Emergenze

PARAGUAY: BAMBINI DI STRADA (ANNO 2010)


CONTRIBUTO PER BAMBINI DI STRADA IN PARAGUAY

Suor Clara, la suora appartente all’Ordine delle Suore Figlie del Sacro Cuore  che porta la Comunione a Santina tutte le mattine, ci ha detto che il suo Istituto Religioso in questo anno si sentiva impegnato nell’aiuto dei bambini di strada in Paraguay che vivono situazioni di grande miseria e sono privati di tutti i loro diritti. A questa iniziativa è stata destinata una piccola somma.

 

SANTA TERESA EUSTOCHIO VERZERI FONDATRICE  DELLE SUORE DEL SACRO CUORE DI GESU’ (Bergamo 1801 – 1852)

La vita – Teresa nasce a Bergamo dai coniugi Grumelli e Verzeri, nel 1801; un periodo complesso, attraversato da avvenimenti socio-politico-religiosi, che cambiano il corso della storia.
La Famiglia- E’ la prima di altri sei figli. E’ una famiglia che vive  radicalmente la vita cristiana. Teresa manifesta sin da piccola  alcune qualità di carattere, che saranno determinanti per la sua vita futura: temperamento vivace e allegro, indipendente e intraprendente, ma soprattutto molto riflessiva. Un giorno avviene un incontro determinante per tutta la sua vita con  il confessore della madre, mons Giuseppe. Benaglio, rettore del Seminario di Bergamo, noto insegnante e zelante uomo di carità.Da questo momento accanto a Teresa il Benaglio è una guida illuminata e sapiente,  non solo guida spirituale ma fondatore della futura istituzione la Congregazione FSCJ.,  un’”Associazione di donne” consacrate alle opere di carità verso il prossimo.
Il monastero – Col passare degli anni, Teresa viene introdotta nell’ alta società, ma diventa sempre più schiva e riservata; pensando  a che cosa Dio possa volere da lei, a seguito della sua insistente richiesta e con l’aiuto di Mons. Benaglio, nel 1818 in entra Santa Grata, l’ antico monastero delle monache Benedettine della città alta di Bergamo (la prima delle tre cosiddette entrate di Teresa in monastero). Qui trova Virginia Simoni, la nipote dello stesso Benaglio. Insieme si occuperanno dell’attività educativa per le giovani educande nel convitto del Monastero. Dopo poco tempo però le leggi governative austriache costringono Teresa a tornare a casa.
Seguono anni di indecisione e di tormento per numerosi ostacoli, e  di ricerca della volontà di Dio, ma Teresa sente l’impulso di farsi religiosa, finchè nel 1821 entra di nuovo  in S. Grata come insegnante (maestra) delle ragazze nobili del convitto. Esce nel 1823 per motivi legati non tanto alla sicurezza della sua vocazione quanto alle difficoltà monastero, in ordine all riforma e alle difficoltà dell’opera. Teresa è felice di quest’attività, ma trova le monache diffidenti e ostili per le riforme che il Benaglio andava attuando nel monastero. Nel frattempo, mons. Benaglio che aveva avviato in Bergamo Alta, (Gromo), una scuola serale e un oratorio festivo per i giovani del luogo, rivolge l’ attenzione a un altro progetto, l’istituzione di una scuola per  ragazze povere e abbandonate verso la quale trova utile indirizzare alcune giovani che lui seguiva spiritualmente: la contessa Carolina Suardo,Virginia Simoni, la Ceresoli e la stessa Teresa, ritenuta molto adatta. Teresa vi giunge con le altre amiche e qui svolgerà la sua funzione di educatrice. Nel frattempo però, nell’opera del Benaglio tutto sembra naufragare, perchè Carolina Suardo lascia il gruppo per sposarsi e Teresa, per la terza volta ritorna nel monastero di S. Grata nel 1828, sostenuta da una volontà a dir poco ferrea, nonostante che  Benaglio fosse contrario  e le monache diffidenti.
L’ incertezza di fondo di Teresa  non era la sua volontà di donarsi al Signore, ma quella di non sapere bene  come seguirlo, come dare a Lui questa prova d’amore, se nella vita claustrale o nella vita attiva apostolica. Alla fine, questa scelta prevarrà e Mons. Benaglio si troverà a dirimere questa situazione delicata che la riguarda, di fronte al parentado, che non vede di buon occhio l’alternarsi delle decisioni di Teresa. Monsignore ripropone a Teresa di tornare sul Gromo e le suggerisce di fare il passo decisivo di consacrarsi a questa nuova istituzione.

 

 

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L’otto febbraio del 1831, Teresa  raggiunge il Gromo: “andiamo!” , dice incoraggiando se stessa e le sue compagne. Qui dà il via ufficiale all’opera, che prenderà il nome Istituto “Figlie del Sacro Cuore di Gesù”. Nel giro di poco tempo, nella casa del Gromo aumentano le ragazze; le compagne in tre anni diventano una ventina e tutte lavorano instancabilmente per le giovani assistite. Nonostante le critiche e le calunnie, l’opera si espande nel bergamasco e nel bresciano, fino ad arrivare, negli anni successivi, a Lugano, S. Angelo Lodigiano, Darfo, Breno, Trento e Rovereto,  Roma e  Arpino nel Lazio, Recanati nelle Marche…Dovunque la carità si trasforma in attività educative e assistenziali a servizio dei più bisognosi in una sorprendente attività di carità. Teresa è Marta e Maria insieme: progetta, viaggia, scrive e si dedica ad una vita di preghiera intensa, guidata da una  forte spiritualità di  fede e  di abbandono in Dio,  costantemente purificata  dalla sofferenza e da ostacoli  di ogni tipo. Nello spazio di  20 anni, alla sua morte, l’Istituto  contava oltre 200  suore e n.13  case-opere. Tutto sembra avviato felicemente quando la morte di Monsignore, nel 1836, mette a dura prova Teresa e darà un vero e proprio scossone alla Congregazione.

A 30 anni dà inizio alla prima cellula dell’Istituto, a Città Alta, in Bergamo, da dove prende il via la storia delle Suore Figlie del Sacro Cuore e la loro vita apostolica, realizzando in 20 anni un’attività straordinaria, tanto più sorprendente se si considera la sua profonda spiritualità e la predilezione che riserva alla preghiera. Fonda 15 case: a Bergamo, Brescia, Breno, Darfo; Sant’Angelo Lodigiano, Piacenza, Trento, Riva, Recanati, Roma: Alla sua morte le sue suore sono circa 200.
Organizza i fondamenti teologici, spirituali e canonici delizi Congregazione. Segue personalmente l’avvio delle opere con viaggi faticosi, dalla Lombardia alle Marche, al Lazio con incontri con autorità civili ed ecclesiastiche. Mantiene un prezioso filo diretto attraverso numerose lettere, raccolte in 7 volumi, rivolte ai destinatari più vari: sorelle, superiore, autorità, madri di famiglia, vescovi e, nei primi tempi, con il suo direttore spirituale, che è il confondatore dell’Istituto.

Tre aspetti della personalità di Teresa:
– la  donna
– l’ esperienza spirituale
– il pensiero educativo

La donna

Una donna fuori dagli schemi. L’iconografia tradizionale la coglie con due tratti molto eloquenti:
– un volto intenso, in cui brillano due occhi penetranti, che guardano lontano;
– e le mani che sostengono un libro,  dietro il quale è facile scorgere l’icona di una donna abituata alla lettura e alla scrittura, che sottintende un pensiero teologico- spirituale ( e dottrinale) di alto profilo dottrinale, accompagnato da una riconosciuta sapienza pedagogica  e da una raffinata cultura per il suo tempo.
Abituata alla raffinatezza del pensiero e dei gesti di una famiglia nobile, di tradizione cattolica,Teresa è aperta alle sfide del suo tempo: affronta con determinazione (vorrei dire testardaggine!) le difficoltà del suo compito di guida, convinta che “con Dio nulla è difficile”(1835) ; l’amore per Dio – dice-  fa superare ogni ostacolo e fa vincere le paure.
-Sorprende l’arditezza con la quale  si è sottratta all’atteggiamento abitudinario di fare la volontà di Dio quando, iniziata la sua esperienza  di consacrata nel monastero delle benedettine, si è sentita interpellata dalle sfide – diremmo oggi- della  modernità e ha deciso di inventarsi un’opera inedita, in grado d’incarnare nella contemporaneità, quella consacrazione a Dio che l’aveva portata,  molto giovane, a chiudersi in un monastero.
– Si affranca con coraggio dalla vigilanza e dal potere “ maschile” che le autorità ecclesiastiche esercitavano sugli istituti di donne consacrate, e avvia (per così dire ) una politica di gestione di segno  femminile (P.Rocca).
Difende  coraggiosamente la sua fondazione davanti a numerose difficoltà e ai rischi di soppressione da parte dell’autorità governativa tanto che, dopo i suoi  vari viaggi a Roma, nel 1841 vede approvato  l’Istituto e da quel momento  dipenderà direttamente dalla Santa Sede e non sarà più sotto la giurisdizione del Vescovo locale.
A seguito  di una spiacevole incomprensione col Vescovo Morlacchi, ostile per il proliferare degli Istituti religiosi nella città, mentre da più parti si consiglia a Teresa  di lasciare che l’Istituto venga assorbito da altre Congregazioni, tra cui quella delle Dame del Sacro Cuore, fondata in Francia da Maddalena Sofia Barat, Teresa con le sue Suore
si trasferisce a Brescia e da qui riparte quando verrà eletto Vescovo di Bergamo, Mons. Luigi Speranza, con il quale evidentemente aveva altri rapporti….
Si muove insomma con lo stile di una donna capace e responsabile, intelligente e autonoma,  virtù che le sono state generosamente riconosciute,  se solo si pensa che a Roma il Papa Gregorio XVI, dietro una sua ferma richiesta, non solo  approva le Costituzioni, ma rivolge a Teresa  un elogio e un apprezzamento personale.

L’esperienza spirituale

Teresa è soprattutto una maestra di spirito. Dice il Barsotti : “La vita di Teresa Verzeri è tra le più straordinarie che conosca la storia della santità”, una spiritualità che riflette molto il pensiero mistico-spirituale di grandi maestri di spirito: Santa Teresa d’Avila, Sant’Ignazio di Lodola, S. Francesco di Sales…sul quale costruisce una vita in cui l’amore per Dio e l’amore per i fratelli sono così profondamente intrecciati da trasformarla in una sorella e madre per tutti:  “madre” perché fa suo il problema degli altri, di coloro che, come dice G.P.II , sono “la via per andare a Dio”. Madre perchè sa ascoltare le voci della storia del suo tempo e la voce di coloro che avvicina.
Alla base della sua vita apostolica c’è la forte esperienza interiore di sentirsi amata da Dio e l’esigenza di ricambiare questo amore: “L’amore di Dio, quando prende possesso di un’anima, la trasforma tutta in Dio medesimo”.
Teresa accende nella Chiesa un nuovo fuoco di carità, il carisma della Congregazione delle FSCJ, una spiritualità che parte dal cuore di Cristo e lì riporta tutto e tutti: “ a voi Gesù Cristo ha fatto il dono prezioso del suo cuore”. Dovete “imbeversi dei sentimenti del cuore di Cristo”, “non avere altra regola che la volontà di Dio”, “ Io vi desidero tutte piene, e soprapiene dello spirito del SS. Cuore di Gesù del quale siete Figlie amatissime. Questo spirito dovete desiderare col maggior trasporto della vostra anima; all’acquisto e all’accrescimento di questo dovete attendere continuamente: questo spirito è lo spirito del vostro Istituto, questo è quello, che Iddio brama, e vuole da Voi”. Perchè è così importante il Cuore?
Nel cuore di Cristo si trova l’amore del Padre, che ha tanto amato l’uomo da mandare suo Figlio, morto e risorto per la nostra salvezza, è lì che le FSCJ attingono l’amore da donare ai fratelli, “l’esimia carità” di cui devono essere esperte e testimoni:
– carità purissima  che “non ha vista se non per la gloria di Dio”
– carità universale che “non eccettua persone, ma tutte abbraccia”
– carità generosa  che di nulla “ si sgomenta”.
Una spiritualità quella di Teresa, connotata dal tormento interiore  di non sentire la presenza di Dio, pur amandolo con tutta se stessa: prova il buio e lo smarrimento, affronta prove durissime che Dio riserva alle anime grandi. Ma Teresa supera i vari ostacoli, come un gigante dell’amore, tale da essere un esempio vivente di serenità e di conforto agli altri.
Né l’abbandona mai il desiderio di mettere per iscritto le misteriose ricchezze della sua anima e della sua esperienza: sono numerose le lettere, raccolte in 7 volumi, destinate a religiose, giovani, sacerdoti, spose, mamme, uomini politici  e  il “Libro dei Doveri”, la magna charta dell’istituto in tre volumi, un tesoro di letteratura ascetico-mistica,  in cui meglio si rispecchia  la profondità del pensiero di Teresa e gli insegnamenti di Mons. Giuseppe Benaglio.


Il pensiero educativo

Teresa considerava l’educazione un “mistero altissimo e divino”. La sua dottrina pedagogica non si alimenta al convivio delle filosofie del suo tempo, scaturisce dalla conoscenza della persona dentro una visione cristiana della vita, nell’esercizio quotidiano della fede, speranza e carità.
Il suo pensiero si organizza formalmente in un sistema organico, il metodo preventivo, anteriore a quello di Giovanni Bosco, descritto nel Libro dei Doveri, dove contenuti, obiettivi,  metodo disegnano una pedagogia tarata sulla persona  e guidata dai criteri dell’amore e dell’impegno. Le costanti della sua pedagogia si rifanno alla regola fondamentale dell’arte di educare, la prevenzione, perché “prevenire è più importante che  correre ai ripari”.
Il contatto con le realtà di bisogno, che raggiunge con il suo pellegrinaggio della carità,  in vari paesi città  d’Italia, sollecita Teresa e le sue compagne ad avviare iniziative e strategie nuove per risolvere le tragiche situazioni di bambine orfane e i numerosi problemi ereditati dalle guerre e dalla miseria del primo Ottocento. Elabora, una linea educativa per la persona, in una visione integrale e moderna, alla base della quale pone sempre la carità nel suo duplice segno, “lasciar Dio per Dio” per servirlo nel prossimo. Come per esempio, nel 1848 a Brescia dove Teresa e le Suore  si troveranno a vivere la triste esperienza  della guerra, dei moti rivoluzionari,  e dove scoprono un volto nuovo della carità: soccorrono i feriti, gli orfani, i soldati morenti…
«Coltivate la mente e il cuore» delle vostre giovani, come a dire, curate l’educazione integrale,  la strutturazione interiore, l’educazione dei sentimenti e della volontà perché il soggetto da educare possa raggiungere con pienezza la propria identità. «Costruite» -dice- una persona «libera, larga e sciolta».
Illuminante è il trittico dell’educazione:
«persuadete le giovani che nulla vi è di peggio che l’egoismo»;
«fate che fuggano l’ozio e amino la fatica»;
« date mano all’interiore »,  linee che sottolineano come l’amore, il lavoro e i valori interiori sono i pilastri di una vita costruita, capace di generare serenità per se stessi e per gli altri.
Nell’educare «non si deve cominciare dai piedi ma dalla testa», intuendo con grande novità per il suo tempo, che l’istruzione e la cultura non sono ornamento accessorio, ma gli «strumenti» necessari di liberazione e di progresso per la donna; questa va preparata (fin da bambina) a diventare una buona madre di famiglia e una sposa.
Ma l’attenzione di Teresa, nell’azione educativa, è rivolta particolarmente alla figura dell’educatore, un testimone prima che maestro dei valori umani e cristiani: non si educa con le parole, si educa come si vive; si educa come si ama,  perciò conta lo stile della persona.

Evocando l’intuizione di Giovanni Paolo II, possiamo dire che Teresa Verzeri nella sua esperienza di promozione umana e di evangelizzazione, ha rivelato la pienezza del «genio femminile», una figura di donna poliedrica:  insieme forte e tenera, dinamica e contemplativa,  radicata nella tradizione e aperta alla modernità, capace di coniugare gli attributi complementari dell’esistenza femminile e soprattutto di parlare anche oggi a giovani, educatori, consacrati, alla famiglia.
Ci ha lasciato un patrimonio di valori umani e cristiani, grazie ai quali oggi le religiose insieme a numerosi laici portano avanti in Italia e all’estero la sua opera, sostenuti dal carisma della carità, per la quale Teresa resta nella  storia della santità,  come afferma Benedetto XVI ( Deus Caritas est), un modello di dedizione  evangelica e una testimone credibile, perché ha posto la carità come primato della sua  vita.