Preghiera

QUATTRO DICEMBRE DUEMILAQUATTORDICI: S. MESSA NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELLA MORTE


PETRA CORDIS MEI DEUS IN AETERNUM

Inviti alla Messa di Suffragio 4-12-14

Quest’anno abbiamo realizzato la ripresa video della Santa Messa che vi riproponiamo. Sono stati dei momenti molto suggestivi:

Il tempo passa e come lo scorso anno ci siamo trovati  insieme per pregare in occasione del Secondo anniversario della morte di Santina, lo scorso 4 dicembre 2014 alle ore 17,30.
La Messa è stata presieduta dal Cardinale Angelo Comastri

Ecco invece una suggestiva  foto dello scorso anno

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Per prepararvi al momento di preghiera voglio proporvi una riflessione sulla morte di Santina proposta da Sua Eminenza il Cardinale Comastri il 9 Dicembre 2013 in questo video youtube:

 

RIFLESSIONE SULLA MORTE DI SANTINA: PER UN CRISTIANO, A NCHE IL SOLE CHE TRAMONTA PERMANE SFAVILLANTE
DOTTOR CARLO NICORA, DIRETTORE GENERALE OSPEDALE S. GIOVANNI XXIII DI BERGAMO, 1°NOVEMBRE 2014

Buonasera a tutti, permettetemi di cominciare ringraziando don Gigi per avermi invitato a essere qui con voi questa sera. Lo dico consapevole che questa sera don Gigi mi ha affidato un compito difficile. Com’è difficile parlare della morte! Noi uomini e donne del XXI secolo abbiamo imparato a razionalizzare moltissimi temi che interrogavano e spaventavano i nostri padri, i nostri nonni e via via i nostri antenati….Abbiamo vinto, e guardiamo con sufficienza il freddo, il buio, la distanza geografica, anche la guerra, che sentiamo distante, una faccenda altrui. ma di fronte alla morte, democratica e inevitabile, è difficile razionalizzare.è difficile barare.Paradossalmente riusciamo a farlo con l’idea della nostra morte: ci scherziamo, la esorcizziamo, non ci pensiamo mai veramentema alla morte delle persone care non possiamo sfuggire.

 

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Dottor Carlo Nicora, Ospedale S. Giuseppe di Gerusalemme, 12 settembre 2014

Quante volte ci è capitato di sentire genitori che davanti alla morte prematura di un figlio gridano tutto il loro strazio: perché non sono morto io al suo posto?Nell’ultimo libro di don Gigi “Dio asciugherà ogni lacrima” si legge una riflessione del Cardinal Martini che mi ha colpito molto, mi ci sono riconosciuto.Parla della sofferenza ma è altrettanto vero per la morte delle persone che ci sono care.Martini scrive, commentando la vicenda di Giobbe (che si trova ad affrontare momenti difficili come la malattia, la morte di figli, il giudizio degli amici…), che di fronte alla prova, l’uomo può anche accettare il disegno di Dio, certamente con l’aiuto della Grazia.Ma aggiungo da semplice uomo e senza la pazienza di Giobbe può farlo (all’inizio) quasi istintivamente, per un impeto immediato: come quando leggiamo che qualcuno si lancia istintivamente in soccorso di un altro, rischiando la propria vita un gesto appunto quasi istintivo, e i protagonisti spesso  raccontano: l’ho fatto senza pensarci, forse se avessi calcolato i rischi non l’avrei fatto.. Ma il problema nasce nel poi, nel dopo. Molti di noi sarebbero in grado di affrontare uno scatto di 100 metri, ma affrontare la maratona … che dura… ci metterebbe KO.Ecco, Martini mette a fuoco proprio questo aspetto, quello della riflessione, e scrive: “Nella prova corriamo anche il rischio della riflessione. L’uomo, per grazia di Dio, può rapidamente assumere l’atteggiamento della sottomissione, ma subito dopo sopravviene il momento della riflessione, CHE è LA PROVA PIU’ TERRIBILE. (…) la situazione concreta di Giobbe non è quella di chi se la cava con un sospiro, con un’accettazione data una volta per tutte; piuttosto è la situazione di un uomo che, avendo espresso l’accettazione, deve incarnarla nel quotidiano. (…) Talora noi sperimentiamo qualcosa di simile: di fronte a una decisione difficile, a un evento grave, li accogliamo presi dall’entusiasmo e dal coraggio che ci viene dato nei momenti duri della vita. Dopo un poco di riflessione però si fa strada un tumulto di pensieri e sperimentiamo la difficoltà di accettare ciò a cui abbiamo detto sìquesta è la prova vera e propria”. Leggendolo mi sono detto: e cosa c’è di più duraturo della morte? è un evento puntuale, accade un certo giorno a una certa ora che viene addirittura certificato, ma non si esaurisce in quell’istante, in quel giorno dà inizio a un’assenza, a una lontananza che durerà sempre, finché noi stessi non moriremo. Quando è mancata mia mamma per ricordarla ho scelto questa frase:“ quando i genitori ci lasciano scompare la prima fila di alberi e il vento poi ci sembra più forte anche e soprattutto se siamo querce “. La morte di un genitore, di un figlio, della persona amata, di un amico fraterno, ci accompagna sempre. Non c’è tregua in questa vita a questo dolore, a questa assenza che sentiamo tanto più ingiusta quanto più improvvisa o prematura. Di fronte alla morte non possiamo barare o essere astratti. E siamo tutti uguali. Non ci avvantaggiano la cultura, il potere, i soldi. Quello che fa la differenza è se crediamo che sia la fine di tutto, l’ultima parola, o un misterioso inizio.Qual è allora il valore della vicenda della signora Santina? E di suo figlio don Gigi? E’ il valore della testimonianza. Per chi crede e per chi non crede. (perché è una presenza che ci interroga) chi crede, e quindi anche per NOI, di fronte alla prova si rischia di rinnegare, di precipitare nel dubbio, scandalizzato dalla potenza del dolore, chi crede trova nella vicenda umanissima, terrena, come di due persone assolutamente normali, la testimonianza che è possibile vivere la sofferenza e la morte non come una sconfitta ma come una vittoria sofferta. Chi non crede e rischia lo smarrimento delle domande ultime: è davvero finito tutto? che ne sarà dei miei figli? che senso ha il dolore? Perché nascere, amare, impegnarsi se ci aspetta il nulla?) trova un’esperienza, una realtà, non un discorso, con cui confrontarsi, con cui paragonarsi. Il nostro tempo ha bisogno di testimoni della porta accanto, non di discussioni nei talk show televisivi dove chi ha la lingua più sciolta può imporre un’idea e due minuti dopo il suo contrario. Non c’è una teoria migliore delle altre sulla morte, su come non farci schiacciare. Ci sono storie di uomini e di donne che ci spingono a guardare alla proposta cristiana come a qualcosa di interessante per la nostra vita. Questo spiega perché Papa Francesco è tanto amato. Perché ci insegna che non basta ripetere delle formule, anche giuste. Bisogna stare vicini agli uomini.Santina e don Gigi sono stati  e sono vicino a tanti, come dimostra il nostro essere qui stasera. Voglio chiudere con una frase di Papa Giovanni XXIII a cui è dedicato l’ospedale e che da quando sono a Bergamo ho conosciuto meglio rispetto allo stereotipo del Papa Buono, come un pontefice e prima ancora come un uomo di grande profondità pur nella semplicità e nella schiettezza che l’hanno contraddistinto.E’ una frase che si sposa molto bene con il tema della morte e con l’immagine della luce che don Gigi ha scelto tante volte per raccontare la vicenda della mamma: “Per un cristiano anche il sole che tramonta permane sfavillante” . Ecco, l’augurio che ci faccio è che l’amicizia con don Gigi e con Santina ci aiutino a vedere questo sole che rimane, anche dopoil tramonto. Grazie,
Carlo Nicora