Viaggi di Solidarietà

QUINTO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’: PERU’ E BOLIVIA 10-21 DICEMBRE 2014


SCARICA IL DIARIO E LA COPERTINA DEL DIARIO DEL QUINTO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’ DELLA NOSTRA ONLUS

REGALA UN SORRISO IN PERU’

DIARIO DEL QUINTO VIAGGIO DI SOLIDARIETA’ IN PERU’ E BOLIVIA
10-21 dicembre 2014

I.IL BARRIO DOVE VIVE OLINDA E LA SUA CASA A JULIACA SULL’ALTIPIANO DELLE ANDE A 3800 METRI
Come dice il nostro scrittore peruviano Hernán Huarache Mamani: Quando scrivo sono cosciente che un libro ha il potere di cambiare la vita a una persona o influenzare le sue azioni; la parola ha la capacità di imprimersi in una persona, fissare pensieri, idee, trasformarsi in sentimento fino a divenire esperienza di vita.
Per questo motivo una delle caratteristiche forti dell’esperienza con Santina dall’anno 2005 è quella di annotare meticolosamente ogni cosa che riguardava Lei ed oggi ogni cosa che Lei ancora insegna e con il viaggio in Perù Santina mi ha insegnato davvero tanto. Sono infatti convinto che la parola scritta ha la capacità di imprimersi in una persona, fissare pensieri, idee, trasformarsi in sentimento fino a divenire esperienza di vita. Con questo spirito mi accingo a scrivere queste pagine, nell’intento di far provare al mio lettore gli stessi sentimenti ed emozioni che io stesso ho provato sull’Altipiano delle Ande a contatto con la meravigliosa gente peruviana.
La sera del mio arrivo a Juliaca, mi sono impressionato. Josmell, mi saluta affettuosamente all’aeroporto, poi prendiamo un taxi ed entriamo in città. Il giovane dice al tassinaro: “Per favore ci porti sulla strada che va a Puno alla località Enace, Villa S. Roman davanti all’Universitad Andina, ischena Tienda Aida”. Lasciamo alle spalle le luci della città e giungiamo nei pressi dell’Università andina e a quel punto la nostra macchina gira a sinistra lasciando la strada asfaltata, e anche le luci che la illuminano, per un barrio nel quale non vi è illuminazione elettrica che illumini le strade. Mentre la macchina prosegue tra scossoni io mi interrogo su dove sia arrivato e quanta povertà esista in quella periferia disagiata. Mi preoccupo interiormente e mi dico: “se va male, qui non mi fermo a dormire e vado in un comodo albergo”, scaccio subito questo pensiero come un cattivo pensiero che getterebbe nell’umiliazione queste buone e semplici persone e così giuro a me stesso di adattarmi alla casa, qualunque essa sia. Nei giorni seguenti l’incontro con Juvenal Luis Cabrera Grados, Presidente dell’Urbanizacion Villa San Roman (Manzana, 33 Lote, 11-Enace-Taparachi-Juliaca-San Roman-Puno) verrò a capire bene in quale barrio vive la famiglia di Olinda.
Si tratta di una periferia dove ci sono circa 870 case nelle quali vivono circa 500 famiglie che si sentono abbandonate dalle autorità cittadine che non fanno nulla per il progresso e lo sviluppo di tale periferia che ancora oggi non ha un sistema di fogne e che per tutti questi problemi le persone abbandono le loro case e vanno a vivere in altri luoghi; ne consegue che nel barrio vi è una profonda povertà materiale e spirituale. I buoni abitanti del quartiere hanno costruito una piccola cappella nella quale vorrebbero radunarsi a pregare, ma non ci sono sacerdoti disponibili… Bene Olinda con molto coraggio e grande dignità ha deciso di ritornare ad abitare in questo luogo così povero e pieno di miseria a motivo della sua meravigliosa famiglia.
Il taxi si ferma all’angolo e sull’angolo vi è una Tienda, un piccolo supermercato tenuto dalla signora Aida. Josmell toglie la mia valigia rossa e facciamo alcuni passi per giungere alla porta di casa. Si tratta di una graziosa casetta a tre piani, che pure nella sua modestia si contraddistingue dalle altre che sono solo costruite sul piano terreno per la sua grande pulizia. Sembra che quella casa non appartenga a quel barrio. Si spalanca la porta e felice di vedermi esce Olinda, Hernan e Jofran. Che gioia e che felicità, incontrare per la prima volta Hernan, il marito di Olinda e Jofran il suo figlio più piccolo. Cinthia non c’è; si trova a La Paz e sta preparandosi per la cerimonia della consegna dei diplomi al termine della carriera universitaria. La casa è povera e modesta, ma pulita. Al piano terreno vi è la cucina che da su un piccolo orto interno che confina con le altre casette. Nell’orto vi è un rubinetto di acqua dal quale la donna attinge per lavare la biancheria che è stesa fuori. Seppure è estate in Perù siamo a 3800 metri ed il clima è estremamente secco pur molto freddo. La tavola è apparecchiata per una cenetta all’italiana: risotto al limone, scaloppine al vino bianco e un buon bicchiere di vino rosso. Mi renderò conto nei giorni seguenti che il vino non è bevanda comune ed è costosa, ma la buona donna ne ha voluto acquistare una bottiglia per festeggiare il mio arrivo e poi panettone e l’ottima frutta del Perù, qualità e quantità incredibile, dal mango ad altri frutti esotici: un trionfo di frutta. E per concludere? Un mate di coca: una tisana fatta con le foglie della coca. Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai pensato di trovarmi davanti ad un infuso di coca. Un piccolo imbarazzo e poi bevo lentamente questa bevanda, molto buona. Nei giorni seguenti, proverò anche l’usanza dei campesinos di masticare foglie di coca. E ne avrò proprio bisogno perché una incredibile stanchezza si è impossessata di me! Non me lo spiego faccio due gradini e mi sento stanchissimo. Hernan mi spiega: “Don gigi ti trovi a 3800 metri e ti devi abituare, domani potresti avere male di testa e tanta stanchezza, in questo il mate di coca ti aiuterà e ricordati di bere tanto!” Dopo la cena, stanco per il viaggio di due giorni con quattro interminabili passaggi aerei, vengo accompagnato al terzo piano che è completamente nuovo. Mentre salgo faticosamente le scale Josmell mi da delle spiegazioni: “ Monsignore devi sapere che questo terzo piano non era ancora finito fino ad ieri. La mamma quando ha saputo che tu arrivavi ha voluto concludere bene tutto per darti una stanza nuova e bella. Nella settimana passata ci siamo tanto impegnati tutti: è venuto il falegname per sistemare il pavimento in legno, il pittore per dipingere le pareti, i muratori per concludere alcuni lavori al bagno. Sai noi siamo molto fortunati perché a differenza delle altre persone abbiamo il bagno in casa, gli altri devono andare alle latrine comuni”. Nella penombra il giovane mi mostra dalla finestra sulla strada alcuni piccoli gabbiottini in lamiera o mattoni, Sono le latrine comuni alle quali la gente va, perché in casa non esistono servizi igienici. Olinda interrompe il figlio e continua: “Don gigi questa mattina ho chiamato tutti gli amici dell’università di Josmell a venire qui a casa. Sono arrivati molto presto, verso le cinque della mattina… hanno cominciato a lavorare, spostare tutte le cose che erano al terzo piano, a portare su il tuo letto e mobili, a pulire… Hanno finito verso mezzogiorno ed io ho offerto a loro una buona colazione con dolce e cioccolata! Ed ora la tua bella cameretta è pronta, preparata per te!” Guardo gli occhi di Hernan, di Jofran, Josmell e Olinda, sono tutti li a scrutare il mio giudizio… Io provo una forte commozione! Sono in un quartiere poverissimo e mi trattano come un re? Ma che formidabile ospitalità! Ma che bontà di animo: hanno trasformato in pochi giorni questa modesta casa in una graziosa villetta per l’arrivo mio dall’Italia! Nei giorni seguenti questa stessa sensazione me la daranno tutte le persone che mi incontreranno nel barrio, a Juliaca ed a Puno. “Sono tanto stanco, ma sono ancora più felice di essere qui con voi! Mai immaginavo di ricevere una accoglienza così grande… Sono commosso! Grazie!” Ed abbraccio tutti i componenti di quella semplice ma meravigliosa famiglia in cui si vede tanto amore. Olinda mi dice… “Ora dormi tranquillo, hai bisogno di riposare, bevi ancora una tazza di mate di coca e domani riposa fino a tardi, hai capito? Qui sei a casa tua…” “Grazie Olinda, buona notte a tutti voi” Chiudo la porta… ed  ascolto il silenzio, ed il vento nella notte stellata. Mi metto nel letto e scopro che le lenzuola sono nuove e vengono dall’Italia, due pesanti coperte di alpacha mi proteggereanno durante il lungo sonno di ben 11 ore! E’ la mia prima notte in Perù, sull’Altipiano delle Ande a 3800 metri; che incredibile sensazione… la Santina centra qualche cosa?

II. INCONTRO CON S.E. MONS. JORGE CARRION, VESCOVO DI PUNO

Vescovo di Puno

 

Il 13 dicembre, con un po’ di fatica per il mal de altura parto in combi con Josmell alla volta di Puno. Da Juliaca a Puno la distanza è di circa 50 chilometri e si deve percorrere un tratto di strada del Corredor Vial Interoceanico Sur Perù Brasil, una strada che sta assumendo una importanza sempre più grande perché quando sarà conclusa metterà in comunicazione l’Oceano Pacifico dalla parte peruviana con l’Oceano Atlantico dalla parte del Brasile e diventerà una strada molto importante nel trasporto delle merci. Siamo a 3800 metri e non mi sono ancora abituato all’altezza. Il Vescovo di Puno mi accoglie con molta cordialità in episcopio alle ore 11,45 Il mio intento è quello di ben valutare il progetto di adozione a distanza con le Figlie della carità di S. Vincenzo de Paoli che hanno a Puno il loro orfanatrofio.
Per me l’incontro con il Vescovo è una grande occasione per capire meglio la situazione culturale e sociale di questa parte del Perù che riguarda l’altopiano delle Ande. Il nostro colloquio dura più di una ora e prendo con attenzione appunti della nostra conversazione. Fondamentalmente sono due gli argomenti che preoccupano pastoralmente Mons. Carrion: il forte sincretismo religioso e la presenza della corruzione dei narcotrafficanti. Sono due gravi problemi che rendono difficile l’ambiente di povertà dove si deve costruire la Chiesa.

IL SINCRETISMO RELIGIOSO ED IL PAGO ALLA TIERRA (PACHAMAMA)
La nostra chiacchierata inizia dal forte sincretismo religioso. Sebbene la popolazione sia fortemente religiosa e pratichi la religione cattolica, sia negli abitanti di entina aymara che quechua forte è la presenza di antichi riti, primo tra i quali il cosiddetto “Pago alla Tierra” ed è una cerimonia dalle radici antiche eseguita ancor oggi dagli sciamani peruviani della comunità Q’ero, diretti discendenti degli Incas, residenti nelle alte montagne dell’area del Cusco, come offerta e atto di reciprocità alla Pachamama, la Madre Terra. Tale offerta alla terra, nei tempi recenti assume anche una caratteristica inquietante da un punto di vista morale. Molte donne offrono il proprio feto per l’offerta del Pago alla Tierra per il quale ricevono dai 300 ai 450 Euro. Tale traffico clandestino di feti e quindi di aborti, sembra che sia in espansione causando forte perplessità e preoccupazione nel Vescovo. Ai feti di lama, per rendere il sacrificio più forte, si sostituisce oggi il sacrificio di feti umani. Il fenomeno richiede un adeguato studio ed un approfondimento. Comunque anche per capire bene il contesto culturale di Puno e Juliaca mi faccio spiegare del Monsignor Carron in che cosa consista tale rituale.
La cerimonia di offerta alla Madre Terra è un rito inca ancora vivo tra i cittadini di Puno, nell’Isola di Amantani (sul lago Titicaca), in centri cerimoniali come Pachatata e Pachamama, luoghi sacri tra le montagne dove si depositano offerte tutto l’anno. Il misticismo regionale si integra con la lettura delle foglie di coca per leggere il futuro. La Settimana Santa è una data speciale. Guidati da uno sciamano, gli abitanti locali salgono lungo i pendii delle montagne sacre (Apus) per rendere loro omaggio con canti, incensi e riti di adorazione. Con questi riti si chiede all’Apu un tempo favorevole alla popolazione.
L’area del Cusco  e di Puno (o nella lingua Quechua “Qosqo”, ombelico) con la Valle Sacra costituisce un punto di riferimento per la sopravvivenza di una forte cultura sciamanica ancora caratterizzata dalla presenza di antichi rituali e cerimonie incaiche e preincaiche legata agli antichi culti agresti e pastorali di propiziazione dei raccolti, della caccia o di protezione del bestiame, di fertilità dei campi e delle donne. Oltre alla Pachamama, in qualsiasi rituale o cerimonia vengono sempre invocati gli APUs, gli spiriti delle alte vette, i geni tutelari delle alte montagne che circondano la valle del Cusco e che stabiliscono un rapporto diretto con gli sciamani.
La comunità indigena Q’ero non supera oggi le 300 famiglie che abitano una estensione di parecchi chilometri quadrati, situati tra i 3300 ed i 4800 metri di altitudine; la loro unica fonte di sostentamento è la pastorizia, costituita perlopiù da lama e vigogne, unica attività possibile in quei territori tutt’altro che ospitali. I Q’ero si considerano gli unici eredi della tradizione spirituale incaica, pronipoti di quegli sciamani-sacerdoti che si rifugiarono in quei luoghi al tempo della conquista spagnola. La comunità Q’ero è una delle poche comunità rimaste che hanno conservato più fedelmente, grazie all’isolamento dato dalla dislocazione in alta montagna, le tradizioni degli antichi Inca e quando gli occidentali scoprirono questo popolo sembrò loro di vedere ciò che facevano gli Inca più di 500 anni fa.
Uno dei principi basilari della tradizione andina a Juliaca e Puno è l’”Ayni”, termine quechua che designa la reciprocità, ovvero l’atto del dare e del ricevere. La cerimonia del Pago alla Tierra è un atto di offerta alla Pachamama per chiedere in cambio protezione e prosperità. Lo sciamano durante la cerimonia si pone in relazione diretta sia con la Pachamama con con gli APUs, gli spiriti delle montagne. Tutti gli APUs sono differenti così come gli esseri umani, così come il Padre Sole e la Madre Luna rappresentano aspetti differenti che sono in tutti noi.
Il Cusco è un luogo privilegiato perché è circondato dai maggiori APUs, gli spiriti tutelari che risiedono sulle Montagne sacre circostanti, come l’Apu Ausangate (ndr. l’Ausangate è una delle montagne più alte e più venerate delle Ande nel sud del Perù, nell’area del Cusco). Allo spirito APU che lo abita viene dedicato un pellegrinaggio annuale, lo Qoyllulr Rit’I, che conduce migliaia di persone alle pendici della montagna per fare le proprie offerte e sacrifici e per ricevere la “benedizione” dalla montagna sacra), l’Apu Salkantay, l’Apu Pachatusan, uno dei santuari più importanti della regione del Cusco, l’APU Pikol e più lontano l’APU Machu Picchu. Tutte le montagne sacre che ci circondano sono come guardiani che proteggono e difendono le tradizioni Inca.
Durante la cerimonia del Pago si prepara la cosiddetta “Mesa”. Con i termine mesa si intende sia lo spazio cerimoniale in generale sia un “pacchetto “ sacro costituito da differenti pietre (cuyas) legate ed avvolte assieme in una stoffa provenienti dalle montagne sacre circostanti in modo tale che ogni “cuya” sia in relazione energetica con le altre. Tali pietre sono pietre di potere, indicate da un fulmine o da altri segnali ricevuti dagli sciamani direttamente dagli APUs delle montagne durante la loro visita.
Oltre alla Mesa, vi sono due campanelle che vengono suonate durante la cerimonia e vengono usate per richiamare la presenza di tutti gli spiriti delle montagne sacre e della terra oppure, in una operazione di guarigione, le anime delle persone. Le due campane hanno due suoni diversi e rappresentano gli aspetti maschili e femminili.
L’elemento fondamentale che viene preparato durante la cerimonia è il “Despacho”, una offerta alla Pachamama il cui elemento principale è costituito dalle foglie di coca (o meglio, il “Kintù”, una composizione di tre foglie di coca rappresentazione dei tre mondi, il mondo superiore, intermedio o terreno e inferiore), alle quali si possono aggiungere una serie innumerevole di alimenti o persino oggetti, pietre, conchiglie ed altro.
Normalmente si parte disponendo centralmente una conchiglia marina, rappresentante del “centro” (il “Qorikancha”, l’ombelico del monto della tradizione Inca), ed attorno, invocando ciascun APU o Pukara, si dispongono seguendo una ripartizione in quattro quadranti (a ricordo delle quattro regioni che costituivano il regno del Tawantinsuyo nel periodo Inca) ed in senso antiorario dodici “Kintù”. Un’altra forma di orientare i “Kintù” nel Despacho considera il semplice orientamento destra (paña) e sinistra (lloqe). Di seguito tutti gli altri elementi che si pongono nel despacho come i migliori frutti raccolti, i migliori semi, il grasso di lama (a rappresentare l’abbondanza) o un feto di lama (se la Madre Terra necessita un sacrificio completo, oggi tale feto come abbiamo visto in alcuni casi è sostituito dal feto umano), biscotti, confetti, soldi ed altro vengono posti sempre a coppie e alla fine si pongono come gesto propiziatorio dei fiori colorati (bianco a richiamare la purezza delle nevi perenni, rossi la madre terra, giallo la prosperità).
Il Despacho è una forma di offerta che meglio di altre mostra il concetto di reciprocità con la Madre Terra, aspetto sempre presente nella cultura tradizionale di questo popolo, ed anche di “riunire il disperso”, un riportare l’ordine nel disordine, il ritorno al cosmos dal caos. Il Despacho una volta costruito è ben equilibrato in tutti i suoi aspetti, nel rapporto con i vari elementi, nella loro dislocazione nello spazio, nel rapporto tra maschile e femminile. A tal proposito il Despacho viene completato ponendo un filo d’oro e d’argento sulla superficie, richiamo delle due energie maschile e femminile ma anche a non dimenticare la Via. La sua struttura finale ricorda al contempo la stessa geografia sacra che gli antichi Inca seguirono durante il rito di fondazione del Qosqo, è una sorta di richiamo mitico di quanto avvenne ab-origine durante la fondazione della città.
Altro aspetto importante è la trilogia rappresentata dal “kintu”. I tre mondi sono i mondi che gli sciamani possono visitare durante i loro viaggi in uno stato non ordinario di coscienza, e tali mondi sono rappresentato dai tre animali di potere che si ritrovano sempre nella cultura andina: il Condor per il mondo superiore, il Puma per il mondo di mezzo ed il Serpente per il mondo inferiore.
Tramite il Condor gli sciamani si connettono con il mondo superiore (Hanan Pacha), il suo bianco collare richiama le nevi perenni ed il Condor aiuta anche nel passaggio nell’aldilà al momento della morte.
Tramite il Puma (ma anche l’Orso, il Lama o l’Alpaca) gli sciamani viaggiano nel mondo di mezzo (Kay Pacha).
Nel mondo inferiore (“Uku Pacha”) sarà il Serpente ad accompagnare lo sciamano nel suo viaggio. Si fa notare come per questa tradizione nel mondo inferiore gli sciamani collocano anche il regno dei morti o dei bambini mai nati.
Terminato il Despacho viene chiuso il pacchetto e poi utilizzato per una operazione di “limpia” su tutto il corpo, una pulizia spirituale per liberare e guarire le persone da tutte le energie pesanti (jucha) per poi essere bruciato cerimonialmente. Di seguito viene passata sul corpo la “Mesa”, il pacchetto sacro composto dalle pietre donate dagli APUs, per donare e trasferire l’energia fine, leggera (samy) con la sua carica di protezione e potere trasmessa dagli spiriti delle altezze.
Questa antica cultura e queste antiche credenze non sono oggi superate, ma spesso si vanno ad integrare nella fede cattolica producendo un sincretismo religioso che è difficile da sciogliere. Il Vescovo sostiene che per consacrate un sacerdote il popolo esige prima che gli sciamani interroghino la Pachamama se possa il candidato essere degno di divenire sacerdote. La vita ecclesiale risulta così compromessa e il popolo è molto confuso. Sarebbe necessaria una profonda catechesi che spieghi bene la nostra fede cristiana. Tale argomento lo sosterrà per altro anche padre Walter a Conima, chiedendomi di aiutare per la catechesi del popolo finanziando l’attività catechistica seria. L’altro problema che tormenta Juliaca e Puno è quello del narcotraffico che genera profonda corruzione.

NARCOTRAFFICO E CORRUZIONE
Dalla selva di Puno e dalle zone della giungla arriva a Juliaca la cocaina che viene confezionata in questi luoghi e dalla città andina la droga viene spedita in Bolivia, spesso da Sandia vi sono spedizioni via aereo con scadenze settimanali.
E così i tassi di criminalità a Juliaca sono in aumento: la città, secondo gli agenti dell’antidroga è un nodo per la distribuzione della cocaina in tutta l’America Latina; ricordiamo che il Perù produce circa 300 tonnellate di droga all’anno.
Il capo della Drug Enforcement Administration (Depandro) di Juliaca, Sandro Salinas Pinto, ha spiegato tempo fa che da Juliaca viene inviato in Bolivia un grande quantitativo di coca proveniente dalla selva di Puno e di Cusco e che raccolgono la VRAEM (Valle de los Rios Apurimac, Ene e Mantaro).
Il serio lavoro di intelligence è stato in grado di identificare 14 rotte della cocaina che partono da Juliaca. E’ indiscutibile che la città sia il più grande centro per la raccolta e la distribuzione di droga del sud del Perù. Ad aggravare la situazione secondo il Depandro è la presenza a pochi chilometri a sud nella regione di Cachipucara, di un campo di aviazione per i corrieri aerei vero la Bolivia.
Uno degli aspetti più preoccupanti del problema è che i trafficanti di droga stanno reclutando i membri della polizia nazionale per proteggere il trasferimento delle loro spedizioni di droga. All’inizio di settembre 2012, la squadra antidroga ha rivenuto in possesso di un agente 45 chili di droga alcaloide con destinazione Bolivia e provenienti dalla zona denominata VRAEM (Valle de los Rios Apurimac, Ene e Mantaro). Non è un segreto che la maggior parte delle organizzazioni di traffico di droga si sono trasferiti a Puno Sandia e Carabaya. Degli eliporti sono stati individuati  a San Coat (Carabaya) e distretti di confine Ituata e Ayapata (Carabaya). Inoltre, ancora l’antidroga ha  messo in guardia circa la presenza di piste di atterraggio nel Parco Baguaja Sonene Nazionale (area protetta) con tre voli a settimana. E cosi si può dire che Puno può essere il nuovo Vraem. Ed ora vediamo brevemente tre casi di narcotrafficanti recentemente arrestati.
Nello scorso settembre 2014, a Juliaca viene catturata Benita Vilca Vilca di anni 40, meglio conosciuta come la Regina della Droga, che aveva più di venti capi di accusa. Fu catturata mentre usciva dalla chiesa dopo il suo matrimonio e stava salendo sulla sua macchina per festeggiare con gli amici. Era ricercata da più di 10 anni, nel 2002 aveva trasportato 200 chili di droga da Puno alla Bolivia.
Il 14 agosto viene invece arrestata ancora ad Juliaca una professoressa che teneva in una cassa 26 chili di droga, nella sua casa vicino al collego San Martin, la professoressa era originaria di Moho.
Ed infine lo scorso 16 gennaio la polizia a Juliaca ha sequestrato 60 pacchetti di droga che erano contenuti in una macchina dell’impresa da carico MARVISUR e tale cocaina proveniva anche’essa dalla zona VRAEM. Questi per citare solo tre dei grandi casi di narcotrafficanti arrestati.
Ma per giungere a queste ultime settimane, lo scoro 7 gennaio il pubblico ministero specializzato nel traffico di droga a Puno, Lincoln Fonti Tamayo, ha detto che il principale centro di distribuzione della droga è la città di Juliaca, e la cocaina proviene dalle valli del Sandia e VRAEM. La droga è prodotta a Sandia e smerciata a Juliaca: nel 2014 vi sono state 150 persone accusate del traffico di droga di cui solo 25 sono state arrestate. Le zone che coinvolgevano le indagini erano Puno, Desaguadero e Moho. Il sistema giudiziario è molto lento nel distretto giudiziario di Puno e di casi per essere esaminati giungono fino a 10 udienze finendo purtoppo in prescrizione

III. UN VIAGGIO DENSO DI PREGHIERA E SPIRITUALITA’
Il ritorno della spiritualità andina porterà con sé un messaggio di pace, di amicizia e fraternità.
Hernán Huarache Mamani

Forse una delle componenti più significative di questo quinto viaggio di solidarietà è stato il fatto che prima di intraprendere progetti per opere di carità a favore del Perù vi è stato l’elemento della preghiera ed in modo particolare dell’Eucaristia. Nella mia permanenza sia in Perù che in Bolivia la celebrazione della Messa è stato veramente il centro della giornata, sia per il grande valore di significato delle chiese nelle quali ho celebrato, sia per la meravigliosa partecipazione della gente semplice che riempie le strade del Perù. Veramente la gente sembra amare con grande forza il sacerdote, che è una figura che gode ancora oggi di grande popolarità, venendo da Roma, la gente che ho incontrato nelle celebrazioni mi chiedeva poi la benedizione con l’acqua santa: interminabili file per ricevere la benedizione, richieste di preghiera, fino a chiedere fotografie. Ho ancora negli occhi del cuore queste immagini che fanno bene, quando invece in Italia la figura del prete non ha più quel valore che aveva il secolo scorso.

20141211_143339

 

La prima celebrazione eucaristica che ho presieduto in Perù ha avuto per la mia vita spirituale un grandissimo valore: ero a Lima nella chiesa del Signore dei Miracoli. La venerazione del popolo peruviano per questo crocifisso dipinto nel muro di una chiesa è enorme ed anche i peruviani in Italia celebrano il mese di ottobre con particolare forza e intensità. A Bergamo diverse volte ho presieduto questa celebrazione alla presenza di centinaia di peruviani in Italia per lavoro, e sono anche iscritto alla Confraternita del Signore dei Miracoli. La storia del crocifisso miracoloso è la seguente: il Signore dei Miracoli (in lingua spagnola: Señor de los Milagros de Nazarenas) è un dipinto murale raffigurante Gesù crocifisso, molto venerato a Lima. Nel 1655 un terremoto devastò la città riducendo in macerie la maggior parte degli edifici. Il muro sul quale si trovava il dipinto di Gesù crocifisso fu risparmiato e sopravvisse anche ai successivi sismi. I cittadini iniziarono a pregare con devozione l’immagine e a ottenere da essa guarigioni e grazie: questo fece sì che il dipinto fosse considerato miracoloso e chiamato, appunto, Signore dei Miracoli. Il 14 settembre 1671, davanti alla raffigurazione del Cristo crocifisso, si svolse la prima Messa; nel 20 ottobre 1687 dopo che l’ennesimo terremoto risparmiò il dipinto, i fedeli fecero una copia in tela del murale e iniziarono a portarla in processione per le strade del quartiere di Pachacamilla. Nel 1715 l’autorità della capitale peruviana dichiarò il Signore dei Miracoli patrono e custode della città di Lima.
Questo crocifisso è stato nella storia di Santina molto importante. Nei momenti di paura e difficoltà lo invocavo spesso, e nei dieci giorni di agonia esso è stato nelle mani di mia madre, in certo qual modo l’ha accompagnata a morire. Quel piccolo ricordo si conserva ancora nella mia casa a Bergamo e da quei giorni ho posto una copia di esso nella mia camera a Roma, in ufficio nella Segreteria di Stato e ne porto una piccola raffigurazione come spilla nel cappotto. Nel mio viaggio in Perù avevo programmato una sosta di un giorno a Lima proprio per pregare nella famosa chiesa. E così è stato: giovedì 11 dicembre alle ore 9,30 ho potuto con gioia celebrare la Messa. Mi sono trovato con grande commozione ad adempiere un voto che avevo fatto a me stesso… Nel mio cuore tante richieste a Gesù, ma la prima di tutte quella di liberarmi dal male e di permettermi di essere sempre un buon sacerdote. Mi ricordo la preghiera intensa nel momento della Comunione eucaristica. Ma per me il momento più forte – che sempre mi rimarrà impresso nel cuore – è stato alla fine della Messa, quando ho potuto toccare il sacro muro sul quale vi è l’effige di Gesù Crocifisso. La gente mi guarda con occhi spalancati e poi in un misto di grande meraviglia per il mio gesto scoppia in un fragoroso applauso; io non riesco a trattenere le lacrime e mi metto a piangere… Andando in sacrestia la gente si fa attorno e mi pressa da tutte le parti chiedendo la benedizione. Ricevo più carica io dalla gente che la gente da me: è vero noi sacerdoti riceviamo più grazie spirituali dalla gente di quanto pensiamo. E questo è particolarmente vero in Perù. Dopo queste lunghe file per la benedizione, mi raccolgo in preghiera e formulo buoni propositi per la mia vita spirituale, buoni propositi che ogni giorno ricordo nella meditazione e che sono legati all’11 dicembre 2014, giorno in cui ho potuto celebrare quella bellissima Eucaristia. Esco dalla chiesa rinnovato e continuo la mia visita della Capitale peruviana. La sera volerò sull’Altipiano andino di Juliaca.
Dopo aver celebrato la domenica mattina l’Eucaristia con i contadini di Conima, lunedì 15 dicembre mi aspettava una commovente Celebrazione eucaristica. Jofran, il figlio minore di Olinda è alunno di una prestigiosa scuola tenuta dai padri francescani ed è il Collegio San Roman in centro a Juliaca di fronte alla Cattedrale. Siamo nel periodo natalizio e questo è l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive. La scuola ha organizzato una mattina speciale che comprende la celebrazione della Messa, la Sacra Rappresentazione del Natale e la benedizione del nuovo palazzetto dello sport.

Quando Padre Miguel, superiore dell’Istituto scolastico, viene a sapere della mia presenza, attraverso il professor Teofilio contatta Olinda e mi chiede se voglio presiedere la solenne messa alla quale parteciperanno 2000 persone. Non posso credere alle mie orecchie: duemila persone? Ed è proprio così, la mattina entrando nel grande cortile della scuola è un trionfo di colori: il verde delle divise degli alunni, il rosso, l’arancione, l’azzurro dei tipici colori dei vestiti tradizionali andini: è un vortice di colori che mi travolge, i ragazzi sono schierati per la Messa ed i canti sono una cosa incredibile, vi immaginate cosa significano 2000 bambini e giovani che insieme cantano? Posso veramente dire che queste celebrazioni eucaristiche sono delle vere e proprie cure ricostituenti per il mio sacerdozio indebolito talvolta dalla vita di ufficio… Che bello essere prete e celebrare la Messa, esclamo nel mio cuore! La messa si conclude con un momento di riflessione e preghiera costituito da una sacra rappresentazione sul Natale che esponenti di tutte le classi hanno insieme preparato. Mi commuovo alla vista di un piccolo bimbo in carne ed ossa che viene messo nel presepio e che se ne sta tranquillo e felice tra le braccia di Maria. Dopo la sacra rappresentazione è la volta della benedizione del palazzetto dello sport, nel quale si è radunata già una vasta rappresentanza dei ragazzi: al mio ingresso un scoppia un grande applauso, con l’acqua benedetta mi accingo a benedire il grande Coliseum. Chiedo a Padre Miguel di invocare su di me la benedizione con tutti gli alunni presenti, mi inginocchio e come già avvenuto a Salvador de Bahia ascolto devotamente la preghiera di benedizione su di me e sul mio sacerdozio.
Terminata questa benedizione, mi avvio all’aula di Josmell dove i suoi compagni mi stanno attendendo per una preghiera comune e per riceve la benedizione, Olinda ed Hernan sono pieni di felicità, ed anche io… Santina dal cielo continua ad inviarmi il suo sostegno e la sua benedizione e la sento vicina proprio in questi momenti. Dobbiamo sbrigarci perché nel pomeriggio partiremo per La Paz.
Durante la mia permanenza in Perù dal 15 al 17 dicembre ci siamo infatti spostati in Bolivia: esattamente dal pomeriggio del 15 dicembre alla mattina del 17 dicembre e siamo rientrati in Perù a mezzogiorno del giorno 17 per recarci alla Prelatura di Juli per un incontro con Padre Fernando, Vicario Generale, e con le suore di Madre Teresa che accudiscono bambini disabili e anziani soli. In questi due giorni a La Paz abbiamo soggiornato per la cerimonia di conferimento dei gradi accademici nella favela di Cinthya, dove abbiamo celebrato una suggestiva e bellissima Messa, tale esperienza mi ha così segnato che voglio raccontarla in un paragrafo a parte.
Il soggiorno in La Paz mi ha permesso di celebrare l’Eucaristia in una bellissima chiesa di stile coloniale: il mattino alle ore 10,30 ho celebrato nella chiesa di San Francisco. La chiesa, in stile barocco, è uno dei monumenti più importanti di La Paz e sorge sull’omonima piazza, una delle più famose e visitate della città. Nel 1548 frate Francisco de Morales fonda, sulle rive del rio Choqueyapu il convento di San Francisco. L’anno successivo inizia la costruzione della chiesa che sarà terminata nel 1581. Tra il 1608 ed il 1612 una serie di gravi danni causati da una forte nevicata rendono inutilizzabile la chiesa. Nel 1743 viene iniziata la ricostruzione della chiesa. Dieci anni dopo la cupola e la crociera sono ormai ultimati. Il 23 aprile 1758 la chiesa viene consacrata. Nel 1790 viene iniziata la costruzione della facciata. La torre campanaria fu innalzata nel 1885. In questa bellissima chiesa sono travolto ancora dai fedeli che chiedono la mia benedizione e riempiono il mio cuore di tanta gioia, rimarrà anche questa messa come un bellissimo ricordo!
Se la prima Messa in Perù è stata al Signore dei Miracoli, l’ultima celebrazione eucaristica è avvenuta in un altro santuario molto venerato sull’Altipiano Andino, quello della Madonna della Candelaria, l’ultimo giorno della mia permanenza a Juliaca, venerdì 19 dicembre 2014. Nell’anno 2014 il ciclo delle feste per la Madonna Candelora che vanno dal 25 gennaio al 9 febbraio sono divenute patrimonio inmateriale dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO. Non avevo programmato la messa nel famoso santuario, ma nella mia ultima notte in Perù mi è venuta l’ispirazione: non potevo lasciare l’Altipiano delle Ande senza celebrare la Messa nel Santuario della Vergine. Appena alzato, a colazione, dico a tutti: “Ascoltate avrei un grande desiderio, quello di andare con voi a Puno per celebrare insieme l’ultima Messa in Perù alla Madonna Candelaria, ve lo offro io il viaggio”. Josmell subito mi dice di sì e così tutti senza nessuna perplessità accettano la mia proposta. Arriva il taxi alla Tienda Aida e partiamo… siamo rimasti gli avventurieri dei tempi di Santina! Giungiamo a Puno per mezzogiorno e di corsa ci rechiamo alla chiesa prima che chiuda. Il sagrestano non vorrebbe farci celebrare la Messa, ma l’insistenza di Olinda ed Hernan convincono il buon uomo e così con grande gioia possiamo celebrare la Messa e poi sostare in preghiera davanti alla statua della Madonna della Candelora. Mentre stiamo per lasciare la chiesa, Olinda mi indica la statua del Signore di Giustizia e così ci fermiamo in preghiera davanti a questa immagine. Il mio Viaggio in Perù si può considerare concluso con questa bella celebrazione, un buon pranzetto sulle rive del Lago Titicaca conclude la mattinata prima di far ritorno a Juliaca nel pomeriggio e prepararmi per la partenza.

Ma il pomeriggio a Juliaca mi aspetta una grande sorpresa. Facciamo ritorno al nostro Barrio, ma Juvenal Luis Cabrera Grados, Presidente dell’Urbanizacion Villa San Roman ha per me una grande sorpresa. Davanti alla piccola cappellina del barrio si è radunata tanta gente: è gente povera, bambini, campesinos: tutti vogliono pregare con me il Santo Rosario. Mi metto un caldo poncho perché è molto freddo e anche un cappellino ed inizio la recita del rosario. Nel mio cuore provo per l’ennesima volta commozione ed ammirazione per la fede semplice di queste persone. In un quartiere di grande povertà la gente ha una enorme fede, fede semplice e genuina, che non ha molti dubbi e vede in me un sacerdote che viene da Roma. E’ uno dei momenti più alti e più belli della mia preghiera in Perù, oso fare una promessa: al mio ritorno in Perù per inaugurare il pavimento della Chiesa di Conima troverò tempo per visitare le case delle persone presenti alla recita del Rosario.
Sono così commosso che non ho nessuna voglia di ripartire, questa gente ha bisogno di un sacerdote, lo cerca lo chiede e lo chiede anche al Papa nella lettera che mi consegnano. Al termine del Rosario, prima dei saluti la gente chiede la benedizione con acqua santa, chiedono di pregare per loro ed una signora mi mostra la sua piccola bambina che deve essere operata al cuore: prometto a lei di ricordarla nella mia preghiera. Il tempo si è fatto breve e mi devo preparar per l’aeroporto un volo nella sera mi porterà a Lima… Ho le lacrime agli occhi ed una profonda nostalgia di quella gente così buona, così semplice… così vicina a Gesù da essere nella sua povertà l’autentica Carne di Cristo: questo è il tesoro più bello che riporto con me in Italia

IV. LA FESTA PER IL DIPLOMA DI CINTHYA

La Basura te mata. L’immondizia ti uccide. Questa scritta ci accoglie a La Paz nella via dove abita Cinthya, la figlia di Olinda. E’ la sera del 15 dicembre 2014 e un manto di luci ci accoglie. Giungiamo a La Paz da El Alto una parte della immensa metropoli dove vivono i più poveri e il nostro taxi – che dal confine di Desaguadero ci ha portato alla Capitale boliviana – scende verso la parte ricca della città. La nostra Cinthya abita a metà tra El Alto e il centro della città di La Paz. Tre funivie pongono in comunicazione le due parti della città. Attorno vi è il buio più nero e cupo, al punto che, fuori dalla città nel buio della notte potrebbe esserci il mare ed invece vi è la selva. Mi sembra di essere in una favela di Rio de Janerio. In verità non avevo mai dormito in una favela, anche a Salvador de Bahia ho dormito in parrocchia. Questa visita a Cinthya mi farà capire cosa sia la vita in una favela. La buona Olinda mi dice: “Qui don gigi non siamo comodi come a casa mia, ti dovrai adattare: noi siamo poveri!” “Olinda non ti preoccupare sono felice di essere qui con voi, questa dignitosa povertà vi fa onore e sono felice di dormire nella casa di Cinthya. Staremo benissimo!” Trasciniamo le nostre borse fino ad una porticina di un verde scolorito sulla sinistra della strada. Hernan, fa il padrone di casa ed apre con la chiavi la porta; Cinthya non è in casa, ma all’università. Una ripida e stretta scala di cemento sta davanti a noi; al di là della porta, sulla destra, vi è la latrina con un tetto di lamiera, un secchio bianco di plastica e un rubinetto dell’acqua, un rotolo di carta igienica è appoggiato sopra.
Nella penombra saliamo la irta scala costituita da 12 gradini, il muricciolo sulla destra e sulla sinistra è pericolante e purtroppo il mese dopo crollerà… In cima alle scale si apre un piccolo patio, alla sinistra vi è un altro rubinetto dell’acqua che porta alla modesta e povera abitazione l’acqua che non è potabile e deve essere fatta bollire per poterla bere. L’impiantito di cemento è pulito e girando a destra vi è una piccola stanza con il pavimento in legno dove consumeremo una frugale cena; l’impianto elettrico sembra essere precario, in questa piccola stanza dormirà Olinda, Hernan e Cinthya. Davanti alla piccola stanza, si apre un’altra stanza di colore verde, alla sinistra si trova un fornello con la bombola: sia a Juliaca che in questa casa non vi è conduttura di gas, ma si fa rifornimento con bombole che vengono ricaricate, come avveniva una volta in Italia. Io e Josmell prendiamo invece posto in una stanzetta alla quale si giunge attraverso un’altra irta e piccola scaletta: è la camera da letto di Cinthya ed io dormirò nel suo letto. L’ambiente è molto pulito anche se freddo, perché La Paz si trova a 3800 metri di altezza. Ci sono due piccole finestre: una che si trova davanti al mio letto e l’altra si trova davanti al letto dove dormirà Josmell. Mi commuovo: la ragazza ha messo sulla sua finestra la fotografia della Santina e quella di un crocifisso regalata alla Olinda dal Cardinale Comastri. Riconosco il computer che anni prima avevo inviato alla ragazza, che sembra ancora funzionare… Josmell nel frattempo si è cambiato ed ha messo una camicia che avevo regalato a lui nell’anno 2011. Mi colpisce molto vedere la reale vita di queste persone oneste che vivono nella povertà con grande dignità! Non siamo nella povertà dell’Africa, ma siamo molto, molto lontani dallo standar di vita europeo. Vi è un rubinetto unico per l’acqua all’aperto, non vi è lavandino, doccia… non vi è acqua calda; l’impianto elettrico è precario e le pareti sono gravemente danneggiate dagli anni e dall’umidità. Eppure questa ragazza di 27 anni ha vissuto qui da sola per molti anni mentre la Mamma faticava in Italia. In questa povertà riesco a capire meglio la bontà di questo popolo andino dai grandi occhi e dal sorriso dolce. Proprio in questa casa celebreremo la santa messa prima di ripartire per il Perù.

Una grande emozione quella di celebrare la Messa in questa povertà. Sono convinto che sia stata la messa più bella di tutte quelle che ho celebrato durante il mio viaggio sull’altipiano delle Ande! Tutti attorno ad un povero tavolo di legno con molta devozione. Josmell ha ripreso con videocamera la Santa Messa ed è possibile vederla nel canale youtube di Santina. Sono commosso, guardo Olinda con tanta ammirazione e penso ai sacrifici che ha fatto per i suoi figli, guardo gli occhi buoni di Hernan, quelli di Iginio, il fratello di Olinda: il Signore mi ha dato davvero una grande grazia nel poter celebrare la messa in un luogo così povero. Chissà come sarà stato felice di entrare in quella casa. La Messa intima e partecipata si conclude con la benedizione della casa. Cinthya è felice ed è contenta che tante persone siano venute a trovarla per la sua laurea.
La sera trascorre serena con l’arrivo della neolaureata. Cinthya mi dice che il giorno dopo tutti si aspettano un discorso da me in occasione della cerimonia in cui verranno distribuiti i diplomi. Mi sento onorato ed anche un po’ imbarazzato… ma la ragazza ha già predisposto tutto. Per lei è un momento importante e io sono venuto dall’Italia proprio per questo momento.
La mattina del giorno della cerimonia Cinthya esce presto da casa insieme ad Iginio deve andare al luogo della cerimonia per predisporre bene ogni cosa, Lei infatti è una delle Organizzatrici. Con Josmell ed Olinda il 16 dicembre mattina andiamo a dire la messa nella chiesa antica e bella di San Francesco, di epoca coloniale. Dopo la celebrazione eucaristica visitiamo il centro della Capitale il Palazzo del Governo, la piazza principale e i diversi monumenti. Torniamo poi a casa per prepararci per la cerimonia che è prevista per le ore 16.00.
Indosso il clergymen e all’arrivo mi viene indicato il posto tra le autorità accademiche che con deferenza mi salutano. Chiedo a Olinda di leggere una lettura della Bibbia e svolgo alcuni pensieri che colpiscono molto il mio uditorio. I giovani che partecipano alla cerimonia per il conferimento dei gradi accademici sono 80: tutti con una lunga toga blu e il classico copricapo di chi si è appena laureato. Sono commosso: la grande assemblea è composta da molti parenti e genitori. Il mio pensiero per primo va ai giovani che non hanno più genitori e che con le proprie forze si sono laureati; poi una speciale menzione viene fatta per Cinthya per la quale ho il regalo della corona di Papa Francesco. Ho parole poi di stima e considerazione per Olinda ed il suo sposo Hernan, ma altresì per tutti i genitori che vedono coronare tanti dei loro sforzi. Se Olinda non fosse venuta a lavorare a Roma, Cinthya non avrebbe potuto laurearsi. Ancora una volta vedo la presenza di Santina in questa cerimonia ed il suo aiuto celeste verso una brava ragazza che completa il suo corso di studi. Dopo il mio discorso, è la volta del decano e dei diversi professori che prendono la parola con termini di elogio per i bravi giovani che concludono i loro studi. Un bicchiere di champagne conclude la cerimonia e una lieta cena farà in modo che tutti possano festeggiare Cinthya. Sono orgoglioso di essere il suo padrino e che questa ragazza abbia potuto giungere alla laurea grazie agli sforzi della madre in Italia… e con la protezione della nostra cara Santina. Tanto dolore e sofferenza ora raccoglie i suoi frutti migliori. La sera mi  addormento stanco morto, fuori sta piovendo forte e le luci meravigliose della città mi fanno compagnia, mi addormento pienamente soddisfatto di questa bella giornata che ha visto coronato gli sforzi della figlia di Olinda, era uno degli obiettivi del mio viaggio ed è stato felicemente raggiunto, ringraziamo Dio e la Santina dal cielo!

V. IL PROGETTO DI COSTRUZIONE DEL PAVIMENTO DELLA CHIESA PARROCCHIALE SAN MICHELE ARCANGELO A CONIMA (PUNO –PERU’)
Durante il quinto viaggio di solidarietà della nostra ONLUS in Perù ho avuto modo di visitare il piccolo paese di Conima nel quale è nata Olinda, la Signora che ha accudito per più 6 anni Santina. Quando Olinda viveva in Italia, spesso parlava della sua amata Conima e così avevo promesso a Lei che sarei un giorno andato a Conima per ringraziare la popolazione del bene ricevuto da Santina.
Partiamo da Juliaca attorno alle ore 9, la strada in combi è circa di due ore, è una strada in mezzo ad una natura bellissima sulle rive del Lago Titicaca. Il combi si ferma in diversi luoghi per giungere a Moho, il paesino in cui è nato Hernan; Hernan è orgoglioso di mostrarmi il grazioso paesino che dista da Conima circa 15 chilometri. Il Parroco di Moho è anche il Parroco di Conima. In circa 20 minuti il combi giunge nella piazzetta di Conima e mi sento immerso nel Perù più vero, quello dei contadini e dei pastori, dimenticato e lontano da tutti. Il Vescovo di Juli farà fatica a credere che ero giunto a quel piccolo villaggio. Mentre arriviamo si sta svolgendo il consiglio comunale, in una via laterale alla chiesa. Vicino alla chiesa vi è una antica torre che andrebbe restaurata… Dopo un po’ di tempo giunge il parroco in moto, si chiama don Walter. Scende dalla moto ed entriamo in chiesa, dove prepara per la messa. La chiesa è trascurata, il tetto perde acqua, il pavimento non esiste neppure. Appena la popolazione viene a sapere che ci sarà la celebrazione della messa, accorre e la chiesa si riempie con più di cento persone; sono persone semplici: pastori e contadini, tra le autorità del paesino, vi è il nuovo sindaco, il fratello di Olinda Vides, dal quale in seguito mangeremo, e il prefetto della circoscrizione.
Al termine della Messa prima della visita al cimitero per recitare una preghiera alla tomba dei genitori di Olinda chiedo al parroco se vi è un concreto bisogno che possiamo come associazione prendere a carico. Dico a Lui di pensarci e di fissare subito una riunione per stabilire con il sindaco un aiuto concreto. Al nostro ritorno dal misero cimitero ci attende il Parroco, il nuovo Sindaco e un ingegnere. Insieme con Olinda, il marito Hernan e Vides valutiamo di ricostruire il pavimento della chiesa come segno concreto di riconoscenza.
Chiedo così a Padre Walter di elaborare un progetto coerente prima della mia partenza con il quale tornare in Italia. Tale progetto lo avrei sottoposto al Comitato Direttivo per l’approvazione.
In data 18 dicembre il parroco mi presentava a Juliaca un progetto con la sua firma, quella dell’ingegnere, del sindaco e con la firma autorevole del Vescovo di Juli per un totale di SOLES 35.569,73 AL CAMBIO DI CIRCA EURO 7520.
Ritornato in Italia, sentito i Membri del Direttivo, che a maggioranza hanno approvato il progetto e l’erogazione della cifra in tre rate di euro 2500 ho provveduto in data 23 dicembre ad erogare la prima rata, come qui seguito riportato dal progetto.

VI. REGALA UN SORRISO IN PERU’
Dopo la bella esperienza iniziata in Brasile ed anche in Kenya abbiamo pensato di estendere la nostra esperienza anche al Perù ed abbiamo preso in adozione a distanza dieci ragazze che hanno alle loro spalle storie orrende.

Per comprendere bene la vita di queste dieci ragazze sarà molto importate capire che la popolazione dell’Altipiano delle Ande è connotata dalla presenza dell’etnia Aymara, alla quale appartengono Lourdes, Ana Luz e Yenifer e da quella Quechua, alla quale appartiene ad esempio Sonia. L’ambiente culturale è molto importante e lo dobbiamo ben studiare per entrare poi in rapporto con la mentalità andina. Iniziamo dall’etnia Aymara.

INTRODUZIONE AYMARA E QUECHUA
AYMARA
Gli Aymara sono una popolazione che vive prevalentemente nelle vicinanze del Lago Titicaca. In realtà non identifica un sottogruppo etnico vero e proprio, ma comprende l’insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sottogruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia aymara. Altre popolazioni, o sottogruppi etnici, come i Qullas, i Lupaqas, i Qanchis, i Carangas, i Lucanas, i Chocorvos e i Chichas rivendicano la propria identità aymara, anche se non parlano più la lingua dall’epoca della colonizzazione spagnola. La maggior parte degli Aymara vive nei pressi del Lago Titicaca in particolare nelle isole e nella parte meridionale del lago. La distribuzione di questo popolo è principalmente nell’altipiano andino.
I centri aymara sono generalmente piccole realtà rurali. Tuttavia sono presenti anche grossi centri urbani con notevole presenza di questa popolazione. I vari popoli appartenenti agli Aymara veneravano numerose divinità locali oltre ai culti, diffusi in tutto il territorio andino legato all’agricoltura e al culto dei defunti. Thunupa, le cui sembianze sono scolpite nella puerta del Sol di Tiahuanaco, personifica vari agenti naturali (sole, vento, pioggia, grandine) di vitale importanza per il mondo agricolo. Anche il culto della Pachamama (Madre Terra), presente anche nella mitologia incaica, era estremamente diffuso in quanto legato alla produzione agricola e al rapporto con la natura. Alla Pachamama vengono fatte numerose offerte (ch’alla) di origine vegetale (ad esempio foglie di coca) e animale (ad esempio un feto di lama). Il culto dei morti si concretizzava nel mondo aymara con la costruzione di chullpa, tomba-templio la cui grandezza era proporzionale all’importanza del defunto durante la sua vita terrena. Le chullpa più importanti sono quelle di Silustani e Cutimbo, nei pressi di Puno da dove vengono le dieci ragazze.
Le divinità locali erano spesso montagne protettrici (dette Awki o Achachila). Ogni montagna, ogni cima ha un nome locale che, anche oggi, viene invocato a protezione della zona. Erano presenti anche divinità maligne (conosciute come Anchanchu ó Saxra) che abitavano il sottosuolo. Venivano venerate anche divinità minori (chiamate Phuju) che abitavano le sorgenti d’acqua.
Uno stretto legame intercorre tra la religiosità aymara e la medicina tradizionale. Questa, legata alla natura e alle invocazioni divine, viene praticata dagli yatiris (saggi). Immediatamente dopo la colonizzazione, le autorità religiose e politiche spagnole costrinsero alla conversione gli aymara e distrussero icone, templi e chullpa.
Una parte non minoritaria della Chiesa cattolica dissentì da questo comportamento a tal punto che gesuiti e francescani evangelizzarono gli aymara senza costringerli a ripudiare la loro religione tradizionale e “cristianizzando”, talvolta, le divinità tradizionali. Ad esempio Thumpa venne trasformato in Apu Qullana Awki (Creatore del mondo) e venerato come Dio, per il Cristianesimo, e Pachamama venne venerata come Vergine Maria.
Dalla nascita delle repubbliche andine fino a metà del XX secolo il sincretismo religioso veniva praticato clandestinamente. Oggi è frequente che durante feste cattoliche vengano offerte alla Pachamama. Le Chiese protestanti non vedono, invece, di buon occhio il sincretismo religioso e, per questo, hanno proibito ai credenti di rivolgersi alla medicina tradizionale. Un aspetto interessante di questa mescolanza tra la religiosità tradizionale e quella cristiana sta nel fatto che al Natale non viene data molta importanza dai contadini aymara, i quali vivono molto più intensamente il Carnevale, epoca di fioritura ed il carnevale a Juliaca è la festa più grande dell’anno. Nelle grandi città, invece,  il discorso cambia in quanto le tradizioni agricole sono meno sentite.
Secondo le credenze di questo popolo l’individuo è legato da una stretta relazione con il contesto sociale che lo circonda, ciò ammette che ogni tipo di malattia che colpisce anche un solo membro della comunità inevitabilmente coinvolge l’intero villaggio: conflitti interiori o familiari, mancate preghiere agli spiriti della natura, compromettono il benessere dell’intera popolazione. Questo porta a capire i significati dei simbolismi e dell’accettazione di forme simboliche di cura (possessione, sciamanesimo, danza…) degli aymara che, trovano un ponte di collegamento tra mondo umano e mondo degli spiriti, quest’ultimo reale quanto quello degli uomini; per cui qualunque spirito delle acque, delle colline, delle cime innevate se non opportunamente venerato potrebbe scagliare la sua ira verso gli abitanti che, inevitabilmente, andrebbero incontro a sicure malattie. L’unico modo per prevenirle e ripristinare la salute è soltanto attraverso mistici rituali come danze, preghiere, esorcismi e infusi magici, che portano al contatto spirituale uomo, natura e divinità. Nella visione magico-religiosa aymara l’uomo è concepito come l’insieme di tre forze vitali alma, animo e corpo materiale dove i due elementi vitali si incarnano. L’alma o athunajayo permette il movimento e il pensiero; l’animo juchchui ajayo, è il fluido che dà consistenza al corpo e fuoriuscendovi, pur non causando la morte genera malesseri vari, dall’innalzamento della temperatura, alla nevralgia, ad un disagio corporeo diffuso. Quando si parla di perdita d’anima tra gli aymara, si può quindi intendere la sottrazione del juchchui ajayo, che permette alla vittima di rimanere in vita, anche se colpiti da malattie più o meno gravi.
La danza e la musica hanno sempre avuto notevole rilevanza tra i popoli andini, così come tra gli Aymara. La musica andina che conosciamo oggi è comunque differente dall’antica musica del periodo pre-colombiano. Non erano infatti presenti gli strumenti a corda, come il charango, ora molto diffusi. Quest’ultimo è uno strumento della famiglia dei liuti costruito originariamente con la corazza di armadillo. Sembra sia stato realizzato per la prima volta a Potosí nel XVII secolo ispirandosi alla vihuela, molto diffusa tra la nobiltà spagnola.
Nel XVI secolo, il missionario gesuita Ludovico Bertonio, nel suo vocabolario della Lingua aymara riportava ben 13 vocaboli distinti relativi al verbo ballare. Le numerose danze tradizionali aymara vengono divise in:
–         Danze native. Si riferiscono all’epoca pre-colombiana e sono praticate solamente dalla popolazione rurale. Alcune di esse sono: Sikuris, Pinkillus, Chaqallus, Lawa K’umus,Chuqilas, K’usillos.
–         Danze meticce. Sono quelle di origine successiva alla conquista spagnola e contengono elementi sia aymara che europei. Alcune di esse come la diablada, la tuntuna (otundiqui) e la morenada (originarie di Oruro ed ora diffuse anche nella zona del Lago Titicaca) hanno elementi nei fasti e nei vestiti che ricordano la corrida.

QUECHUA
Per popolo Quechua si intende l’insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sotto-gruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia quechua e costituiscono la maggioranza della popolazione di Perù, Bolivia ed Ecuador. I Quechua provengono probabilmente da una piccola regione nell’altipiano andino nel Perù meridionale. Hanno costituito il gruppo etnico più importante dell’impero Inca tanto che la loro lingua si è imposta come lingua ufficiale dell’impero. Le popolazioni Quechua abitano una zona delle Ande centrali che occupa diversi stati sudamericani come Perù, Bolivia ed Ecuador. Nonostante le diversità sul piano etnico e linguistico, i vari gruppi etnici Quechua condividono numerose caratteristiche culturali comuni. Tradizionalmente l’identità Quechua è orientata su base locale e, in ogni caso, fortemente legata al sistema economico della comunità. Nelle regioni meridionali degli altopiani il sistema economico è basato sull’agricoltura, mentre nelle regioni settentrionali di Puno è basato sull’allevamento e la pastorizia.
La tipica comunità andina si trova in luoghi di elevata altitudine e ciononostante include la coltivazione di diverse varietà di cereali. La terra appartiene, in generale, all’ ayllu, la comunità locale, ed è coltivata collettivamente oppure ridistribuita su base annuale. I grandi proprietari terrieri, a cominciare dall’epoca coloniale e poi in maniera più intensa con la nascita degli stati sudamericani indipendenti, si sono appropriati di tutta o di gran parte della terra coltivabile e costretto le popolazioni autoctone a lavorare per loro. Le aspre condizioni di sfruttamento hanno portato ripetutamente a rivolte da parte dei contadini che sono state soppresse con la forza. La più grande di queste rivolte ebbe luogo nel biennio 1780-1781 sotto la guida di Tupac Amaru II. Alcuni contadini indigeni occuparono le terre dei loro antenati e espulsero gli hacendados nella seconda metà del XX secolo, come per esempio nel 1952 in Bolivia sotto il governo di Víctor Paz Estenssoro o nel 1968 in Perù sotto il governo di Juan Velasco Alvarado. Le riforme agrarie inclusero espropriazioni ai danni dei grandi proprietari terrieri e in Bolivia la terra venne ridistribuita alla popolazione indigena come proprietà privata.
Questa redistribuzione marcò un momento di discontinuità con la tradizionale cultura Quechua e Aymara basata sulla proprietà comune, anche se in alcune regioni remote sono stati ripristinati gli ayllu, come nella comunità peruviana dei Q’ero. La lotta per il diritto alla terra rappresenta una costante di tutte le comunità quechua ed è combattuta senza tregua ancora nel XXI secolo.
Per quanto riguarda la condivisione comune del lavoro nelle comunità andine esistono due modalità differenti: nel caso del Minka, le persone svolgono insieme un progetto per il comune interesse. Ayni, invece, è la reciproca assistenza, in cui i membri della Ayllu aiutano una famiglia a portare a termine un grande progetto privato, come la costruzione di una casa, e in cambio viene promesso un aiuto dello stesso tipo per un progetto analogo. La disintegrazione dell’economia tradizionale, per esempio, regionalmente con lo sfruttamento delle risorse minerarie, ha determinato la perdita progressiva di un’identità etnica comune ma anche dell’uso della lingua quechua. Tale perdita è inoltre il risultato di una continua e sostenuta migrazione verso le grandi aree urbane, specialmente Lima, che ha visto prevalere i modelli sociali della cultura spagnola sopra quelli della società andina.
Secondo alcune stime le popolazione di Lingua quechua è compresa tra nove e quattordici milioni di persone che abitano Perù, Bolivia, Ecuador, Cile, Colombia e Argentina. I vari dialetti quechua odierni sono in alcuni casi tanto differenti tra loro che non è possibile alcuna mutua comprensibilità. Questi dialetti derivano dalla lingua quechua parlata nell’impero inca di cui era oltre che la lingua più diffusa anche la lingua ufficiale. Il quechua non era la lingua esclusiva degli Incas ma era parlata anche da alcune popolazioni che ne sono stati i tradizionali rivali: gli Huanca, i Chanka e i Cañaris.
Il quechua era inoltre parlato già prima degli Incas di Cusco, per esempio, i Wanka, mentre altre popolazioni, specialmente in Bolivia ma anche in Ecuador, adottarono il quechua solo con l’avvento dell’impero Inca o in un periodo successivo. In epoca moderna il quechua è lingua ufficiale in Perù e in Bolivia. Tutti i Quechua delle Ande professano, almeno formalmente, la religione Cattolica sin dall’epoca coloniale. Ciononostante, forme religiose tradizionali persistono in diverse regioni, mescolate ad elementi cristiani. Le tradizioni religiose dei Quechua sono condivise da altri gruppi e sottogruppi etnici delle Ande, in particolare quella per Pachamama, la Madre Terra, dea della fertilità in onore della quale vengono bruciate offerte e libagioni in maniera regolare. Anche gli apu, gli spiriti della montagna, occupano una posizione privilegiata nella tradizione andina, così come altre divinità minori locali che sono ancora venerate specialmente nel Perù meridionale. Alcuni miti sono poi collegati al genocidio subito ad opera dei conquistadores spagnoli. In particolare quello di Nak’aq o Pishtaco, il macellaio, un assassino bianco che succhia il grasso fuori dal corpo degli indigeni che uccide. Nel mito di Wiraquchapampa, i Q’ero, descrivono la vittoria degli apu sopra gli invasori spagnoli. Dei miti ancora diffusi, quello di Inkarrí è particolarmente interessante e forma un elemento culturale di collegamento fra i Quechua che abitano la regione compresa tra Ayachuco e Cusco. Un altro esempio tipico è quello del pellegrinaggio verso il santuario del signore di Qoyllur Rit’i, nella valle del monte Sinakara, vicino a Cusco, e che mescola elementi panteistici a motivi tipicamente cristiani.
Ancora in tempi recenti, i quechua continuano ad essere vittima di conflitti politici e di persecuzioni etniche. Durante la guerra civile che ha insanguinato negli anni Ottanta il Perù, la lotta tra il governo centrale e i terroristi di Sendero Luminoso ha fatto innumerevoli vittime tra i civili. Secondo alcune stime i Quechua hanno subito oltre settantamila morti, dove le parti in guerra hanno coinvolto prevalentemente creoli e mestizos.
La politica di sterilizzazione forzata, durante la presidenza di Alberto Fujimori, coinvolse quasi esclusivamente donne Quechua ed Aymara su un totale di duecentomila trattamenti. Il regista boliviano Jorge Sanjines cercò di portare all’attenzione del grande pubblico la questione delle sterilizzazioni forzate già nel 1969 attraverso il film in lingua quechua Yawar Mallku.
Una costante discriminazione etnica continua ad essere perpetuata anche a livello parlamentare. Quando i neoeletti membri del parlamento peruviano, Hilaria Supa Huamán e María Sumire, prestarono giuramento per il loro incarico in lingua quechua, il presidente del parlamento, Martha Hildebrandt, e il parlamentare Carlos Torres Caro rifiutarono il loro discorso di accettazione.

L’ ORFANATROFIO DELLE FIGLIE DELLA CARITÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLI
Le 10 ragazze che abbiamo deciso di adottare sono ospiti delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli, che arrivarono a Puno nell’anno 1875. Esse accudivano l’ospedale San Juan De Dios ed assistevano cento ragazze della scuola elementare e primaria. Il 24 ottobre 1935 la Signora Maria Conception Miranda Oblitas di 78 anni lasciò in testamento diverse proprietà affinché fossero vendute e con il ricavato si istituisse una scuola professionale per ragazze orfane Miranda Oblitas. Suor Alizon intraprese così la costruzione del Laboratorio Scuola Miranda con il contributo di altri benefattori e della medesima Congregazione. La costruzione fu completata nel 1935. Il 15 agosto 1939 aprì così la Escuela Taller Miranda con le prime sei orfane e gradualmente il numero delle orfane o abbandonate è aumentato. Nel 1953 le suore lasciarono l’ospedale e si dedicarono completamente alla scuola.
Molte delle ragazze vengono da ambienti di povertà della città di Puno oppure dalle campagne povere dove gelo, grandine siccità e inondazioni rendono la vita difficile unitamente ad una politica agraria inesistente. Manca poi una adeguata formazione culturale della popolazione con ripercussioni molto pesanti sul vivere civile. Le ragazze possono così godere di istruzione per asilo, scuola elementare e media e possono imparare lavori domestici.

APPENDICE TABELLA RIASSUNTIVA DEL VIAGGIO

GIORNO MATTINO POMERIGGIO SERA
Mercoledì 10 dicembre Ore 11,20 partenza: Roma- Filadelfia Filadelfia- Miami Miami- Lima
Giovedì 11 dicembre Ore 5.38 arrivo a Lima e visita della Città: – Messa ore 9 al Santuario Senor de los milagros- Visita alla Chiesa di S. Rosa da Lima, Cattedrale, Palazzo del Governo, Municipio, centro storico, chiesa di S. Pedro e S. Martino de Porres; pranzo in Seminario – Ore 14,30 Visita spiaggia di Callao – Ore 16,30 ritorno in aeroporto- Ore 18,30 Volo per Juliaca – Ore 20,30 Arrivo a Juliaca e trasferimento casa di Olinda Enace, Villa S. Roman en frente Universitad Andina, ischena Tienda Aida – Cena di festa e saluti
Venerdì 12 dicembreMadonna di Guadalupe – Mattina: mal di altura, inizio primi contatti ed informazioni sul Barrio – pranzo – Riposo – Messa privata in casa di Olinda – Cena – Riposo presto
Sabato 13 dicembreS. Lucia – Mattina visita a Puno e incontro con: – Vescovo Mons. Jorge Carrion,- le suore dell’Orfanatrofio per adozioni a distanza- pranzo a Juliaca – ore 16,30: S. Messa con parenti di Olinda e incontro con loro – Cena al centro commerciale di Juliaca – Breve visita città
Domenica 14 dicembre – Ore 9: partenza per Conima – Ore 11,30 Celebrazione s. Messa- Visita al cimitero di Conima trascurato- Incontro con il Parroco P. Walter, sindaco e ingenieri e decisione di progetto per pavimento della chiesa di S. Michele Arcangelo- Pranzo da Vides, fratello di Olinda -ore 16.00 partenza per Juliaca in Combi, costeggiando il meraviglioso lago Titicaca. Arrivo a Juliaca e cena al centro commerciale Ritorno a casa e riposo
Lunedì 15 dicembre – ore 8,30 Messa solenne con 1500 alunni al Collegio francescano di San Roma a Juliaca – sacra rappresentazione del Natale di Gesù- Benedizione del nuovo Coliseum della scuola- Benedizione aula scolastica e compagni di Jofran- pranzo a casa di Olinda – ore 14,30 partenza per La Paz  in Bolivia. In Combi fino a Puno e poi in taxi fino a Desaguadero confine con Bolivia, pratiche per ingresso – Desaguadero – La Paz – Arrivo alla casa di Cinthya e sistemazione per la prima notte in favela
Martedì 16 dicembre – ore 10: colazione con torta e cappuccino in centro a La Paz – ore 11: Messa alla chiesa di S. Francesco- Visita alla Città: Cattedrale, Palazzo del Governo, via centrale, giardini e monumenti- ritorno in favela – ore 16: solenne atto accademico con conferimento gradi del corso a Cinthya. Discorso accademico all’inizio della cerimonia. – ore 19,30 cena di festa con Iginio e Adolfo fratelli di Olinda – dopo cena discorso con Josmell sull’università e scelte da compiere
Mercoledì 17 dicembre – ore 8: s. messa nella favela – partenza per Desaguadero ed ingresso in Perù- ore 12,30: Incontro con Vicario generale di Juli per il progetto del pavimento della chiesa di Conima- ore 14: visita suore di Madre Teresa – ore 16 : partenza per Puno, cambio del combi – ore 20: cena di festa al centro commerciale – ritorno alla casa di Olinda e riposo
Giovedì 18 dicembre – Ore 11: incontro con il Parroco di Conima e consegna del progetto firmato dal Vescovo – incontro con i professori del collegio di Jofran- pranzo – Ore 14,30 partenza per Puno ed incontro con suor Maria per adozioni a distanza di 10 ragazze – ore 18 celebrazione santa messa- ritorno a Juliaca – ore 20: centro commerciale di Juliaca pizza al metro ed aperitivo e cena a casa di Olinda Riposo
Venerdì 19 dicembre – partenza per Puno: s. Messa di ringraziamento alla Madonna della Candelaria – incontro con le 10 ragazze all’orfanatrofio per fotografie- pranzo di saluto a Puno – ore 15 ritorno a Juliaca – ore 17,30: Preghiera e Rosario nel Barrio ed incontro del Presidente Juvenal Luis Cabrera Grados, momento molto commovente di preghiera – Trasferimento in aeroporto a Juliaca e saluti – ore 20,50 Juliaca Lima. Riposo in aeroporto per 3 ore- ore 3: Lima- Dallas
Sabato 20 dicembre – Arrivo a Dallas – ore 10: S. Messa- Dallas- FiladelfiaPranzo a bordo – ore 16,30: Arrivo a Filadelfia Ore 20,30: Filadelfia- Roma Cena a bordo
Domenica 21 dicembre – Arrivo a Roma Fiumicino ore 12,30 Ore 16,30: S. Messa di ringraziamento