלֹהִים לְעוֹלָם. 26 My flesh and my heart faileth; but God is the rock of my heart and my portion for ever.
כזכִּי-הִנֵּה רְחֵקֶיךָ יֹאבֵדוּ;  הִצְמַתָּה, כָּל-זוֹנֶה מִמֶּךָּ. 27 For, lo, they that go far from Thee shall perish; Thou dost destroy all them that go astray from Thee.
כחוַאֲנִי, קִרְבַת אֱלֹהִים–  לִי-טוֹב:
שַׁתִּי, בַּאדֹנָי יְהוִה מַחְסִי;  לְסַפֵּר, כָּל-מַלְאֲכוֹתֶיךָ.
28 But as for me, the nearness of God is my good; {N}
I have made the Lord GOD my refuge, that I may tell of all Thy works. {P}

 

 IL TESTO IN ITALIANO

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!

Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

Non c’è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
Non conoscono l’affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

Dell’orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
Esce l’iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.

Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall’alto con prepotenza.
Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.

Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
Dicono: «Come può saperlo Dio?
C’è forse conoscenza nell’Altissimo?».
Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.

Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell’innocenza le mie mani,
poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

Se avessi detto: «Parlerò come loro»,
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.

Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

Quando si agitava il mio cuore
e nell’intimo mi tormentavo,
io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.

Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.

Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.

LA MEDITAZIONE DEL CARD, MARTINI A GERUSALEMME
Il salmo 72-73 esprime un momento particolare nella vita del cristiano, parla del momento della tentazione, personale, sociale e storica dell’uomo. La tentazione dell’uomo che sperimenta l’apparente assenza di Dio nella storia. Rappresenta quindi una particolare esperienza, non l’intera esperienza dell’uomo. Spesso noi facciamo, grazie a Dio, l’esperienza della pienezza della presenza di Dio, ma vengono anche momenti personali e comunitari nei quali facciamo l’esperienza dell’assenza, dell’apparente assenza di Dio: Mio Dio, ti chiamo e tu non rispondi, grido a te giorno e notte, e non sento la tua voce. Il salmo nasce da una esperienza così; pur avendo un carattere, un tono meditativo, è un salmo che nasce da una profonda sofferenza, da un dolore che a un certo momento si esprime, quasi scoppia; e poi, come vedremo, è questo scoppiare di dolore che si tramuta in contemplazione del mistero di Dio. È quindi un’esperienza religiosa molto grande, molto forte.


Un’esperienza ai limiti dell’abbandono
Da che cosa nasce questo salmo? Nasce da un cuore credente, certamente; chi parla in questo salmo è un uomo credente, è un uomo che si è affidato a Dio, che si è fidato di Dio,che ha messo in Dio la sua vita. E questo credente a un tratto si sente come ferito, quasi tradito nella sua fiducia. Perché? Perché altri (persone, singoli, gruppi, nazioni, popoli) che non hanno seguito l’esperienza del credente – nazioni che non hanno consegnato se stesse nelle mani di Dio come Israele, nazioni che hanno confidato in sé, nella propria forza – sembrano prevalere? Anzi, il loro strapotere politico schiaccia il minuscolo popolo di Israele, così come i prepotenti – coloro che agiscono e operano senza scrupoli – sembrano schiacciare il credente che si è affidato a Dio e ha agito con onestà. Quando questa esperienza diventa bruciante – in alcuni casi concreti, personali o collettivi – allora il credente è ferito, amareggiato, deluso. Deluso per i confronti che fa tra coloro che non si sono affidati a Dio – come lui – e sembrano pieni di sicurezza, ed il suo fidarsi di Dio, che sembra avere come risultato una delusione. È un’esperienza amara, dolorosa, che Dio non risparmia a coloro che ama. E qui già dovremmo trarre un insegnamento importante: non stupiamoci se anche noi passiamo per quest’esperienza, perché è l’esperienza del popolo di Dio, l’esperienza del credente che ha composto questo salmo. E dietro di lui intravediamo altri grandi credenti nell’Antico Testamento che sono passati per la stessa esperienza. II profeta Geremia diceva: «Signore, sei per me come un torrente incostante: quando mi attendo l’acqua – di cui ho bisogno – il torrente mi appare disseccato; non mi sei venuto incontro nel momento opportuno, non hai ascoltato le mie parole». E Giobbe va ancora più in là, fino a maledire il giorno della sua nascita, perché Dio lo ha messo come in una trappola dalla quale non vede come uscire.È un’esperienza religiosa, sì, ma diremmo quasi ai limiti della perdita di fede, ai limiti dell’abbandono di Dio.

 


L’esperienza di chi rischia fino in fondo
E’ interessante cogliere come la Scrittura non ha paura di queste esperienze; anzi, ce le presenta, le riporta, le registra, perché sono esperienze di chi veramente cammina nell’amicizia con Dio, di chi ha rischiato tutto. È chiaro che chi non rischia molto non vive queste esperienze; sono le esperienze di chi gioca la propria vita. Spesso i santi, addirittura i contemplativi, vivono al limite queste esperienze, perché hanno rischiato davvero tutto. Se noi leggiamo alcune frasi di santa Teresa di Gesù Bambino negli ultimi mesi della sua vita (quando era straziata dalla malattia; quando non riusciva quasi più a reggere, pur con quella sua volontà ferrea; oppure quando, ragazza giovanissima, aveva perduto la capacità di controllare, come sempre aveva fatto, la propria fantasia, le proprie parole) vediamo che escono da lei alcune parole che sono simili a quelle di questo salmo, e che del resto sono simili alle parole di Gesù: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Questa esperienza drammatica è l’esperienza del Figlio di Dio; è l’esperienza di chi ama fino in fondo, di chi rischia fino in fondo, e quindi di chi assapora il gusto della prova. Non è l’esperienza di chi cammina sulle vie piane, facili, di chi non rischia nulla, ma l’esperienza di chi ama molto. Questo salmo nasce da un grandissimo amore, e proprio per questo esprime con molta libertà la propria sofferenza. Ci sembra strano, ma non viene chiusa la bocca di chi si lamenta così; anzi, il lamento viene portato avanti con amarezza. Questo uomo confronta la propria vita con quella di altri e dice: «Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi», cioè sono stato a un pelo dalla disperazione. Anche san Paolo ha espressioni come questa nella seconda lettera ai Corinzi. All’inizio dice: «Ho sentito su di me l’angoscia della morte». E questo confronto che il credente fa tra sé e coloro che invece, pur non avendo fede, «hanno fortuna», viene portato avanti con una descrizione molto calcata: questi uomini, queste potenze mondane hanno tutto, senza nessuna preoccupazione, si sentono quasi esenti dalle sofferenze e dai timori, pieni di orgoglio e di violenza. Sembra la descrizione di certe violenze politiche di cui il mondo ci dà l’esempio, violenze che sembrano ostentare una assoluta sicurezza; «Scherniscono, parlano con malizia, minacciano dall’alto con prepotenza». E a un certo punto nasce in questa esperienza di autosufficienza perfino un’espressione pratica di ateismo: «Come può saperlo Dio, c’è forse conoscenza nell’Altissimo?». Dio sembra non curarsi di queste cose.

L’amarezza si scioglie
La tentazione viene qui espressa in tutta la sua crudezza, quasi fino al limite della tollerabilità. Colui che prega, dopo essersi guardato intorno, guarda ancora in se stesso e si vede come abbandonato nell’amarezza tutto il giorno: «…la mia pena si rinnova ogni mattina». Quando la giornata inizia io guardo avanti a me e dico: anche questa sarà una giornata senza sole. Allora si è portati a concludere come Giobbe dopo la lunga riflessione che percorre tutto il libro: non capisco! «Riflettevo per comprendere, ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio». Questa sofferenza, questo dolore è macerato nel cuore di una persona che, nonostante tutto, è rimasta legata a Dio: Non posso lasciare il numero dei tuoi figli; non capisco niente, non vedo niente, ma sono legato a te! È l’esperienza del buio, della desolazione, nella quale non si vede nulla, ma si dice: Signore, non ci capisco niente ma sono legato a te, tu non mi abbandonerai. E questa esperienza viene premiata: «Entrai nel santuario di Dio». Che cosa avviene dunque in quest’uomo che ha rimeditato dentro di sé questi pensieri? A un certo momento decide; o meglio, gli viene data la grazia, il dono di non guardarsi più intorno come se fosse lui solo il giudice delle cose, ma di mettersi dalla parte di Dio, entrare nel santuario di Dio, vedere le cose come Dio le vede, lasciarsi portar via dalla propria visione limitata delle cose, ed entrare in quella di Dio stesso. È il salto, il passaggio, il momento culminante nel quale l’amarezza può sciogliersi e diventare accettazione tranquilla di una realtà che si vede in maniera completamente diversa.

Scoprire che Dio è amico
Il cambiamento avviene in due momenti che sono indicati nella seconda parte del salmo. Prima di tutto attraverso un momento di presa di coscienza, diciamo così, di saggezza storica. Quest’uomo, mettendosi dalla parte di Dio, cioè guardando la storia a partire dal giudizio di Dio – che è l’unico definitivo, il vero giudizio sulla realtà – capisce che tutto ciò è solo apparentemente solido; è tronfio, pieno di sé, capace di farsi violenza e giustizia da sé, ma non dura, non permane. Mi viene in mente la risposta che Giovanni Paolo II ha dato ai giornalisti, che gli chiedevano della situazione della sua patria: «Sono 400 anni che c’è il Santuario della Madonna di Czestochowa, e sempre resiste; altre cose non hanno resistito». Ecco, mettersi dalla parte di Dio è vedere le cose come Dio le vede, quindi coltivando il senso del tempo e della realtà come Dio lo sente nella pienezza del suo mistero: Come un sogno al risveglio, Signore, quando sorgi, fai svanire la loro immagine. Li poni in luoghi scivolosi, li fai precipitare in rovina, come sono distrutti in un istante! Questa è la saggezza storica che l’uomo acquista mettendosi dalla parte di Dio; ma è ancora poco, perché potrebbe essere una saggezza storica che fa giungere chi soffre semplicemente a una certa tranquillità, a un certo equilibrio interiore. La preghiera ci porta molto, molto più in là. Mettendosi dalla parte di Dio, il credente scopre che ha un tesoro superiore ad ogni altra cosa: Dio è con lui, Dio gli è amico. Questo salmo descrive, negli ultimi versi, nella maniera più tenera l’amicizia personale dell’uomo con Dio. Una realtà che l’uomo da solo non è stato capace di conoscere e che qui gli viene rivelata: «Io sono con te sempre». È la parola detta dal padre al figlio maggiore nella parabola del figlio prodigo: Ma tu sei sempre con me; se tu capissi che cosa vuol dire questo, tutto il resto varrebbe così poco. E dopo la rivelazione: «Ma io sono con te sempre», c’è una descrizione dell’amicizia con Dio che è splendida, in questo momento in cui Dio non si è ancora manifestato con il volto di Gesù, con il volto amico, ma rimane nel mistero. Questo uomo ispirato ha colto Dio come persona amica: «Mi hai preso per la mano destra, mi guiderai con il tuo consiglio, mi accoglierai nella gloria». Tre momenti attraverso i quali è vissuta questa amicizia con Dio che scioglie ogni problema. La soluzione di ciò che quest’uomo soffriva interiormente, di ciò che gli pesava, non viene da un ragionamento, ma dal fatto di sentirsi profondamente amato, sommamente amato. È quella meraviglia di cui parla Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis: «La meraviglia dell’uomo che si scopre sommamente amato da Dio, e quando ha capito questo interiormente, allora tutta la sua visione del mondo gli si riordina in maniera diversa, in una luce positiva». «Mi hai preso per mano… mi guiderai… mi accoglierai», cioè, il mio presente e il mio futuro sono nelle tue mani. E allora l’esclamazione di amore: «Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra». Sono tra le parole più alte dell’amore. Si possono paragonare alle parole di Pietro quando, interrogato da Gesù: «Volete andarvene anche voi?», dice: «Signore, dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6, 67s). E già centinaia di anni prima questo credente ignoto diceva: «Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra». «Vengono meno la mia carne e il mio cuore», cioè la mia vita può abbandonarmi, posso essere vicino alla morte, «ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre». Pare di sentire la parola dei santi, di san Francesco d’Assisi che ripeteva nella sua estasi: «Mio Dio e mio tutto» «La roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre… Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore ho posto il mio rifugio».

Tutto ha compimento in Cristo
Il salmo, termina dunque con una contemplazione, anzi con una immersione nel Dio buono e misericordioso. È l’esperienza nella quale soltanto l’uomo acquista il senso di fede capace di unificare la vita. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell’udienza ai vescovi lombardi del 15 aprile 1981, ha affermato che il dovere del vescovo è uno solo, quello di testimoniare, di proclamare quella fede nella quale l’uomo trova il significato di tutta l’esistenza, di tutte le realtà che lo circondano, cogliere questo significato è difficile. All’inizio del salmo noi vediamo un uomo che cerca di capirlo, e tutto appare oscuro, anzi ingiusto; e sente in questa visuale addirittura l’assenza di Dio. Ma quando quest’uomo riesce a entrare nel mistero della misericordia di Dio, che è il mistero nel quale si racchiude tutta la storia della salvezza, la parola definitiva di tutta la Scrittura e la sintesi del mistero eucaristico: quando l’uomo è entrato nel cuore della Bibbia, nel cuore dell’Eucaristia – che è Dio misericordioso vicino a noi, vicino a me – allora la sua visuale si riordina, tutte le altre cose assumono un significato, un senso luminoso.Non c’è più niente che sia senza senso, tutto ha una direzione, tutto ha un significato per chi si è posto nel luogo giusto di osservazione che è, potremmo dire, il cuore stesso di Dio, il cuore di Cristo; a partire dal quale tutta la realtà assume la sua fisionomia giusta, e può essere colta e vissuta con impegno; perché sappiamo esattamente che nulla ci può mancare se siamo nel cuore di Cristo, se attraverso l’Eucaristia noi abbiamo colto il centro di tutta l’esperienza della comunità e di tutta l’esperienza della storia. Questo salmo termina allora con una visuale che è quella del Nuovo Testamento, del Cristo morto e risorto nel quale noi entriamo.Siamo in Cristo, in Cristo ci viene manifestato il mistero di Dio; e nel mistero di Dio, la vita, la morte, tutte le vicende nelle quali siamo coinvolti, tutto ciò che riesce nella nostra vita e tutto ciò che non riesce, tutto ha un significato e tutto ha il suo compimento in Cristo, perché con lui siamo sempre.

Come pregare questo salmo
Ci chiediamo come pregare questo salmo. Possiamo pregarlo vivendo alcune delle esperienze a cui il salmo fa riferimento. Prima di tutto le esperienze personali. Possiamo chiederci: nelle prove della vita sento fortemente che Cristo è con me, che non mi abbandona? Sono disposto ad accogliere questa parola: Cristo è con me sempre; nulla mi potrà separare da lui, né la morte, né la vita, come dice san Paolo; nessuna potenza, nessun strapotere mi separerà dall’amore di Dio che è in Gesù Cristo nostro Signore. E poi potremo pregare questo salmo mettendoci nella situazione della Chiesa sofferente, della Chiesa perseguitata, della Chiesa conculcata, disprezzata, che trova in Dio la sua forza. Potremo pregare questo salmo come cittadini del mondo, esprimendo l’adesione di ogni uomo al Dio che salva, la fiducia in lui solo, la certezza che egli non verrà mai meno. Infine, domandiamoci: in che maniera nella mia giornata esprimo questa certezza? Le mie azioni, le mie parole, sono come dice il salmo? «Se avessi detto: Parlerò come loro, avrei tradito la generazione dei tuoi figli». Le mie azioni, le mie parole esprimono la fiducia in me soltanto, nella mia potenza, nel potere del mio diritto, della mia forza, della mia violenza, oppure esprimono la certezza che Dio è con me, che Dio è con la sua Chiesa, che Dio è con coloro che a lui si affidano? Preghiamo insieme perché ci sia dato di cogliere la misericordia di Dio come luogo di giudizio per noi e per il mondo.

 

 

Andiamo in Terra Santa non solo per incontrare le pietre che riguardano Gesù. ma anche la Sua Carne, che come dice Papa Francesco sono gli ultimi: come Fahmi e i beduini del deserto di Giuda…

DIO COME ROCCIA

Zúr come epiteto di Dio
Zur è diventato uno dei titoli con cui si designa abitualmente Dio; questo specialmente nell’inno di Dt 32: “Quanto alla roccia… è un Dio fedele e senza iniquità”; Egli è giusto e retto (v. 4); ma Jeshurun ha ricalcitrato e ha sprezzato la roccia della sua salvezza (v. 15); ha abbandonato la roccia che gli ha dato vita (v. 18); per questo sono stati dati in mano del nemico: altrimenti come potrebbe un solo nemico inseguirne mille e due metterne in fuga diecimila, se la roccia non li avesse venduti? Poiché la roccia loro non è come la nostra roccia (vv. 30.31a). Però Jahweh avrà pietà dei suoi servi, sicché si dovrà dire: Ove sono i loro dèi, la roccia nella quale confidavano?” (v. 37). “Non v’è alcuno che sia santo come il Signore: non v’è roccia pari al Dio nostro” (1Sam 2,2) e chi è roccia fuor del nostro Dio? (2Sam 22,32 = Sal 18,31; Is 44,8). Il suo popolo confidi in Jahweh, poiché è la roccia dei secoli (Is 26,4) e ha stabilito questo suo popolo per esercitare i suoi giudizi: “O Jahweh, tu hai posto questo popolo / per esercitare i tuoi giudizi / Tu, o roccia, l’hai stabilito / per infliggere i tuoi castighi” (Ab 1,12). Quest’uso di Sur è frequente quando si deve sottolineare l’incomparabilità della divinità: “poiché la loro roccia non è come la nostra Roccia” (Dt 32,31; 1Sam 2,2; 2Sam 22,32 = Sal 18,32; Is 44,8). In tutti questi casi, però, sur non ha mai il senso mitico-cosmologico, come se indicasse la roccia dalla quale devono nascere gli dèi (per esempio Mitra che nasce da una pietra). Quando nel tardo-giudaismo si considera parallelo a sayyar, che significa modellatore e creatore, non s’intende che la Roccia abbia generato dei figli (Dt 32,18), come padre mitico, ma che Iddio ha fatto crescere Israele in quanto popolo suo eletto. In questo senso si deve prendere la frase sur israel. David dà a Jahweh tale titolo in quanto ha firmato con lui e con la sua casa un patto eterno, dandogli una salvezza completa (2Sam 23,3.5) e Isaia glielo darà perché libererà Israele dall’assiro (Is 30,29ss). Ma nell’AT non troviamo alcuna identificazione diretta di Jahweh con la roccia; nei LXX sur generalmente non è tradotto con petra, ma con vocaboli che riproducono il significato dell’immagine; anche nel NT Dio non è mai disegnato come roccia e a Qumran una sola volta (1QH 11,15).

Sela` come epiteto divino
Anche sela’ è usato come epiteto divino, spesso in parallelismo con sur. David, liberato da tutti i suoi nemici, canta: “Jahweh è mia rocca mia fortezza /mio scampo per me è il mio Dio / mia roccia (sur) in cui mi rifugio / mio scudo e mio corno di salvezza / mia roccia e mio scampo, mio salvatore. / Tu mi salvi dalla violenza” (2Sam 22,2.3). Con la stessa litania e con lo stesso parallelismo di sela ` e 115, Iddio è appellato nell’ode di vittoria che abbiamo nel Sal 18,1 Nel Sal 31,3b-4 abbiamo lo stesso parallelismo: “Sii per me rocca di scampo / come luogo fortificato per la mia salvezza / perché mia roccia (sur) e mia fortezza sei tu”. Nella lamentazione del prigioniero che si trova a nord-est della Palestina e che desidera ardentemente di ritornare nella Santa Sion è detto:
“O Dio mia roccia (con il lamed del vocativo), perché mi hai dimenticato?…
Invia la tua Luce e la tua Verità,
esse mi guidino e mi conducano
al Monte della tua santità,
al luogo delle tue dimore” (Sal 42,10; 43,3).
E lo stesso, il vecchio abbandonato da tutti, implora: “Sii per me una roccia di scampo rifugio inaccessibile per la mia salvezza.
Perché sei la mia rupe e la mia fortezza” (Sal 71,3).

 


Euro 400 donati dai pellegrini a Fahmi con la vendita dei libretti a lui dedicato
23 ottobre 2017

I vari sensi di Zur negli Inni
Soprattutto negli inni e nei canti individuali di ringraziamento, di fiducia e di lamento, il termine sur, roccia stabile e fissa, in senso traslato è immagine stereotipa dell’aiuto di Dio: per esempio, il Sal 18,47 loda il Signore come roccia benedetta, perché rappresenta il Dio del soccorso; nel Sal 62,3 è affermato che solo Dio è roccia di salvezza e di difesa, sicché l’individuo aiutato non vacillerà giammai; nel Sal 89,27, poema messianico, lo stesso Dio dirà che il Messia lo chiamerà padre, perché l’ha riconosciuto come roccia di salvezza, avendolo aiutato quando ha esteso i suoi confini dal mar Mediterraneo all’Eufrate; e David, in una liturgia di rendimento di grazie, invita il popolo intero a lodare Dio, Roccia della salvezza (Sal 95,1).Oltre che una roccia di aiuto, Dio è anche una roccia di protezione. Isaia, dando la ragione dell’invasione assira contro Efraim, dice:
“Perché hai dimenticato il Dio della tua salvezza,
e la Roccia della tua forza hai dimenticato;
invece ti sei fatto delle piacevoli piantagioni
e hai interrato germogli esotici.
Di giorno fai crescere ciò che hai piantato,
al mattino fai fiorire le tue piante:
ma la raccolta ti sfugge nel dì dell’angoscia,
del dolore disperato” (Is 17,10-11).
Dinanzi al timore di una morte degli empi, un fedele implora: “Verso te, o mia roccia (suri), io grido: / non sii sordo alla mia voce / il tuo silenzio mi renderebbe simile / a quelli che scendono nella fossa” (Sal 28, 1). E un giusto, crudelmente provato, pervenuto al punto della morte, scuote il suo Dio perché lo liberi:
“Affrettati a salvarmi, o Jahweh,
sii per me una roccia di sicurezza
un luogo fortificato per la mia salvezza,
perché mia roccia (sela) e mia fortezza sei tu” (Sal 31,3).
Considerando Dio come unico protettore, il Sal 62,2-3.6-7 esprime la sua assoluta confidenza con un ritornello uguale: “L’anima mia s’acquieta in Dio solo / perché la mia speranza viene da lui. / Egli solo è la Roccia, la mia salvezza / la mia fortezza: non vacillerò”. Un anonimo conclude questo tema con una supplica ardente di protezione: “Sii per me una roccia tutelare / un luogo forte dove possa trovare la salvezza / perché sei la mia rupe e la mia fortezza” (Sal 71,3). Ma Dio è anche una roccia di sicurezza. David, nell’apogeo del suo regno, eleva a Dio suo liberatore un solenne “Te Deum”, ormai sicuro dell’attuazione della profezia di Natan (v. 50), e perciò dei suoi destini e di quelli della sua progenie in perpetuo. E si rivolge a Dio con una litania di titoli:
“Io ti esalto, o Jahweh, mia forza,
mia roccia mia fortezza e mio rifugio,
mio Dio, mia roccia, in cui mi riparo,
mio scudo e mio corno di salvezza,
mio alto ricettacolo, degno di ogni lode…
Chi è mia roccia fuor del nostro Dio?” (Sal 18,2-3.32b).
Anche l’attitudine del salmista regale è quella di una sicurezza assoluta nel proprio Dio protettore (Sal 10,17-18; 12,8-9; 13,6; 60,14): “Jahweh per me s’è fatto un riparo / il mio Dio è roccia del mio rifugio” (Sal 94,22). Per lui Iddio resta un luogo inaccessibile, una fortezza inespugnabile (Sal 9,10; 18,3; 46,8; 48,4; 59,10.17.18; 62,3.7; 144,2), una roccia infrangibile (Sal 18,3; 31,3; 61,3), un rifugio assicurato (Sal 7,2; 11,1; 62,8; 71,7; 73,28; 91,2.9; 142,6); contro di cui mai nessun empio potrà avere il sopravvento. E’ veramente da benedirsi liturgicamente da parte del re e della sua dinastia davidica, Jahweh sua roccia, che gli ha addestrato le mani alla battaglia e alla guerra; Jahweh sua rocca, che gli è diventata scampo, scudo, sotto il quale si è potuto rifugiare (Sal 144,1.2). Ma la roccia è anche un mezzo di salvezza. Il redattore che ha combinato insieme l’inno delle creature (Sal 19,1-7A) con il canto di lode della legge (Sal 19,8-15B), ci vuol presentare Jahweh roccia stabile e go’el l garante, che prende nelle sue mani le sorti dell’uomo volubile e peccatore per assicurargli la salvezza. Come il mondo fisico non si illumina e non vive che a causa del sole, così l’anima dell’uomo non si espande e non raggiunge la pienezza di vita se non per mezzo della legge. Ma le inavvertenze umane e l’orgoglio accecano questa luce esterna e interiore dell’uomo, benché abbia la buona volontà (Sal 19,1214). Solo Dio, con la fermezza della roccia e la garanzia della redenzione, può rendere efficace e il sole e la legge:
“Siano grate al tuo cospetto le parole della mia bocca
e la meditazione del cuore mio,
o Jahweh mia roccia, e mio redentore” (Sal 19,14).
La grande lezione della misteriosa storia della salvezza è un altro mezzo d’assicurare la fedeltà a Dio delle nuove generazioni (Sal 78,56; Es 10,2; 12,26-27; 13,8-14; Dt 4,9; 6,20-25; 11,19; 26,5-10). Ma mentre Jahweh desidera di essere servito per amore, invece che per paura (Sal 81; Es 19,3-6; 24,3-8; Dt 4,3-14; 6; 7,6-15), di fatto è il castigo come rimedio (Dt 4,25-28; 8,19-20; 11,5-7; 28,15-68; 29,1928; Gdc 2,10-19) che spinge l’uomo inclinato al male a convertirsi: “O Jahweh, nella distretta ti hanno cercato, si sono effusi in umile preghiera, quando il castigo li colpiva” (Is 26,16). Solo allora si sono accorti che “Dio era la loro roccia / e che ‘El `Elyón era il loro redentore” (Sal 78,35).


Euro 1000 donati dai pellegrini ai nove profughi in Giordania con la vendita dei libretti a lui dedicato
23 ottobre 2017

Il senso di Zúr nell’Apocalisse di Isaia e nei Salmi
Finalmente la roccia denota la fedeltà di Dio alle promesse. Nell’apocalisse di Isaia (capp. 24-27), si parla della retribuzione negativa del mondo, ostile al governo divino, della punizione dei suoi superbi politici, e della distruzione della città e della fortezza ridotte a un mucchio di pietre (25,2). Nello stesso tempo si parla anche della retribuzione dei giusti, invitati a un convito sacro sul Monte di Sion (25,6-10), città potente, con mura e baluardo, nel paese di Giuda, abitata da una “nazione giusta che mantiene la fedeltà” (26,1-2). Paladino di speranza sarà Jahweh, roccia perpetua, “perché ha abbattuto / quanti abitavano in alto; / la città elevata / l’ha umiliata / l’ha umiliata fino a terra / l’ha gettata nella polvere. La calpestano i piedi / i piedi del misero / i passi dei poveri!” (vv. 4-6). Il Sal 92 sviluppa il tema della fedeltà di Dio nei riguardi del giusto (vv. 2-4). Venuto a conoscenza dei profondi pensieri di Dio, governatore del mondo (v. 6), il fedele scoppia di gioia, vedendo che gli arroganti che pretendono di gestire la propria esistenza da soli (Sal 37,1.2.7.9.20; 49,17-21; 73,18-20) saranno puniti: germogliano come erbe effimere, ma tosto seccano (Sal 37,35.36; 73,4-12; 90,5). Al contrario, il giusto è esaltato (Sal 75,5.6; 89,18; 148,14; 1Sam 2,1), unto (Sal 23,5; 45,8; 133,2), reso vigoroso e invincibile come un bufalo (Nm 23,22; Dt 33,17; Sal 22,22; Gb 39,9-12). All’opposto degli empi che si vedono appassire come erba, il giusto, trapiantato nei fertili giardini del tempio (Sal 52,8), succhierà l’umore divino, diventando una palma feconda di datteri e un vigoroso cedro, sempre verdi e fecondi fino alla vecchiaia, sicché possano raccontare l’indefettibile e duratura protezione di Dio, roccia a favore dei giusti (32,4). Parallelo idealmente al precedente è il Sal 73. Dinanzi all’enigma della prosperità degli empi, il giusto scandalizzato, per poco stava per inciampare nell’infedeltà: “Per poco non inciampavano i miei piedi / per un nulla vacillavano i miei passi: / infatti portavo invidia ai prepotenti, / vedendo la prosperità dei malvagi” (vv. 2-3). Tentazione sottile, insidiosa, quasi irresistibile, contro la retribuzione temporale (Sal 37,1; 49,6-7; Ger 12,1.2; Mal 2,17):
“Riempi, anche tu, il tuo ventre, o Gilgamesh;
notte e giorno renditi gioioso.
Fa festa ogni giorno,
giorno e notte sii allegro e contento!
Siano brillanti i tuoi vestiti,
lavata la tua testa…
La tua sposa goda sul tuo seno !
Consigli di Sabitu, all’eroe della Mesopotamia; l’eterno Carpe diem di Orazio!
Per fortuna, però, il nostro eroe dal cuore puro, dalle mani innocenti, entrò a meditare nei Santuari di Dio (in quello terrestre e in quello celeste, v. 17) e scoprì come, all’improvviso, sarebbero sdrucciolati e caduti in rovina (vv. 18.19). Mentre lui, preso per mano da Dio, sua roccia intima e sua porzione, sarebbe stato portato in gloria. Poiché Dio, nel giorno dell’avversità, nasconderà sempre il giusto nella sua tenda, nel luogo più segreto del suo padiglione, lo eleverà in alto sopra una roccia (Sal 27,5): lo farà, cioè, suo ospite, nella cittàrifugio per eccellenza (Es 21,13; 1Re 1,50-53; Sal 15,1; 61,4-5; Is 30,29).

La “Legge dell’Orientamento”
Concludendo questo tema di Jahweh-súr, sapendo che originariamente era legato con il nord, per la “Legge dell’Orientamento”, doveva trasferirsi verso il sud, verso Gerusalemme, verso il Monte del tempio, centro e ombelico della terra (Ez 16,4; Or. Syb. V,250; Giub. 8,19; 1 En 25-26)56, torre che veramente raggiunge i cieli (Or. Syb. V,423-424; 1 En 89,50), tratto di unione tra il tempio terrestre e quello celeste, che Dio mostrò ai patriarchi (Apoc. Bar. 4,1-6).

COMMENTO PATRISTICO

Il Sal 73 (72) può essere definito il soliloquio del giusto tentato, che, superata la prova, “confessa” (nel senso agostiniano del termine) l’adesione piena al suo Dio.
Già GREGORIO NISSENO, nota come “il Libro III dei Salmi si apra sulla domanda fondamentale: come mai la giustizia di Dio permette l’ingiustizia dei casi di questa vita, in cui la felicità non corrisponde al merito? Spesso uno stesso uomo riunisce in sé tutte le malvagità e tutti i successi. La giustizia ha pur sempre corso, ma è un fatto: il giusto ha una vita infelice e disgraziata. Come scegliere, allora, la via della virtù?”.
E CASSIODORO, a sua volta, si chiede: “Come mai i nemici di Dio possono riuscire in tutto, malgrado ardiscano levare la loro bocca fino al cielo?”. E mette sulle labbra del giusto questa confessione: “Sì, ero invidioso; era troppo duro vedere la tranquillità degli empi”.
Di fronte ad un Dio che sembra non vedere la situazione assurda di una sorte che premia i cattivi e castiga i buoni, colui che è rimasto fedele alla Legge è fortemente tentato d’apostasia pratica: “Ho quasi desiderato d’essere come gli empi” (ATANASIO). “È inutile servire Dio: che vantaggio riceveremo dall’aver osservato i suoi comandamenti?” (Ml 3,14). Questo travaglio interiore, ma anche la sua felice conclusione, trova voce attraverso la penna di EUSEBIO: “A che pro penare tanto? Lo pensavo ma non lo dicevo: se l’avessi detto ad alta voce, sarei stato colpevole di dare ad altri una cattiva dottrina. Avrei violato il patto della stirpe dei tuoi figli, poiché avrei adulterato l’insegnamento di tutti i santi di Dio. E se avessi insistito oltre misura per penetrare il mistero della felicità degli empi, non sarei approdato a nulla, e sarei caduto nel dubbio e nello sconforto. Ho visto che la cosa è incomprensibile agli uomini; ho quindi pensato che era meglio tacere e attendere; e ciò durerà finché non entrerò nel santuario di Dio. Abbandonando tutto alle promesse di Dio, io ho la mia risposta, la mia guarigione, il mio acquietamento e la mia consolazione”. Tutto ha un perché, soprattutto nei progetti di Dio. Anche la sofferenza dei buoni ha la sua funzione provvidenziale. “Il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio” (Eb 12,5).“Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo” (Ap 3,19).Nonostante la sensazione, Dio non ci abbandona, soprattutto nei momenti di prova: “Tu mi hai preso per mano… come un padre amorevole che vede il figlio in procinto di sbagliar strada, tu mi hai preso per mano e mi hai ricondotto a casa” (TEODORETO). Ed ecco che la crisi si risolve, perché il giusto, guidato da Dio, capisce di aver rischiato davvero di passare dalla parte degli empi: “Poiché avevo zelo per Dio, ho avuto la grazia di ricevere l’illuminazione … ma prima ero come una bestia da soma che non sa nulla, perché non potevo capire le ragioni della tua divina provvidenza. E malgrado ciò, mio Dio, tu non mi hai abbandonato ed io non sono caduto dalla mia speranza in te, ma ero con te sempre, non per le mie forze, ma per la tua grazia, poiché nella tua clemenza hai afferrato la mia mano e l’hai stretta perché io non cada ma possa restare con te” ATANASIO. Superata la prova, si ha una vera esperienza mistica, una delle più alte presenti nell’AT:“Per me è bene aderire a Dio. L’anima percepisce che Dio è il Sommo Bene. Sentendo se stessa fragile, comprende che è bene per lei attaccarsi al Bene immutabile, e così partecipare alla sua bontà. E per quello che sfugge alla sua intelligenza, deve trasferire in Dio la sua speranza, finché l’occhio dell’intelligenza sia purificato: così l’anima è già beata, in realtà e in speranza. In realtà, perché conosce Dio; in speranza, perché dimora, grazie alla sua ancora sicurissima, sotto la protezione dell’Altissimo…      L’anima leale verso Dio non domanda al suo sposo null’altro che lui stesso: né ricchezze, né onori o piaceri, nulla di ciò che vi è in questo mondo, perché essa ama soltanto colui nel quale tutto possiede… Anima fedele a Dio, ancora dunque la tua speranza nel Signore, e se non puoi ancora essere unita a lui senza posa con la tua presenza, unisciti interamente con la tua speranza certa. Innalzati a lui, e il peso del tuo amore salga incessantemente a Dio come una fiamma. PASCASIO RADBERTO. Si potrebbe dire: “È valsa la pena!,” anche nel senso letterale dei termini. La pena, la sofferenza, ha avuto il suo corrispettivo insperato, ha avuto un grande valore agli occhi della Prima Causa di essa, agli occhi di Dio. Così sembra affermare la finale del libro di Giobbe:“Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te. Chi è colui che, senza aver scienza, può oscurare il tuo consiglio? Ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non comprendo… Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. Perciò mi ricredo e ne provo pentimento sopra polvere e cenere (Gb 42,2-3.5-6). Ora il salmista può gridare, non più per la rabbia ma per la gioia, la sua esperienza intima e reale: “Quanto a me, la vicinanza di Dio è il mio bene!”. In ebraico “li TOV”, che può tradursi anche: “È bello”, “è il massimo della perfezione”, “ è una gioia indicibile”, “è godermi la pienezza dello shalom (la pace e tutti gli altri doni messianici)”… Questa vicinanza, questa intimità, è “la parte migliore che non sarà tolta” a Maria di Betania e a tutti coloro che, come lei, si siedono ai piedi del Signore e ascoltano la sua parola (Lc 10, 38-42). Il salmo scaturisce dalla vita vissuta e vuole essere una poesia istruttiva con cui l’autore intende illuminare il cammino dei fedeli di Dio che si trovano in tentazioni simili alle sue. Nel v. 2 infatti il salmista confessa la forte tentazione contro la fede che lo ha assalito a causa della felicità degli empi. Nel descriverla rivivono le parole Geremia 5,26-28: “Tra il mio popolo vi sono malvagi che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini… Le loro case sono piene d’inganni; perciò diventano grandi e ricchi. Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la giustizia, non si curano della casa dell’orfano, non fanno giustizia ai poveri”. Il modo di fare di questi arricchiti suggestiona molta gente e quindi possono contare su una folta schiera di seguaci. Osservare un tale trionfo ha costituito per il salmista una lunga e grave tentazione, fino al momento in cui egli è entrato nel santuario di Dio e ha ottenuto la luce della conoscenza. Egli ha capito che la strada della trasgressione dell’Alleanza finisce in perdizione (cfr. Sal 1,6), mentre la strada della fedeltà all’Alleanza mantiene l’uomo nella sfera santa di Dio.
Una sintesi lapidaria di questo salmo è la sesta beatitudine: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).